di Gaia Piccardi, inviata a Torino

Il tedesco, numero 3 del mondo, ha battuto 6-4, 6-4 il russo, che era campione uscente del Master

Né Djokovic né Medvedev. Il maestro delle prime Finals made in Italy è il dio Odino capace di commuoversi («Tutta la mia famiglia è qui, tranne mio papà Aleksandr: spero di poter presto alzare un trofeo insieme a lui»), il n.3 del mondo capace di approfittare degli svarioni altrui. Deve ancora rompere il ghiaccio con lo Slam, Sasha Zverev, però quest’anno non si è fatto mancare niente: l’oro olimpico a Tokyo regalando una cocente delusione al Djoker (nulla, a confronto di quella che lo aspettava all’Open Usa), i Master 1000 di Madrid e Cincinnati, le Finals torinesi che inaugurano l’albo d’oro con il tedesco dal cognome russo, giovane uomo dalle relazioni tormentate. Si porta dietro accuse di maltrattamenti all’ex fidanzata Olga, ha una figlia di pochi mesi con l’ex compagna Brenda, è accompagnato dalla nuova ragazza, Sophia.

Piace, Sasha, alle donne e agli dei del tennis, che tra semifinale e finale consegnano al braccio destro del campione di Amburgo percentuali al servizio da sogno. L’83% di punti vinti sulla prima palla rende Zverev pressoché ingiocabile anche per le geometrie da scacchista di quel geniaccio di Daniil Medvedev, che al pala Alpitour era sceso in campo da favorito e campione in carica. E invece Odino, pur reduce dalle due ore e mezza di battaglia con Djokovic sabato sera, ha risolto il primo set con un break al terzo game e, per inerzia, ha chiuso 6-4, 6-4 con la complicità di un Medvedev scarico, molto poco incline alla sofferenza.

Il grande tennis resta in Europa, Torino è la nuova capitale: agli occhi dei maestri, entusiasti della nuova sede delle Atp Finals, supera l’esame a pieni voti (i problemi, vedi pagelle, sono altrove). Città piccola e accogliente rispetto al gigantismo di Londra (dove i giocatori, per evitare il traffico, venivano spostati via Tamigi), per non parlare di Shanghai, cibo squisito, bottiglie personalizzate di Moscato d’Asti per singolaristi e doppisti (il titolo è andato alla coppia francese Mahut-Herbert), uno stadio inondato di luce azzurrina, a misura di Master. «Cresceremo» promette il presidente della Fit Angelo Binaghi augurandosi un futuro senza pandemia e a piena capienza (il pala Alpitour ne tiene 12.800), all’indotto di quest’anno è mancato l’estero (le Finals, a partire dai giapponesi del main sponsor Nitto, sono in grado di spostare le masse) e un maggiore coinvolgimento della città, che ha cambiato giunta strada facendo.

Si può solo migliorare, insomma, le Finals hanno quattro anni (almeno) per affermarsi come il piccolo Slam italiano, il passaggio di consegne con la Coppa Davis riporterà in campo Jannik Sinner (purtroppo non Matteo Berrettini), il ragazzo magico che da queste parti sperano di incoronare maestro prima che il torneo cambi di nuovo indirizzo. Zverev, nel frattempo, è il vincitore più nobile tolti il numero uno e due del mondo: «Partita perfetta, vado in vacanza felice». I 2.316.000 dollari del campione imbattuto restano in cassa. Sasha si accontenta di 1.094.000, più che sufficienti per una pensioncina vista mare.

21 novembre 2021 (modifica il 21 novembre 2021 | 19:39)

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