di STEFANO BUCCI

Arriva per La nave di Teseo «Il giardino e la Luna», il viaggio dello storico dell’arte Marco Goldin dal romanticismo fino all’impressionismo

«Ho sempre amato la natura da bambino, prestissimo. Per questo mi piace raccontarla e scriverne. Per questo, ancor di più, amo la pittura che la descrive, la fa vibrare in un canto silenzioso. Qualcosa che fa pensare al per sempre».

Per raccontare la storia dell’arte, Marco Goldin, il critico curatore che dal 1984 ha fatto diventare realtà oltre 400 esposizioni (la più recente Van Gogh. I colori della vita, al centro San Gaetano di Padova, ottobre 2020-giugno 2021), ancora una volta intreccia la passione per gli artisti e le loro opere con la sua storia personale, in qualche modo con il suo privato. «La pittura di natura — scrive ancora nell’introduzione al suo nuovo libro Il giardino e la luna in uscita per la nave di Teseo il 21 ottobre — mi è venuta addosso. Come un canto, come qualcosa che scorre e dà la vita». Qualcosa, stavolta, di particolarmente dirompente visto che «L’Ottocento è il secolo della natura».

Della Natura (sua e degli artisti) Marco Goldin scrive ancora una volta rovesciando molti luoghi comuni, a cominciare dalla scelta di pittori non particolarmente conosciuti come Balke, Durand o Buttura, non solo maestri. Sin dall’inizio, sin dalle citazioni di Virginia Wool, Maurice Merleau-Ponty, Eduardo Galeano intreccia pittura, scrittura e poesia: in appendice, tre capitoli dedicati ad altrettanti poeti (T. S. Eliot, Attilio Bertolucci, Goffredo Parise) che sono stati fondamentali nella formazione sentimentale dello scrivere di pittura di Goldin. A loro riserva alcune decine di pagine incentrate soprattutto sul rapporto tra uomo e natura, quello stesso da cui muovono i suoi due testi poetici e che il critico pone, con il titolo Luce del principio, all’inizio del libro.

Continuando così la sua ricognizione critica e storica sull’arte internazionale del XIX secolo, Goldin si concentra sull’Ottocento d’Europa e d’America, alla ricerca di paralleli inaspettati, tracciando una sorta di nuova geografia d’autore. Monet, Sohlberg, Moran, Peterssen, Church, Babbitt, Kensett, Remington, Moran, Bazille, Constable, Ciardi: Goldin dà voce agli artisti più noti, ma sa anche riservare la propria attenzione a personaggi molto meno frequentati (e visti), ugualmente affascinanti.

Di questo viaggio la Francia resta certamente il centro di gravità permanente, nonché il cuore dell’intera arte ottocentesca. E alla Francia tocca il compito di chiudere il viaggio (e il libro) di Goldin con sei capitoli dedicati all’impressionismo e ai grandi pittori che ne hanno decretato il successo, da Monet a Renoir, da Cézanne a Degas a Manet.

Goldin preferisce però partire dalla straordinaria stagione romantica, tra Germania e Inghilterra, da Friedrich a Turner a Constable. L’America è una tappa fondamentale nel viaggio di Goldin: l’America dei pittori della Hudson River School (Thomas Cole, Edwin Church) e dell’impressionismo a stelle e strisce di Winslow Homer. Mentre sorprendente appare l’incantato realismo in Scandinavia (una vera scoperta al di la del già celebrato Vilhelm Hammershøi, protagonista nel 2019 di una bella monografica al Musée Jacquemart-André di Parigi). Così come sorprende, al centro dell’Europa, la natura riletta da Nicolae Grigorescu e Sandor Brodskye. Una natura che, ancora una volta, è prima di tutto specchio dell’anima.

17 ottobre 2021 (modifica il 17 ottobre 2021 | 09:28)

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