Non sarà questione di poco tempo. La dice lunga la composizione del super comitato che il governo ha deciso di istituire per affrontare il destino di Tim ma soprattutto della maggiore infrastruttura tecnologica del Paese.
Dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, a quello dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, a Vittorio Colao a capo del ministero per la transizione digitale, più la task force di tecnici ed esperti di Palazzo Chigi: saranno loro a dover tentare di evitare che l’opa di Kkr su Tim rientri nella lunga serie delle occasioni perdute dal nostro Paese.

Difficile dire se questo significherà mettere in sicurezza una volta per tutte almeno la rete di telecomunicazioni della ex Telecom Italia. O qualcosa di diverso. Di sicuro dovranno non solo decidere la strategia migliore ma anche tenere conto di tutti i giocatori in campo. A cominciare dal primo socio di Tim, la francese Vivendi.

Il gruppo di Vincent Bolloré ha fatto sapere domenica mattina di essere pronto a collaborare con il governo italiano. Ai più attenti osservatori non è sfuggito il fatto che questi sono anche i giorni che precedono la firma dell’importante Trattato del Quirinale tra Italia e Francia. Un trattato che stando alle (poche) anticipazioni riguarderà aspetti di politica estera con riferimento specifico al Nord Africa, di difesa, ma anche importanti possibili collaborazioni e scambi in campo economico.

È pensabile che della vicenda si parlerà ai massimi livelli. Il presidente Emmanuel Macron sarà giovedì a Roma per la firma. Ma va tenuto conto che proprio Bolloré ha lanciato una televisione che ha dichiaratamente messo nel mirino l’attuale presidenza. Certo la Francia è abituata a muoversi come un sistema. Ma il fatto che anche l’Eliseo sarebbe stato informalmente messo a conoscenza dell’operazione di Kkr, potrebbe preludere all’analoga neutralità del governo italiano.

Questa volta poi si toccano interessi nazionali dell’Italia molto delicati e che attengono alla sicurezza del Paese oltre che allo sviluppo in un settore come il digitale ormai diventato decisivo se si vuole crescere. Il comunicato del governo di ieri notte non lascia spazio a dubbi. La partita va inserita in quella transizione digitale ritenuta fondamentale dal Next Generation Eu che ci permetterà di ricevere 205 miliardi. Ma anche per ciò che riguarda la competitività di ogni Paese che si gioca in buona parte sulle capacità tecnologiche.

Agli osservatori non è sfuggito neppure che in queste settimane si stia decidendo come e con chi costituire un cloud nazionale. Vale a dire l’infrastruttura dove dovrebbero essere conservati i dati italiani e che permetterà l’interconnessione tra le varie amministrazioni pubbliche. Uno dei potenziali attori è la Cassa depositi e prestiti presente in Tim con il 10%, mentre il suo presidente Giovanni Gorno Tempini siede nel consiglio d’amministrazione della società. Curiosamente la Cdp sempre giovedì prossimo presenterà il suo piano industriale. La componente rete telefonica e dati ne sarà parte importante. Lo scorso 11 novembre l’Antitrust europeo ha dato il via libera alla Cassa per salire dal 50 al 60% di Open Fiber, la società che ha appena raccolto 9 miliardi per portare la fibra ottica nelle case degli italiani.

Se l’offerta di Kkr ha un merito sicuramente è quello di accelerare un riassetto, quale che sia, in un settore come le tlc e il digitale troppo spesso sottovalutato in Italia. Non a caso il governo ha tenuto a precisare che nel giudicare i progetti eventuali del fondo americano terrà conto della loro compatibilità «con il rapido completamento della connessione con banda ultralarga secondo quanto prefigurato dal Pnnr».

La delicatezza dei temi fa capire la cautela di tutti i protagonisti. Si sta parlando anche di sicurezza nazionale (dentro Tim c’è Sparkle, quinta rete Internet al mondo). Non è un caso che fossero circolate voci anche di una possibile controfferta di Vivendi (ma le dichiarazioni di ieri mattina sono sembrate escluderlo) mentre altri fondi come Advent-Cvc si sono detti pronti a essere della partita.

Quello che si prefigura è un gigantesco riassetto del settore. La possibile evoluzione sarà quella dove tutti i protagonisti si siederanno attorno a un tavolo con il supercomitato di Palazzo Chigi a dare le carte? Troppo presto per dirlo. Ma, come spesso accade nelle vicende economiche che si trascinano, il fischio di inizio della partita è arrivato dal mercato.

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