di Antonella Sparvoli

Muscoli e tendini non fanno in tempo a intervenire per rimediare alla malposizione del piede sul terreno Si può verificare lo stiramento dei legamenti, solo talvolta la rottura

Chi non ha mai preso una storta nella vita? Basta mettere un piede in fallo su un terreno sconnesso o scendere male un gradino che a farne le spese è la caviglia. Non solo, la distorsione della caviglia è anche uno dei traumi più frequenti in ambito sportivo, per esempio in chi gioca a basket o a calcio. Spesso il trauma è lieve e si risolve in poco tempo con un bendaggio e tenendo a riposo l’articolazione. In altri casi i tempi di recupero sono maggiori e gioca un ruolo fondamentale la ginnastica riabilitativa propriocettiva, che ha l’obiettivo di stimolare il sistema neuro-motorio nel suo insieme e rieducare i riflessi.

Che cosa succede se si prende una «storta»?

«La distorsione è un movimento abnorme dell’articolazione che causa una trazione eccessiva della capsula e dei legamenti della caviglia. La conseguenza va dallo stiramento di un legamento fino alla rottura, parziale o completa, di uno o più legamenti. In alcuni casi il trauma può essere tale da determinare una frattura della parte ossea della caviglia o del piede. Fratture del malleolo possono per esempio verificarsi in presenza di osteoporosi, anche in seguito a traumi minimi — spiega Angelo Chessa, responsabile della Chirurgia del piede dell’Ospedale San Paolo di Milano —. In condizioni normali il sistema propriocettivo (il sofisticato meccanismo che serve per la percezione di informazioni dall’ambiente esterno) tende a proteggere l’articolazione, fornendo degli impulsi mediati dal sistema nervoso su dove è posizionato il piede rispetto al terreno. Se non c’è una corrispondenza, come accade quando si prende una storta, la propriocezione non riesce a mettere in funzione il meccanismo di feedback sui muscoli e sui tendini per cui si ha l’abnorme movimento dell’articolazione con possibili lesioni della struttura capsulo-legamentosa».

Quali possono essere le conseguenze?

«Nella maggior parte dei casi la distorsione è lieve e determina un’eccessiva estensione dei legamenti (stiramento) che però non si rompono. Lo stiramento determina un dolore acuto a cui può seguire un lieve gonfiore e la formazione di un livido per la rottura dei piccoli vasi capsulari, mentre non viene compromessa la funzionalità dell’articolazione e l’individuo riesce comunque a camminare. Se il trauma è maggiore possono risentirne uno o più legamenti la cui rottura, parziale o totale, determina sintomi via via più invalidanti. L’articolazione è dolente, gonfia, arrossata e l’ematoma si espande. Il cammino diventa doloroso e, nei casi più gravi, non si riesce proprio a muovere l’articolazione e a caricarla».

Come ci si deve comportare?

«Il primo accorgimento è applicare il metodo RICE (acronimo per Rest, Ice, Compression, Elevation) ovvero riposo, ghiaccio, bendaggio compressivo ed elevazione dell’arto . Per alleviare il dolore si possono inoltre assumere antidolorifici o antinfiammatori non steroidei. Se il trauma risulta più grave di quanto sembrava inizialmente, in genere viene spontaneo andare al Pronto soccorso, dove è routine eseguire una radiografia della caviglia per escludere eventuali fratture, che comunque in genere sono rare. «Nelle lesioni lievi è sufficiente il bendaggio della caviglia, ma se il trauma è più grave dopo alcuni giorni questo può essere sostituito da un tutore ortopedico in grado di bloccare i movimenti verso l’interno e l’esterno dell’articolazione. Una volta passata la fase acuta è molto importante che venga seguito un programma di riabilitazione propriocettiva, mentre la chirurgia viene presa in considerazione soltanto in quei casi nei quali permanga un’instabilità della caviglia dopo il programma fisioterapico».

26 ottobre 2021 (modifica il 26 ottobre 2021 | 18:34)

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