di Stefania Ulivi

In sala «L’acqua, l’insegna la sete» di Valerio Jalongo, nato nell’anno scolastico 2004/2005 come video-diario di un gruppo di studenti e del loro professore

«L’acqua, la insegna la sete. La terra – gli oceani trascorsi. / Lo slancio – l’angoscia – / La pace – la raccontano le battaglie – / L’amore, i tumuli della memoria – / Gli uccelli, la neve». Le parole di Emily Dickinson, scelte da un professore di italiano, Gianclaudio Lopez, per incrinare il muro di indifferenza degli alunni di una prima superiore. Una classe speciale, la I E dell’istituto superiore cine-tv Roberto Rossellini.

Uguale a tante altre ma unica perché, estratta a sorte tra le otto prime formate nell’anno scolastico 2004/05 nell’istituto romano, si è trovata al centro di progetto didattico diventato un esperimento umano straordinario. Che è il cuore del film L’acqua, la insegna la sete. Storia di classe di Valerio Jalongo che lo ha scritto con Linda Ferri (in sala come evento speciale da oggi a mercoledì, a Roma, al Mignon, al Greenwich e al Farnese dove, la sera del 24, si terrà un incontro con Daniele Luchetti, Domenico Starnone, Lopez, e Linda Ferri). Il racconto di diversi romanzi di formazione dei ragazzi di allora — Yari, Jessica, Lorenzo, Gianluca, Corinna, Alessio — seguiti nell’arco di quindici anni. Alcuni hanno abbandonato la scuola prima del tempo, nessuno fa il lavoro per cui aveva studiato come scopriamo insieme a Lopez che li ritrova trentenni, donne e uomini fatti, e rilegge con loro i temi scritti all’epoca che lasciano trasparire, più di quanto gli autori stessi fossero consapevoli, sogni e illusioni, fragilità e disincanto.

Un’opera preziosa, frutto di lavoro lunghissimo e appassionato. «Cinque anni di riprese, spalmati su un arco di quindici anni. Prima tre anni di video-diario, dal 2004 al 2007. Poi due anni di riprese per seguire i ragazzi della 1ª E oggi, ormai adulti», spiega Jalongo, che è stato docente al Rossellini, mentre il montaggio, minuzioso, è curato da un ex allievo, Mirko Garrone. «Facendo questo film — continua il regista — ho capito che a volte anche gli insegnanti migliori sono coinvolti in promesse che la scuola non riesce a mantenere. Come Lopez e molti suoi colleghi, promettevamo ai nostri studenti che se si fossero impegnati, se si fossero dimostrati meritevoli avrebbero avuto un lavoro sicuro, certezze, riconoscimenti. Non immaginavamo che il mondo stava preparando per loro un futuro completamente diverso. Ma soprattutto, non immaginavamo che quei nostri ragazzi sarebbero stati capaci di sorprenderci, completamente».

Il film — coprodotto da Aura Film, Rsi, Ameuropa International con Rai Cinema — dice Jalongo «è andato oltre intenzioni, grazie alla generosità dei ragazzi, che si sono mostrati a cuore aperto. Il progetto didattico è nato in modo collaborativo coinvolgendo anche gli allievi nelle riprese del video-diario collettivo. La cosa rivoluzionaria è stata la telecamera che gli abbiamo messo a disposizione: usatela quando vi pare, è la vostra arma. Poi c’ero io che entravo e uscivo senza interferire. Ma i momenti migliori sono quelli nati spontaneamente da loro». Come sintetizza il professor Lopez, «un momento di auto terapia a distanza per loro e anche per me». Che non lascia indifferenti noi che guardiamo.

22 novembre 2021 (modifica il 22 novembre 2021 | 08:55)

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