Rebecca Bettarini: «Il mio bouquet sulla tomba dei Romanov. Putin? Non è un nuovo zar. Il mio sì con duemila invitati del Gotha? Un’alternativa al mondo delle influencer»

Dottoressa, Altezza imperiale… come dovrei chiamarLa, adesso?
«Sì Altezza imperiale, date le circostanze questo è il titolo ma… bisogna andare al significato profondo delle parole, principessa deriva a princeps, princìpi e sono i valori che condividiamo io e mio marito. Su questo ci siamo incontrati, amati», risponde al Corriere da San Pietroburgo Rebecca Bettarini, nel cuore dei festeggiamenti degni dei fasti imperiali, per le sue nozze con l’erede dell’ultimo zar, il granduca George Mikhailovich Romanov.

Un’italiana che sposa l’erede degli zar: un matrimonio che ha radunato a San Pietroburgo, l’ex capitale imperiale russa, il Gotha europeo (con o senza più corona). Da cent’anni non si celebrava un matrimonio così in Russia. Il mondo ne parla, dalla Bbc al New York Times. Confusa?
«Sorpresa sì, ma quanto agli invitati, il fatto è che l’aristcrazia reale è una grande famiglia che ha secoli di storia condivisa. Sono tutti cugini di primo o secondo grado di mio marito: duemila invitati in chiesa, Sant’Isacco, una della cattedrali più grandi al mondo, e oltre 500 alla cena. Anzi, non fosse stato per il Covid sarebbero stati di più, poi qualche tampone positivo all’ultimo momento…».

Con il sì di poche ore fa, è entrata nella storia. Ha sentito il peso della responsabilità?
«Il mio amore per George è un sentimento che va avanti da molti anni, e abbiamo condiviso tante cose in questo tempo, sono entrata nel ruolo man mano. Poi certo mi fa impressione sapere che la tiara di Chaumet che ho indossato finirà in museo, è patrimonio storico ormai. L’anello di fidanzamento che mi ha regalato era del bisnonno, un gioiello da usare sempre per quel tempo perché i grandi gioielli dei Romanov dopo la rivoluzione sono stati confiscati o distrutti».

Come ha incontrato George, nato a Madrid, cresciuto in Francia come molta nobiltà russa fuggita via, e studi a Oxford? Sapeva che oltre all’amore era anche l’erede degli zar?
«Ci siamo conosciuti adolescenti alle feste di discendenti di varia aristocrazia, tutti un po’ imparentati tra loro… anche nella famiglia di mio padre ci sono legami aristocratici».

Suo padre, l’ambasciatore Roberto Bettarini e mamma Carla Virginia Cacciatore. Emozionati per questo sì sotto i riflettori del mondo?
«Papà era così emozionato che all’ingresso in chiesa è inciampato. Gli ho detto, dai fatti coraggio papà… certo una figlia unica che si sposa è una forte emozione per i miei genitori. Ma anche la Granduchessa (Maria Vladimirovna), era molto, molto emozionata, la conosco da tanti anni ormai e lo capisco subito».

Dopo quegli incontri da ragazzi quando è scoccata la freccia dell’amore?
«Anni dopo ci siamo rivisti a Bruxelles quando lavoravamo entrambi in Belgio, dopo laurea e master in relazioni internazionali io ho lavorato per 12 anni per una grande realtà aerospaziale italiana, lui per un colosso minerario russo, Norilsk Nickel. La scintilla a una serata in Belgio… c’era anche il principe Murat, ricordo. Poi ci siamo rivisti a un ricevimento dell’Ambasciata francese a Bruxelles e abbiamo iniziato a frequentarci. Lui mi ha detto che voleva avviare l’attività della fondazione dedicata alla storia di famiglia e mi sono offerta di aiutarlo. Poi gli amori sono difficili da spiegare, succedono e basta e adesso sogno presto una famiglia, dei figli».

Già, una famiglia. I Romanov, basta pronunciare il nome e si apre il grande libro della Storia. La rivoluzione d’ottobre in Russia nel 1917, l’eccidio della famiglia dell’ultimo zar Nicola II e della zarina Alexandra, a Yekaterinburg nel luglio 1918.
«Persino sull’isola di Pasqua, abbiamo constatato con il mio futuro marito, sanno chi erano i Romanov. Ne sono consapevole, è un nome che vuol dire storia».

Con il granduca suo marito, la granduchessa, parlate di quel massacro, di quei momenti nella storia. Cosa dicono in famiglia?
«Per loro sono parenti, persone di casa, non personaggi nella storia. E ci si sente sempre un po’ in soggezione perché loro ne parlano con i ricordi e le passioni degli esseri umani, non dei nomi sui libri. La mamma di mio marito, nipote del granduca Kirill Vladimirovich (cugino dello zar Nicola II), ricorda spesso suo nonno che parlava dello “zio Nicki”, come suo zio non per il ruolo che aveva. Schegge di vita quotidiana, come il thé con due zollette di zucchero…».

E non c’è rancore, senso di rivincita per quel che accadde con la rivoluzione bolscevica, l’eccidio?
«Il passato è il bagaglio culturale di un popolo. Nel bene o nel male, poco importa. E’ successo. Noi oggi rappresentiamo un casato con oltre tre secoli di storia che ha influenzato tutta l’Europa. E poche ore fa, dopo le nozze come è tradizione sono andata a deporre il mio bouquet nuziale sulla tomba degli ultimi zar, dove anche i nonni di mio marito sono sepolti, alla Fortezza dei Santi Pietro e Paolo».

La famiglia di suo marito l’ha aiutata a entrare nel ruolo? In fondo la storia – anche recente – è piena di contrasti tra suocere e nuore Reali, basta pensare a Meghan Markle.
«Oh sì la madre di mio marito è stata di grande sostegno, per me è come una seconda madre. Mi ha aiutata molto, e io ho studiato, mi sono preparata per la conversione ortodossa. E poi sapevo bene cosa voleva dire la famiglia degli ultimi zar, la granduchessa da trent’anni partecipa a molte attività storiche e culturali legate al passato e alla chiesa ortodossa russa».

Tornati in patria negli anni ‘90, i Romanov sono stati canonizzati dalla Chiesa ortodossa. Suo marito pensa mai al ruolo che potrebbe avere, se la storia non avesse deciso diversamente?
«Non abbiamo ambizioni politiche, proprio no, non ci interessa. Come dice mio marito: abbiamo già guidato il Paese per trecento anni, adesso tocca ad altri».

Al nuovo «zar» Putin?
«Chiamarlo zar è una semplificazione che piace all’estero, ma Putin non è un nuovo zar… semmai un grande presidente, ha fatto un lavoro magnifico e gli auguriamo di continuare a farlo. Mio marito ed io, con il nome dei Romanov, siamo felici di continuare la storia culturale della famiglia, le tradizioni, i valori. E vedendo l’attenzione internazionale che ha destato il nostro sì, mi piace che ci sia un’alternativa alla società delle Influencer. E poi…».

Poi?
«Come Romanov possiamo contribuire al racconto delle radici della Russia fino alla contemporaneità, è un modo per svelare al mondo il Paese moderno di oggi, che ha molti legami con l’Italia: gli italiani sono amati in Russia. In generale gli italiani sono amati nel mondo molto più di quanto accada in patria».

L’ha sperimentato con la vita diplomatica di suo padre ambasciatore?
«Sì e sono nata a Roma, per caso perché mio padre al tempo era in missione a Parigi. E pure lui era nato a Roma per caso, mio nonno era in Marina e prestava servizio nella capitale quando nacque papà. La nostra, diplomazia a parte, è una classica famiglia italiana. La mia infanzia è stata bella, calorosa, un po’ movimentata: tanti luoghi, trasferimenti, lingue da imparare ma alla fine è stata un allenamento per la mia vita di adesso».

Lasciare abiti borghesi per indossare quelli di Altezza reale. Una sfida che ha spezzato il cuore e la serenità di tante commoner. Lei come farà?
«Lo so, ora come Romanov rappresento una famiglia che vuol dire un Paese e infatti ho voluto un vestito da sposa di taglio italiano ma con ricami e strascico che ricordavano la storia imperiale russa. Per fortuna mi è di grande aiuto l’esperienza diplomatica di mio padre. Con papà ambasciatore siamo stati a Parigi come a Bagdad… prima che nascessi, i miei genitori hanno vissuto anche in Iran».

Ha invitato anche l’ex imperatrice Farah Diba, la moglie dell’ultimo Scia. In chiesa c’erano i principi del Liechtenstein, l’ex re Simeone di Bulgaria e molti altri.
«Sì, peccato che per un guaio di salute Farah Diba non abbia potuto unirsi a noi».

C’era invece la famiglia reale italiana, i Savoia, i due rami: Emanuele Filiberto e Aimone di Savoia Aosta. Che nella migliore tradizione dei grandi eventi del Gotha, alle nozze hanno fatto pace, dopo tante ruggini…
«Abbiamo voluto la famiglia Savoia, gli Aosta, una grande festa con tutti i nostri cugini dell’aristocrazia europea».

Pronti adesso per la luna di miele, magari in Italia?
«Ci attende una settimana di grande lavoro qui in Russia, tra San Pietroburgo e Mosca dove viviamo da tre anni. Il viaggio di nozze più avanti. Quanto all’Italia, la verità è che passiamo sempre le vacanze in Italia».

A proposito, della sua passione per i thriller — uno, “AristocraZy” sull’amore tra un giovane principe detronizzato e la figlia di un ambasciatore sembra autobiografico —, cosa sarà adesso? Continuerà a scrivere? Magari un giallo ambientato al tempo della rivoluzione russa?
«Scrivere gialli è la mia passione non rinuncerei per nulla al mondo. Ho due nuovi titoli in preparazione e sulla rivoluzione d’ottobre chissà, mai dire mai. Ora sono una Romanov, ma resto una giallista per passione».

3 ottobre 2021 (modifica il 3 ottobre 2021 | 07:49)

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