Operai del settore edilizia in pensione a 63 anni con 30 anni di contributi attraverso la formula dell’Ape sociale. Grazie a un emendamento alla legge di Bilancio di Pd e M5S sarà ridotto da 36 a 30 anni il requisito contributivo richiesto a questa categoria di lavoratori per poter lasciare il lavoro a 63 anni con la formula dell’Ape sociale. Secondo il Messaggero, che parla di «Quota 93», la proposta ha trovato l’accordo nella maggioranza di governo.

Pelle (Filca Cisl): «Una grande conquista»

«Abbiamo proposto di abbassare da 36 a 30 anni il periodo di contributi necessario agli edili per accedere alla pensione con la cosiddetta Ape sociale (qui l’articolo completo sulle uscite anticipate dal lavoro) – ha detto Enzo Pelle, segretario generale Filca-Cisl – e la richiesta è stata formalizzata dal Pd attraverso un emendamento alla Legge di Bilancio. La sua approvazione rappresenterebbe una grande conquista per gli edili, il giusto riconoscimento di un lavoro duro, faticoso, rischioso. Il provvedimento sarebbe l’ennesimo ottimo risultato a favore delle fasce più deboli ottenuto con la Legge di bilancio, che grazie soprattutto al pressing del sindacato contiene misure importanti non solo sul fronte pensionistico, ma anche fiscale, sociale, ecc.».

L’apertura del ministro Orlando

Sull’apertura del governo nei confronti degli operai edili si era espresso tre giorni fa il ministro del Lavoro Andrea Orlando. «Io sono ottimista sull’abbassamento degli anni dei contributi necessari per gli edili per andare in pensione. È una cosa che dobbiamo affrontare subito e si può affrontare già nella legge di bilancio. Non abbiamo mai interrotto il confronto per superare le distorsioni» della riforma Fornero. «Uno: che se metti un regime che è prevalentemente contributivo, non puoi imporre un’età prima della quale non puoi andare in pensione. Poi bisogna tener conto delle differenze delle condizioni di lavoro e infine cosa succede a quelli che vanno in pensione tra 15-20 anni. Già oggi rischiamo di mandare in pensione persone in condizioni di assoluta povertà e questo significa che bisogna mettere via soldi già oggi».

Più infortuni sul lavoro

L’abbassamento da 36 a 30 anni – avevano spiegato in una nota la senatrice ed ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, e Davide Tripiedi, deputato componente della commissione Lavoro – è «un intervento che reputiamo imprescindibile». E questo perché «i lavoratori delle imprese edili e affini sono sottoposti a continui sforzi che rendono questa una delle attività più usuranti dal punto di vista fisico. Secondo l’Inail, nei primi 9 mesi di quest’anno nel comparto costruzioni sono cresciute del 16% sia le denunce per infortuni sia le morti sul lavoro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ora abbiamo la possibilità di segnare un punto importante».

Il buco contributivo

Il problema da risolvere per questa categoria di lavoratori erano i buchi contributivi. «Il lavoro in edilizia – spiega pelle – ha caratteristiche che rendono difficile, per gli addetti, l’accesso alla pensione. I cantieri sono temporanei: tra la fine di un lavoro e l’inizio di un altro c’è spesso un lasso di tempo che per gli edili si trasforma in un buco contributivo. Il lavoro edile, inoltre, è discontinuo, perché in molti periodi dell’anno le condizioni climatiche non ne consentono lo svolgimento. Questo comporta per gli edili grandi difficoltà nel raggiungere la pensione. Molti si trovano in un limbo: troppo vecchi per lavorare nei cantieri, troppo giovani per la pensione». Inoltre notiamo un aumento dell’età media degli infortunati: per gli over 60 il lavoro nei cantieri è troppo faticoso e rischioso.

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