di Marta Serafini

La ministra Cartabia, il commissario Onu Grandi, i giornalisti del Corriere: ricordando Maria Grazia a 20 anni dalla morte, «torniamo» in Afghanistan. Il premio che porta il suo nome a Patrick Zaki

Tre desideri, tenere stretto il furore di Maria Grazia, riflettere sul destino dell’Afghanistan e sul ritorno dei talebani. E infine difendere, ancora una volta, il diritto alla libera informazione. Con queste parole il vicedirettrice del Corriere della Sera Barbara Stefanelli ha aperto ieri in Sala Buzzati la giornata organizzata dalla Fondazione del Corriere della Sera nell’ambito di BookCity, iniziata al cinema Anteo con la proiezione di «Viaggio a Kandahar» del regista Mohsen Makhmalbaf.

Incontri, riflessioni, interviste e reportage dedicata all’inviata del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, scomparsa in Afghanistan 20 anni fa. A rendere omaggio, tra gli altri, la ministra della Giustizia Marta Cartabia che ha ricordato la storia di Mareya Bashir, prima procuratrice di Herat cui è stata riconosciuta la cittadinanza italiana. «Ho incontrato Bashir ad un convegno nel 2013 sulla presenza femminile nelle Corti costituzionali. Ed è stato un incontro folgorante. Io all’epoca ero giudice della Corte costituzionale, unica donna. Dal lusso della mia posizione mi lamentavo della disparità di genere mentre lei subiva attentati e minacce. E’ per lei e per le donne afghane che dobbiamo tenere accese le braci sotto la cenere, per fare sì che non vadano persi i progressi fatti». La giornata è stata occasione per riflettere sulla necessità, come ha sottolineato l’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi, di aprire un canale di dialogo con i talebani.

Con Mario Cutuli, fratello di Maria Grazia, il ritorno ideale nella provincia di Herat, dove la scuola blu costruita nel 2011 in memoria della giornalista ancora accoglie le studentesse e gli studenti della regione, nonostante il divieto dei talebani per le ragazze. «Un luogo — come ha spiegato — che abbiamo voluto costruire per quella parte di popolazione che, pur rappresentando la speranza e il futuro, non ha voce».

Le donne afghane sono rimaste poi al centro del racconto di Eleonora Selmi, ostetrica di Medici Senza Frontiere a Khost, dove «ho visto le donne togliersi il burqa e sorridere, forti dei loro sogni e della volontà di diventare dottoresse». Da Simonetta Gola di Emergency è arrivato il ricordo del marito Gino Strada scomparso proprio durante il giorni della caduta di Kabul «che per lui rappresentavano solo l’ennesima tappa di una guerra ingiusta e insensata».

E commozione non è mancata nel dialogo tra Barbara Stefanelli e Carlo Verdelli, sulla telefonata con la quale — all’epoca era vicedirettore del Corriere — Verdelli esaudì l’ultimo desiderio di Maria Grazia, ossia di restare in Afghanistan a lavorare. «Le ho detto di sì perché sapevo che per Maria Grazia i talebani erano i tartari raccontati da Buzzati. E perché sapevo che doveva scendere dal muro della fortezza e andare loro incontro».

A chiudere la giornata la consegna del premio Cutuli a Patrick Zaki, ritirato dal compagno dell’Università di Bologna Rafael Garrido e accompagnato da un messaggio della sorella Marise. Un premio che «va a lui e tutti gli eroi della libertà di informazione».

19 novembre 2021 (modifica il 20 novembre 2021 | 13:52)

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