di Giacomo Valtolina

Arrampicatori con velleità da parkour. Blitz fra transenne, impalcature e scale. Con foto e video sul web: «Qui in Italia non riscontriamo troppe difficoltà a far sta roba»

Silenzio notturno in piazza Carbonari. Punto rosso in campo nero. «Stai reccando?» (registrando), chiede un’ombra dall’accento lombardo-veneto al compare, che annuisce. Pronti, via: zompo dentro al cantiere, comincia l’incursione notturna (e senza rete) fino in cima alla Torre Milano, grattacielo residenziale in costruzione tra la Maggiolina e via Melchiorre Gioia. Sfida in quota (100 metri) da filmare e immortalare. Infatti oltre alle felpe d’ordinanza con cappuccio nero, alle sneaker e ai guanti a mezze dita, ci sono soprattutto le telecamere Go pro in testa e gli zaini pieni sulle spalle. Con tutto l’armamentario: drone, macchine fotografiche e obiettivi. Il respiro affannoso accompagna il blitz fra transenne, impalcature, scale. E poi su verso la cima, quel rooftop che dà voce alle parole chiave (#rooftopping #explore #illegalfreedom) cosicché il mondo possa setacciare sui social network l’impresa compiuta. «Vabbè è stato veramente facile, qui in Italia non riscontriamo troppe difficoltà a far sta roba». Nel montaggio dei video pubblicato sul canale Youtube ci sono pure audio e sottotitoli. Qualche centinaio di follower, e alcuni commenti, certificano la missione compiuta. Sui profili, l’età (19 anni) e le frasi («è tra la vita e la morte il posto in cui mi sento vivo»), raccontano dell’equilibrio sottile tra incoscienza e temerarietà. Solo in città, in tre mesi, hanno scalato la Torre Milano, il grattacielo Unipol e l’ex palazzo comunale che sovrasta Gioia, il «Pirellino». Padroni della città, incuranti del pericolo, determinatissimi ad apparire.

Sfregio generazionale

Torna la moda delle scalate abusive ai grattacieli e alle gru della nuova città verticale. Arrampicatori con velleità da parkour , pronti a rispondere con lo sfregio generazionale («Ok boomer») ai colleghi di acrobazie urbane più giudiziosi che fanno loro notare i pericoli sempre dietro l’angolo durante simili azioni, magari alla mercé di un’acquazzone di fine estate (gli ultimi video pubblicati in questi giorni sono stati girati alla fine di settembre). Camminando sul vuoto tra i tubolari tondi e scivolosi di una gru, scavalcando reticolari metallici per il gusto di un selfie da vertigini, sedendosi con le gambe a penzoloni sopra i vialoni cittadini, ovattati dalle luci della notte che sfuma.

«Guerrilla climbing»

Oggi a Milano, a pubblicare video di «guerrilla climbing», ci sono un paio di gruppi di teenager (19enni) con altrettanti canali video, da cui è piuttosto facile risalire agli autori. Nel 2018 ce n’erano stati altri, tra i cantieri di Citylife e Porta Nuova , le cui «imprese» sono poi state oscurate dalla polizia postale. C’era stato il professionista del paracadute all’alba, sceso dalle guglie del Duomo e fuggito in metrò in una manciata di secondi. O più di recente gruppi di giovani diretti verso le «isole» della movida proibita, sopra le torri di viale Richard, per esempio, o nelle vecchie fabbriche, e rimasti vittime di incidenti. «Non facciamo nulla di male» si difendono loro, quando vengono fermati dalla security (come si vede in un video), rivendicando il diritto al rischio della propria pelle, o ad azioni artistiche in stile «Man on wire» tra le Torri Gemelle. Spesso vanno in trasferta all’estero stupendosi di trovare ronde in cantiere «anche di domenica alle 2 di notte», a differenza di quanto accade — di solito — in Italia.

Rischio emulazione

È quasi ridondante segnalare i pericoli e la responsabilità rispetto al rischio emulazione dovuto alle pubblicazioni dei video in Rete: «Si tratta di percorsi pericolosissimi — spiega Stefano Rusconi di Impresa Rusconi (Torre Milano) — fatti anche sotto la pioggia. Vale la pena ricordare ai ragazzi che prima di loro ci sono stati gli operai , che questi ponteggi e grattacieli li hanno costruiti con tutte le misure di sicurezza. Stiamo valutando di informare le autorità».

Il bisogno di mostrarsi

Gli psicologi che si occupano di adolescenti oggi segnalano il bisogno di mostrarsi come più forte anche del rischio di conseguenze. E infatti se un sito o un giornale segnala tali gesta, loro le rilanciano sulle story di Instagram come se fosse un vanto.

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22 novembre 2021 (modifica il 22 novembre 2021 | 08:00)

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