di Anna Mannucci
Le feste di Natale in Italia possono ancora mettere a dura prova chi ha fatto una scelta etica. Ma dove sono finiti i goduriosi piatti a base di verdure e legumi, presenti anche nella tradizione?
Nel sontuoso catalogo del pranzo natalizio di una grande catena di supermercati, compaiono tutti cibi a base di carne o pesce. Due sole le proposte vegetariane, le crepes con ricotta e spinaci e una poco festosa torta con zucchine, il resto è tutto uno sfoggio di pezzi di animali, quasi sempre di colore rosso o rosato, che richiamano il sangue e dovrebbero fare impressione ma evidentemente non è così.
Le feste natalizie e dintorni possono mettere a dura prova il vegetariano, troppo spesso per lui non c’è quasi nulla da mangiare, a parte qualche misera insalata e un tozzo di pane che mastica a lungo per non far notare ai commensali che non sta mangiando, come se stesse rifiutando il pasto in compagnia. Si rafforza così il luogo comune del vegetariano triste e ascetico.
Ma dove sono finiti i goduriosi piatti a base di verdure, presenti anche nella tradizione italiana? Come la parmigiana di melanzane, il misto di verdure al forno con varietà di condimenti, i fritti impanati o no di quasi tutti i vegetali, le lasagne con il ragù di lenticchie, la squisita caponata in tante varianti e molto altro. Basta pensare all’umile patata, come diventa buona se cotta con fantasia, per non dire delle zucchine. E mangiare fagioli e legumi vari anche se ottimamente preparati sembra ancora quasi una scelta pauperistica. Nei menu di moltissimi ristoranti e pizzerie italiane tutte queste squisitezze, facilmente reperibili a centinaia e centinaia su google, mancano o scarseggiano.
Forse è ancora dominante un’idea risalente al secondo dopoguerra, agli anni ’50 e primi ‘60, quando mangiare carne era simbolo del benessere appena arrivato, e “un pollo su ogni tavola” era una conquista di massa (anche se il pollo non ne era contento). Ormai la carne, termine in cui includiamo anche il pollo e il pesce e altri animali uccisi, spesso costa poco, talvolta meno del formaggio, che comunque è di origine animale e i vegani rifiutano, perché per produrre latte la mucca deve far nascere un vitello, che, se maschio, finirà la sua breve vita al macello. La passione per i cibi carnei sembra un residuo simbolico della povertà, una reminiscenza della fame, anche se in realtà nella cucina “povera” e soprattutto in quella “povera reinventata”, come la famosa dieta mediterranea inventata dagli americani, ci sono moltissimi piatti senza carne. Anche il cattolico venerdì di magro, che comunque accettava il pesce, è oggi trascurato, non considerato.
Le ricette vegetariane non diventano famose, anche le più squisite, e troppo spesso sono ignorate dai mass media e dalla pubblica opinione. Un grande equivoco, spesso appoggiato anche dai vegetariani, è che questa scelta sia salutistica, mentre fondamentalmente è morale. “Io non mangio animali, gli animali sono miei amici” è un vecchio slogan chiarificatore. Come l’analogo “Non lo faccio per la mia salute, ma per la sua”, dice una ragazza abbracciando un vitello.
1 dicembre 2021 (modifica il 4 dicembre 2021 | 20:21)
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