Caro Aldo,
a proposito dei fattacci di Capodanno a Milano in piazza del Duomo, la prima considerazione che faccio è che, vedendo le immagini delle aggressioni alle ragazze, la mia mente è corsa subito alle scene forti in bianco e nero del film «La ciociara», in cui i «liberatori» marocchini dell’esercito francese (begli amici i transalpini!) danno l’assalto in branco a Rosetta e alla mamma Cesira. La dinamica dell’assalto sembra la stessa, come sta emergendo dalle indagini e dalle testimonianze e gli autori sono, in stragrande maggioranza, nordafricani o figli di nordafricani (eufemisticamente chiamati italiani di seconda generazione). Da che guerra scappano questi nordafricani per ammassarsi dalle nostre parti?
Ferruccio Porati Paderno Dugnano (Milano)

Caro Ferruccio,
I gravi fatti della notte di Capodanno devono ancora essere accertati nella loro dinamica e nelle loro dimensioni. C’è un’inchiesta in corso. Nessuno è colpevole sino a sentenza passata in giudicato. Ma alcune cose vanno dette già adesso. È sorprendente che piazza del Duomo, il cuore di Milano, non fosse presidiata — e non in modo occasionale — dalle forze dell’ordine, se non altro per vigilare sul divieto di assembramenti. È deludente che nessun civile sia intervenuto per difendere le ragazze in difficoltà. Ed è gravissimo che bande di giovani si siano organizzati per ripetere, sia pure in scala minore, quel che è stato fatto la notte di Capodanno a Colonia, sei anni fa. Non dobbiamo colpevolizzare una cultura e un popolo. E i paragoni con la tragedia storica delle «marocchinate» sono fuori luogo. Ma dobbiamo essere fermissimi su un punto: è giusto riconoscere tutti i diritti ai nuovi italiani; ma è giusto pretendere che loro riconoscano tutti i loro doveri, e che aderiscano ai valori costituzionali. La Carta recita all’articolo 3 che tutti i cittadini sono uguali, senza distinzioni di sesso (oltre che di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali). Soltanto nel 1975 la riforma del diritto di famiglia rese effettiva la parità tra uomo e donna, che a volte viene ancora messa in discussione sui luoghi di lavoro e nella società. I nuovi italiani devono avere chiarissimo che il rispetto della libertà e della dignità della donna è un principio fondamentale, su cui non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo transigere. Non c’è nulla di razzista e di xenofobo nel ribadire questo; al contrario.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Io, medico, ho vissuto il caos anche senza pandemia»

Ho fatto il medico ospedaliero per molto tempo e ricordo questo periodo dell’anno sempre come un incubo. Picco influenzale; difficoltà di accedere al proprio medico di famiglia; grandi quantità di pazienti che ricorrevano (appropriatamente) al Pronto Soccorso; problemi nell’accogliere tutti; lettini e brandine aggiuntivi collocati nei corridoi. Più di una volta ho chiesto alle amministrazioni ospedaliere di poter prevedere per tempo una temporanea riorganizzazione con riallocazione delle risorse (umane e non) allo scopo di fronteggiare meglio la necessità contingente riferita a certi periodi dell’anno. Sempre inascoltato. E ogni anno la stessa storia. Ora in tempo di pandemia – un tempo che dura ormai da 2 anni – quello che limita una vita sociale ed economica più «libera» è il timore che il sistema sanitario vada in crisi con un eccesso di ricoveri. La domanda è: si sta facendo davvero tutto per reindirizzare le risorse sanitarie e fronteggiare il bisogno in maniera diversa e più decisa? Oppure – come fatto per la fin qui scandalosa tolleranza nei confronti dei no vax – si stanno usando «i pannicelli caldi», cioè si usa il solito sistema cerchiobottista italiano per non pestare i piedi a nessuno, cambiando troppo poco nell’organizzazione? La circolazione dei virus non è uguale nel tempo, esiste la stagionalità di certe malattie e le soglie che fanno scattare le misure restrittive devono, da una parte, tenerne conto e dall’altra essere modulate sulla diversa (e maggiore) disponibilità di risorse nei periodi critici (che ormai conoscono anche le persone della strada).
Claudio Cimminiello

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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VENERDI -L’AMORE

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