di Raffaella Oliva

Tre anni fa riempì il Forum di Assago con il tour del suo terzo album «Cosmotronic». Quel periodo fortunato è stato spezzato dalla pandemia ma «bisogna continuare a esserci»

Alla fine non è riuscito ad aspettare. Costretto a rinviare da ottobre scorso ad aprile 2022 i tre show al Parco Nord di Bologna intitolati «La prima festa dell’amore», Cosmo ha deciso di mettere in piedi un nuovo concerto che martedì 23 novembre lo porterà all’Alcatraz. Sono trascorsi quasi tre anni da quando il 39enne di Ivrea, fautore di un mix di cantautorato pop ed elettronica da dancefloor piuttosto unico in Italia, riempì il Forum di Assago con il tour del suo terzo album «Cosmotronic». Quel periodo fortunato è stato spezzato dalla pandemia, ma «bisogna continuare a esserci — dice lui — ed è il motivo di questa data milanese: un vero e proprio blitz».

Se i live in programma la prossima primavera si terranno in un tendone allestito ad hoc e saranno aperti da altri artisti, dando vita a una sorta di festival, quello all’Alcatraz sarà un concerto tradizionale, incentrato in primis sul disco «La terza estate dell’amore», uscito lo scorso maggio e definito dallo stesso autore «un ballo sulla carcassa di una società incapace di organizzarsi per essere felice».

«Per me la musica dal vivo e il ballo sono dispositivi di crescita individuale, di resistenza, di salvaguardia della nostra umanità, di protezione dall’angoscia della performance in cui ti getta una società competitiva come la nostra», spiega Cosmo, al secolo Marco Jacopo Bianchi. «Nelle esperienze collettive come i concerti, ruoli e agonismi sono sospesi ed è per questo che la musica, lungi dall’essere mero intrattenimento, è semmai, specie per i più giovani, cura delle anime. Perciò in questo momento è così importante che le cose accadano: non si può continuare a rimandare al futuro, bisogna far traboccare il presente».

Vaccini e green pass devono essere strumenti per ripartire sul serio, questa l’idea dell’ex voce della band indie rock piemontese Drink To Me (nata nel 2002), padre di tre figli, deluso dal decreto legge con cui un mese e mezzo fa è stato annunciato l’aumento delle capienze al 100 per cento per le sale concerti in zona bianca. «È stato scritto in modo ambiguo, senza precisare se si possa stare in piedi e non distanziati. Alla fine è valso il principio di omissione (se un comportamento non è esplicitamente vietato, si può mettere in atto), ma molti locali non se la sono sentita di rischiare e sono rimasti chiusi. Si è lasciata la responsabilità dell’interpretazione di una legge redatta male a un settore già in difficoltà».

Parla di «giungla burocratica», Cosmo, che con il collettivo di dj e producer Ivreatronic si muove anche nel mondo del clubbing. Mondo che ha da poco presentato una proposta di legge per rendere club e discoteche istituzioni culturali (cosa che già accade a Berlino, per esempio).

«Sarebbe un avanzamento democratico, la pandemia ha dimostrato che senza riconoscimento politico non si può accedere a fondi ministeriali e tutele nemmeno in stato di emergenza. Viene, però, da pensare che il Covid abbia messo in crisi il concetto stesso di club, perché c’è comunque qualcosa che non funziona negli ambienti iper-normati: dove vige una pressione al controllo è difficile che si conservi la spontaneità necessaria allo sviluppo di una controcultura di cui ha bisogno anche il mainstream».

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22 novembre 2021 (modifica il 22 novembre 2021 | 08:28)

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