Il “Fair Software Licensing”srumento per tutelare il mercato del cloud e spingere l’Europa digitale. Francisco Mingorance, segretario generale del Cispe, l’associazione dei cloud vendor europei accende i i riflettori sui rischi del vendor lock in e sulla necessità di strutturare misure ad hoc nel Data Act al vaglio della Commissione.

Mingorance, quanto incide il vendor lock in sulla trasformazione digitale europea?

Il problema del lock-in è stato evidenziato da una ricerca del professor Frédéric Jenny, presidente del Comitato per la concorrenza dell’Ocse che ha mostrato come i fornitori dominanti di software, tra cui rientrano anche player importanti, utilizzino termini di licenza non equi per limitare la scelta del cloud da parte delle aziende. I costi di questo lock-in comportano una minore innovazione, una mancanza di diversità di soluzioni e la perdita dell’autonomia strategica dell’Europa nell’economia digitale. Una successiva ricerca condotta in Italia dall’Istituto per la Competitività (I-Com), che ha coinvolto 82 membri di Assintel, mostra che 1 azienda su 4 ha sperimentato pratiche scorrette rispetto ai software, di cui l’effetto lock-in è il problema più pressante, e che più della metà degli intervistati ritiene che tali pratiche danneggino la digitalizzazione delle aziende italiane.

E dunque?

Lo studio conclude che l’applicazione dei 10 principi di “Fair Software Licensing” promossi da Cispe per porre fine a queste pratiche scorrette potrebbe aumentare i ricavi del settore Ict italiano da 1,28 a 1,61 miliardi di euro all’anno. Per i fornitori europei di cloud la situazione è ancora peggiore. I dati di Synergy Research mostrano che la quota del mercato cloud detenuta dalle aziende europee è crollata da oltre il 30% nel 2017 a meno del 16% attuale, e questo ha favorito alcuni fornitori “hyperscale” come quelli prima menzionati, con balzi addirittura dell’800%.

Come si stanno muovendo le istituzioni europee su questo fronte?

Il Digital Markets Act non è riuscito a risolvere il problema delle pratiche scorrette di lock-in dei software ma, nel frattempo che l’Europa discute il prossimo Data Act, si sta facendo strada la consapevolezza che senza principi equi per le licenze software, diventa molto difficile ottenere un’effettiva portabilità dei dati. I clienti non possono esercitare una scelta sui fornitori di cloud se sono bloccati dai termini di licenza del software. Presso la Commissione europea sono attualmente in corso quattro diversi reclami in materia di concorrenza in risposta al questo tipo di licenze software che impediscono, di fatto, la concorrenza sul mercato.  Le denunce degli operatori di infrastrutture cloud Aruba, OVHcloud e della Danish Cloud Community, oltre a quella di Cispe, dimostrano come i termini di licenza infine applichino prezzi discriminatori per precludere il mercato ai concorrenti. Riteniamo che tutti questi casi finiranno per dimostrare che grandi player abbiano utilizzato in modo scorretto le licenze software per bloccare i clienti nelle proprie soluzioni cloud.

E quali sono le azioni messe in atto dagli operatori del settore?

Sempre più clienti si fanno avanti per denunciare queste pratiche, nonostante il timore di molti di sfidare fornitori così dominanti. Questo sta avendo dei risultati, come ad esempio l’annuncio di Microsoft di voler risolvere i…

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