L’intelligenza artificiale potrebbe portare all’estinzione umana, e la riduzione dei rischi associati a questa tecnologia dovrebbe essere una priorità globale. L’hanno dichiarato in una breve open letter (sottoscrivibile online dai membri della comunità scientifica internazionale) alcuni esperti del settore e leader tecnologici, tra cui lo stesso Sam Altman, ceo di OpenAI, che ha dato vita alla piattaforma di intelligenza artificiale generativa ChatGpt.
Il dibattito sui rischi dell’intelligenza artificiale
“Mitigare il rischio di estinzione dell’intelligenza artificiale dovrebbe essere una priorità globale, insieme ad altri rischi a livello di società come le pandemie e la guerra nucleare”, si legge nella dichiarazione. Altman e i dirigenti del ramo AI di Google DeepMind e di Microsoft sono stati tra coloro che hanno sostenuto e firmato la dichiarazione del Center for AI Safety.
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La tecnologia, come ormai tutti sanno, ha conosciuto un exploit negli ultimi mesi, dopo che il chatbot ChatGpt è stato rilasciato per l’uso pubblico a novembre diventando immediatamente virale. In soli due mesi dal lancio, ha raggiunto 100 milioni di utenti. ChatGpt ha stupito anche gli addetti ai lavori per la sua capacità di generare risposte simili a quelle umane alle richieste degli utenti, suggerendo che l’AI potrebbe sostituire il lavoro e imitare gli esseri umani.
La open letter afferma che si discute sempre più spesso di un “ampio spettro di rischi importanti e urgenti legati all’AI”. Ma può essere “difficile esprimere preoccupazioni su alcuni dei rischi più gravi dell’AI avanzata“. L’obiettivo dunque è superare questo ostacolo e aprire il confronto.
Già a marzo Altman aveva ammesso di essere “un po’ spaventato” dall’AI perché teme che governi autoritari possano sviluppare questa tecnologia. Altri leader tecnologici, come Elon Musk e l’ex ceo di Google Eric Schmidt, hanno messo in guardia sui rischi che l’AI comporta per la società.
In una lettera aperta di marzo, Elon Musk, il cofondatore di Apple Steve Wozniak e diversi leader tecnologici hanno esortato i laboratori di intelligenza artificiale a smettere di addestrare sistemi più potenti del Gpt-4, l’ultimo modello linguistico di OpenAI. Hanno anche chiesto una pausa di sei mesi per lo sviluppo avanzato.
Nella data economy l’attività di aggregazione dei dati è la base per dare valore alle informazioni e competitività all’impresa. La data aggregation è il processo con cui vengono raccolti i dati grezzi di una o più fonti e vengono presentati in modalità utili per le attività di analytics avanzate e business intelligence. Queste analisi possono a loro volta nutrire report e grafici che riassumono, in modo facilmente consultabile, le informazioni. Ad esempio, un’azienda potrebbe aggregare un pool di centinaia di clienti in base alla loro posizione, ai loro acquisti o ai loro dati demografici, sesso ed età, per comprendere meglio il comportamento e le decisioni di acquisto.
I team di marketing sono, infatti, tra i maggiori utilizzatori della data aggregation, ma anche i siti web, le piattaforme di e-commerce e le società finanziarie e di investimento si rivolgono a questi strumenti.
Aggregazione dei dati: 12 prodotti top
Ovviamente, considerato che spesso le aziende hanno a che fare con big data, l’aggregazione dei dati viene eseguita utilizzando strumenti software che automatizzano l’attività e che, solitamente, includono funzionalità per la raccolta, l’elaborazione e la presentazione di dati aggregati. Alcuni eseguono anche attività singole altamente specializzate per soddisfare casi d’uso specifici. Molti sono disponibili in cloud e integrano tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning.
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Ecco alcuni degli strumenti di aggregazione dei dati più utilizzati, in base alla lista fornita da Datamation.
Microsoft Excel
Excel ha potenti capacità di analytics non sempre sfruttate da chi usa la suite Microsoft. Excel è in grado di caricare dati grezzi dai data store, ripulirli ed elaborare dati rifiniti per poi generare report. È spesso lo strumento entry-level per le persone nuove all’analisi. Il web offre molte risorse sull’argomento.
Cloudera distribution for Hadoop (Cdh)
Cdh si rivolge alle imprese di classe enterprise con un’enfasi sui big data. Lo strumento open source ha una distribuzione gratuita per la piattaforma che comprende Apache Hadoop, Apache Spark, Apache Impala e altre tecnologie, tutte per la raccolta e l’elaborazione di enormi quantità di dati. C’è anche una versione commerciale.
MongoDb
MongoDb è un database NoSql, orientato ai documenti, disponibile in tre modalità: gratuito, per pmi e enterprise. Lo strumento open source supporta più sistemi operativi e le sue caratteristiche principali includono l’aggregazione, le query ad hoc, l’indicizzazione, la replica e lo sharding – un mezzo per dividere grandi set di dati in blocchi gestibili.
Sisense
Sisense è un pacchetto software molto usato per la preparazione, l’analisi, la visualizzazione e l’organizzazione dei dati delle aziende ed è progettato per rispondere alle richieste direttamente attraverso un singolo canale, nonché per raccogliere e presentare i dati come informazioni pertinenti attraverso dashboard interattivi.
Zoho Analytics
Zoho Analytics è un popolare strumento di business intelligence (Bi), analisi dei dati e reporting online per creare visualizzazioni di dati e generare informazioni aziendali utilizzabili. Zoho Analytics è progettato per essere utilizzato da chiunque, indipendentemente dalle loro competenze tecniche.
DbVisualizer
DbVisualizer è uno strumento database management ricco di funzionalità per il consolidamento e la visualizzazione delle informazioni…
Industria 4.0 grande dimenticata nel disegno di legge “Made in Italy” approvato dal Consiglio dei ministri: il governo istituisce un fondo sovrano con una dotazione iniziale di 1 miliardo per promuovere le filiere strategiche e prepara il terreno all’uso della blockchain per la certificazione e la tracciabilità, ma fa sparire i 274 milioni inizialmente previsti per rifinanziare gli incentivi della nuova Sabatini.
Il disegno di legge “Made in Italy” reca, come si legge nella nota del Mimit, “disposizioni organiche per valorizzare e promuovere le produzioni di eccellenza, le bellezze storico artistiche e le radici culturali nazionali come fattori da preservare e trasmettere per la crescita dell’economia del Paese”.
Tra le altre disposizioni, si prevede l’uso delle nuove tecnologie per la tracciabilità dei prodotti tramite l’istituzione di un catalogo nazionale con i requisiti fissati dall’European blockchain service infrastructure (Ebsi), nonché l’accompagnamento delle imprese verso il futuro, attraverso il finanziamento di consulenze per l’avvio di attività nel metaverso.
Il fondo sovrano del Made in Italy
Il provvedimento include una serie di misure e iniziative volte a incentivare il sistema imprenditoriale di eccellenza italiana con l’obiettivo di dotare il nostro Made in Italy di nuove risorse, nuove competenze e nuove tutele, si legge nella nota del Mimit. Sono previste, inoltre, azioni per migliorare e allargare la rete tra i principali attori della promozione e tutela della eccellenza italiana e sono inserite norme per inasprire il sistema sanzionatorio per la lotta alla contraffazione.
Nel dettaglio, il fondo sovrano italiano, denominato Fondo strategico nazionale del Made in Italy, con una dotazione iniziale di 1 miliardo, ha l’obiettivo di stimolare la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali anche per la fase dell’approvvigionamento delle materie prime critiche.
Gartner: l’iperautomazione tra i principali trend tecnologici
Sono introdotte nuove misure settoriali a sostegno delle principali filiere di eccellenza attraverso la valorizzazione della filiera legno-arredo 100% nazionale, del tessile, della nautica, della ceramica e dei prodotti orafi. 10 milioni di euro sono destinati al potenziamento delle iniziative di autoimprenditorialità e imprenditorialità femminile.
Spinta a Blockchain e metaverso
Per la tutela del Made in Italy è prevista la creazione di un contrassegno ufficiale di origine italiana delle merci con la dizione Made in Italy per la promozione della proprietà intellettuale e commerciale dei beni, nonché l’utilizzo della blockchain per la certificazione delle filiere.
Verrà inoltre creato un catalogo nazionale per il censimento delle soluzioni conformi alla normativa in vigore per la tracciabilità delle filiere e per sostenere e promuovere la ricerca applicata, lo sviluppo e l’utilizzo della tecnologia basata sui registri distribuiti (Dlt) utile ai fini informativi per i consumatori.
Il ddl parla ancora di accompagnamento delle imprese verso il futuro, attraverso il finanziamento di consulenze per l’avvio di attività nel metaverso; incentivazione al processo di associazione tra produttori; e redazione di un disciplinare per le produzioni artigianali e industriali che prepara al prossimo varo del regolamento europeo su Igp non agri.
Il 78% delle aziende ha intenzione di affidare al cloud più del 40% dei propri dati entro il 2025, anche se i sistemi di sicurezza andranno innovati. La spinta? Il lavoro ibrido. Ma anche l’adozione del multicloud cresce: il 42% delle imprese vede infatti uno sviluppo più agile e scalabile delle applicazioni la ragione principale per utilizzare diversi cloud.
Lo afferma il Global Networking Trends Report 2023 (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), uno studio realizzato da Cisco per esaminare l’evoluzione della tecnologia di rete e delle iniziative multicloud intraprese dalle aziende di ogni dimensione e settore, e che evidenzia i diversi trend e priorità che impatteranno sul futuro del networking e sul ruolo delle reti per una strategia cloud di successo.
L’indagine rivela che, in uno scenario in cui il 40% delle persone continua a lavorare da remoto nonostante il rischio pandemia sia ormai un ricordo, i professionisti dell’IT considerano ormai superati i modelli di sicurezza tradizionali e oggi identificano come principali sfide sia i rischi legati alla sicurezza cloud (51%) che il crescente numero dei dipendenti che lavorano a distanza (39%).
Nuovi approcci davanti ai cambiamenti del mondo
Punto di partenza per la realizzazione di questo report è la considerazione che gli ultimi due anni e mezzo hanno portato un enorme cambiamento nel mondo. E dunque dopo aver affrontato una pandemia globale, un conflitto geopolitico, l’incertezza economica e un mondo sempre più ibrido e multicloud, le aziende oggi si chiedono quale sia la strada da percorrere. Per prosperare e sopravvivere, hanno dovuto cambiare il proprio modo di fare business e così facendo, l’adozione del cloud ha subito un’accelerazione e il ruolo della rete è cambiato.
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In accelerazione la transizione verso il cloud
In questo quadro, il report evidenzia che l’affermarsi di modalità di lavoro ibride ha determinato la necessità di nuovi approcci per garantire ai dipendenti che lavorano da remoto, connessioni sicure ai dati e alle risorse aziendali distribuite in ambienti ibridi e multicloud. Ne consegue che la transizione verso il cloud e il multicloud sta accelerando. Se l’agilità aziendale è il problema, in molti vendono la risposta nel cloud. In particolare il 78% degli intervistati che dichiara l’intenzione di voler ospitare oltre il 40% dei propri dati in cloud entro il 2025, rispetto all’attuale 63%.
Accesso sicuro alle applicazioni la principale sfida
Ma quali sono le principali sfide che attendono le imprese? Secondo il report si tratterebbe dell’accesso sicuro alle applicazioni cloud, ma spicca anche la visibilità end-to-end lungo la catena di distribuzione dei servizi digitali (ad esempio tra utente e cloud) al fine di garantire un’esperienza applicativa coerente.
In particolare, fornire accesso sicuro alle applicazioni che possono risiedere on premises ed allo stesso tempo essere distribuite in diversi cloud è la principale sfida secondo il 41% degli intervistati. E poiché il traffico di rete ha origine e termina al di fuori della rete aziendale, avere visibilità end-to-end delle prestazioni di rete e della sicurezza è fondamentale secondo il 37% degli intervistati.
Tre nuovi ingressi nel nuovo consiglio di amministrazione di Engineering: si tratta di Maria Andrisani, Head of Capital Markets Bain Capital private equity (Europe) Llp, Michaela Castelli, Presidente dei Consigli di Amministrazione di Nexi e Nexi Payments e di Sea Aeroporti di Milano, ed esperta di mercati finanziari e corporate governance e Maria Cristina Messa, già Ministro dell’Università e della Ricerca e Rettrice dell’Università degli Studi-Milano Bicocca, dove attualmente è medico ricercatore di Diagnostica per immagini e radioterapia.
Si rafforza il carattere interdisciplinare del board
I tre nuovi membri contribuiranno a “rafforzare il carattere interdisciplinare del board – spiega una nota dell’azienda – grazie a competenze professionali diverse e a un solido background industriale, scientifico, accademico e istituzionale, in linea con l’ambizione del gruppo di essere un partner strategico per il Paese e contribuire allo sviluppo dei mercati in cui opera”. Il rafforzamento della governance rappresenta un ulteriore elemento di evoluzione per Engineering, guidata da poco più di un anno e mezzo dal ceo Maximo Ibarra, e con oltre 70 sedi in 14 Paesi nel mondo.
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I membri del nuovo cda
Il nuovo consiglio di amministrazione presieduto da Gaetano Miccichè (presidente Banca Imi) è così composto: Gaetano Miccichè; Maximo Ibarra, ceo & General manager di Engineering; Carlo Achermann; Maria Andrisani; Luca Bassi; Stefano Bontempelli; Giovanni Camera; Fabio Cosmo Domenico Canè; Michaela Castelli; Vito Cozzoli; Pietro Galli; Maria Cristina Messa; Aurelio Regina.
Le tre nuove componenti
Maria Andrisani è entrata in Bain Capital nel 2016, dove oggi è Head of capital markets Bain Capital private equity (Europe). Prima di entrare in Bain Capital, ha lavorato presso J.P. Morgan con cariche all’interno della divisione Investment Banking. È stata vice president dell’European Leveraged Finance Organization.
Michaela Castelli, Presidente dei Consigli di Amministrazione di Nexi e Nexi Payments e di Sea Aeroporti di Milano, ed esperta di mercati finanziari e corporate governance.
Maria Cristina Messa, già Ministro dell’Università e della Ricerca, è medico ricercatore di Diagnostica per Immagini e Radioterapia presso l’Università degli Studi-Milano Bicocca, di cui è stata Rettrice tra il 2013 e il 2019. Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università di Milano, è specializzata in Medicina Nucleare.
Via libera del Consiglio AgCom ai nuovi prezzi all’ingrosso per l’accesso alla rete di Tim in rame e in fibra. Il Consiglio ha approvato ieri sera le nuove tariffe wholesale, alzando i prezzi per la rete in rame e fibra-rame (Fttc), mentre sono stati ridotti quelli per la fibra (Ftth). Si tratta di un passaggio per certi versi storico ma molto è dovuto ai rincari frutto dell’inflazione: erano dieci anni infatti le tariffe non registravano aumenti.
“È una notizia più che positiva considerando che negli ultimi 10 anni le tariffe di Tlc si sono ridotte del 35%. È arrivato il momento di una svolta per dare il reale valore alle reti di telecomunicazioni, fondamentali per lo sviluppo del Paese”, commenta a CorCom Maurizio Dècina, professore emerito del Politecnico di Milano.
Gli aumenti previsti
Gli aumenti previsti per il 2023 saranno più contenuti rispetto a quanto preventivato in consultazione. Riguardo al 2022 saliranno solo le tariffe di accesso al Vulah con un impatto marginale considerata la quantità di linee attive sul totale.
Smart Grid: qual è l’impatto della generazione distribuita sulle reti intelligenti?
A pesare l’inflazione e il parametro che incide di più è il Wacc (costo medio ponderato del capitale).
L’aumento delle tariffe per l’accesso in rame fa il paio con l’abbattimento di quelle per la fibra: in questo caso l’obiettivo è favorire la realizzazione e la migrazione alle infrastrutture di nuova generazione e accelerare sulla dismissione del rame attraverso il meccanismo del risk premium.
L’ok della Commissione Ue
L’iter per la modifica delle tariffe wholesale era partito lo scorso autunno e, pur prevedendo un aumento delle tariffe rispetto al passato, è frutto delle consultazioni con tutti gli operatori. Il provvedimento è passato al vaglio della Commissione Ue, a cui era stato notificato dalla stessa Authority, e per il quale Bruxelles ha dato il via libera lo scorso 28 aprile.
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