Il canone Rai è “incongruo” rispetto alle necessità della Tv pubblica, che negli ultimi anni ha visto una diminuzione costante delle entrate, fino a un sostanziale dimezzamento, con un crollo pari a 700 milioni di euro, in un momento in “gli investimenti pubblicitari si stanno rimodulando con forme innovative”. A sostenere questa tesi di fronte alla commissione di vigilanza Rai è l’amministratore delegato della Tv pubblica, Carlo Fuortes, che ha colto l’occasione per proporre la sua ricetta, “quattro modeste proposte – così le ha definite durante il suo intervento – per invertire le dinamiche economiche e tentare di avvicinarsi alle best practice europee,  senza incidere sulle tasche degli italiani”.

Ma in cosa consistono le proposte di Fuortes? Si parte dal “riconoscimento integrale delle risorse del canone, eliminando le trattenute da 110 milioni, finanziando il fondo per il pluralismo con altre risorse”, per passare alla cancellazione della tassa sulla concessione sul canone ordinario, all’ampliamento del perimetro di applicazione del canone ai device multimediali, quindi prevedendo che debba essere pagato anche da chi non possiede una tv ma utilizza smartphone e tablet, e infine alla riduzione del limite di affollamento pubblicitario per singola fascia all’8%.

Nella sua analisi il manager imputa il calo degli introiti registrato dalla Tv pubblica principalmente alla diminuzione dei ricavi pubblicitari e commerciali, su cui hanno inciso “le decisioni legislative e l’evoluzione tecnologica, quindi il digitale terrestre e il grande mercato televisivo dei prodotti premium”. In parallelo il canone vigente in Italia “risulta di gran lunga il più limitato in tutta Europa – aggiunge Fuortes – E’ una risorsa incongrua, parliamo di 90 euro contro i 312 della Svizzera o i 138 della Francia. Oltre a essere incongrue – prosegue – queste risorse sono anche incerte. Una cosa positiva con l’introduzione del canone in bolletta è relativa all’aumento della platea di 6,8 milioni e al tasso di evasione, che è sceso al 5-3 per cento”. “Per cercare di supplire a questa enorme riduzione di risorse, si è ottenuto in equilibrio economico grazie a continui interventi di razionalizzazione dei costi, dei programmi in particolare, con l’ottimizzazione del palinsesto – aggiunge Fuortes – E’ doloroso dirlo ma c’è stata una riduzione di investimenti sia sul prodotto culturale e sull’acquisto di diritti sia sulle infrastrutture immobiliari e tecnologiche”.

Le proposte dell’amministratore delegato della Tv pubblica hanno ottenuto una rapida bocciatura da diversi esponenti del mondo della politica, a iniziare da Federico Mollicone, responsabile Cultura di Fratelli d’Italia e membro della commissione di vigilanza sulla Rai, che ha evidenziato come L’eliminazione dell’attuale trattenuta da 110 milioni di euro a partire dal 2022 “distruggerebbe il sistema editoriale italiano, perché quei 110 milioni alimentano il fondo per il pluralismo dell’editoria”.

Dal fronte della Lega arriva invece la preoccupazione che la presa di posizione di Fuortes possa essere propedeutica a un aumento del canone, e la bocciatura della proposta sull’estensione del tributo agli smartphone e ai tablet: “L’audizione dell’amministratore delegato ha lanciato segnali molto preoccupanti e non vogliamo nemmeno pensare che l’azienda si stia preparando…

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