Aumentano ricoveri per difficoltà respiratorie serie. La «colpa» è del virus respiratorio sinciziale che quest’anno ha iniziato a circolare prima del solito. I più a rischio sono i bambini sotto l’anno di età. Come riconoscere i sintomi

I reparti di Pediatria di molti ospedali italiani sono in affanno e la colpa non è del coronavirus. Il responsabile è infatti il virus respiratorio sinciziale (Vrs), che quest’anno ha iniziato a circolare prima del solito. Sebbene nella maggior parte dei casi l’infezione decorra senza sintomi o con un po’ di raffreddore e tosse, talvolta il virus può causare la bronchiolite, una condizione caratterizzata dalla parziale occlusione dei piccoli bronchi e conseguenti difficoltà respiratorie.I più colpiti sono i bimbi piccoli, sotto l’anno di età, nei quali la bronchiolite è la causa più frequente di ricovero, con la possibilità di finire anche in terapia intensiva. Come è facile immaginare i genitori sono molto spaventati, ma un precoce riconoscimento dell’infezione e alcuni accorgimenti possono fare la differenza.

La guida dei pediatri

Proprio per questo motivo la Società italiana di pediatria (SIP) ha appena pubblicato sul proprio sito (sip.it) una pratica guida per mamme e papà. «Il virus respiratorio sinciziale si diffonde con facilità da persona a persona attraverso le piccole goccioline respiratorie emesse dall’individuo infetto soprattutto quando stranutisce o tossisce. Inoltre è possibile contagiarsi tramite il contatto con oggetti o superfici infette sulle quali il virus può sopravvivere per molte ore», spiega Eugenio Baraldi, responsabile della Terapia intensiva neonatale dell’Azienda Ospedale-Università di Padova nonché uno degli autori della guida, insieme a Fabio Midulla, presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili e a Susanna Esposito, responsabile Tavolo tecnico malattie infettive della Sip.
«I lattanti quasi sempre contraggono l’infezione dopo un contatto ravvicinato con un familiare, spesso un fratellino che frequenta l’asilo e presenta un raffreddore». Se negli adulti e nei bambini grandicelli, l’infezione non comporta particolari problemi, nei bimbi sotto l’anno e più fragili è vero il contrario. I bambini più a rischio di bronchiolite grave sono infatti i lattanti nati prematuri (prima delle 35 settimane di gravidanza), con cardiopatie congenite, malattie polmonari croniche, malattie neuromuscolari e condizioni di immunodepressione.

Prevenzione

«Nei bambini ad alto rischio è possibile attuare una profilassi contro il virus respiratorio sinciziale, utilizzando un anticorpo monoclonale che viene somministrato per via intramuscolare una volta al mese dall’inizio della stagione epidemica, che di norma va da novembre ad aprile, con un picco a gennaio-febbraio» segnala il professor Baraldi. Quest’anno però i casi sono andati crescendo già a partire dalla fine di ottobre. Durante la seconda ondata della pandemia del Covid, l’uso delle mascherine, il lavaggio delle mani e il distanziamento sociale hanno ridotto del 70-80 per cento i casi di bronchiolite, ma quando queste misure sono state rallentate si sono verificate importanti epidemie in diversi Paesi del mondo, Italia inclusa, alle prese, proprio in questo periodo con un aumento vertiginoso dei casi. Che consigli si possono dare ai genitori per proteggere i propri bimbi? «Alcune semplici misure comportamentali possono fare molto per prevenire non solo le infezioni causate dal virus respiratorio sinciziale ma anche quelle che chiamano in causa altri virus respiratori e batterici», riferisce Baraldi.
« Innanzitutto le neomamme dovrebbero fare di tutto per allattare al seno il proprio piccolo: il latte materno contiene infatti anticorpi contro numerosi agenti infettivi e riduce il rischio di infezioni gravi da virus respiratorio sinciziale e di ospedalizzazione per bronchiolite».

Lavarsi spesso le mani

«Altrettanto importanti sono alcune norme igieniche» continua l’esperto, «come lavare le mani con acqua e sapone o con un gel alcolico prima di toccare il bambino (è importante che lo facciano anche le altre persone che entrano in contatto con il piccolo), usare la mascherina in caso di raffreddore quando ci si avvicina al bimbo, astenendosi dal baciarlo o ancora tenere lontano il piccolo da altri bambini o adulti con il raffreddore». Tra le altre raccomandazioni per ridurre il rischio di infezione ci sono poi quella di disinfettare le superfici e gli oggetti (in particolare i giocattoli) che vanno in contatto con il bambino, non permettere di fumare in casa e, se il bambino è prematuro o affetto da malattie cardiache o polmonari, è bene consultare il pediatra per valutare l’impiego di anticorpi monoclonali per la prevenzione dell’infezione. Se il piccolo è raffreddato, esistono poi segnali che devono indurre a consultare subito il pediatra.

Campanelli d’allarme

I principali campanelli d’allarme sono l’insorgere si difficoltà respiratorie come respirazione veloce, tosse insistente, movimento delle pinne nasali, respiro rumoroso o ancora la comparsa di un colore violaceo delle labbra e/o del viso. Inoltre sono da valutare sempre con attenzione la mancanza di appetito, primo segno che il bambino sta peggiorando con rischio di disidratazione (labbra secche, poca pipì, pianto senza lacrime), episodi di apnea, nonché scarsa reattività o sonnolenza, indicativi di un veloce peggioramento soprattutto nei lattanti sotto i tre mesi.

15 dicembre 2021 (modifica il 18 dicembre 2021 | 09:33)

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