Grazie al telescopio spaziale James Webb, un team internazionale di scienziati ha scoperto la fusione tra due galassie e i loro buchi neri quando l’Universo aveva solo 740 milioni di anni.

È la fusione di buchi neri più lontana mai osservata ed è la prima volta che questo fenomeno è stato rilevato così presto nell’Universo.

Gli astronomi hanno trovato buchi neri con masse da milioni a miliardi di volte quella del Sole nella maggior parte delle galassie dell’Universo osservabile, compresa la nostra Via Lattea. 

Questi buchi neri hanno probabilmente avuto un grande impatto sull’evoluzione delle galassie in cui si trovano, ma la scienza deve ancora comprendere appieno come questi oggetti siano cresciuti fino a diventare così massicci.

La scoperta di buchi neri giganteschi già presenti nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang indica che tale crescita deve essere avvenuta molto rapidamente e molto presto. 

Il telescopio spaziale James Webb sta aiutando gli astronomi a gettare nuova luce sulla crescita dei buchi neri nell’Universo primordiale.

Le nuove osservazioni di Webb hanno fornito prove di una fusione tra due galassie e i loro buchi neri massicci quando l’Universo aveva appena 740 milioni di anni. Il sistema è noto come ZS7.

I buchi neri hanno caratteristiche spettrografiche distintive che permettono agli astronomi di identificarli. Per le galassie molto distanti, come quelle oggetto di questo studio, queste peculiarità sono impercettibili da terra e possono essere osservate solo con Webb. 

“Grazie alla nitidezza senza precedenti delle sue capacità di imaging, Webb ha anche permesso al nostro team di separare spazialmente i due buchi neri”, ha spiegato l’autrice principale Hannah Übler dell’Università di Cambridge nel Regno Unito.

Uno dei due buchi neri ha una massa pari a 50 milioni di volte quella del Sole. “La massa dell’altro buco nero è probabilmente simile, anche se è molto più difficile da misurare perché questo secondo buco nero è nascosto da un gas denso”, ha spiegato Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge che fa parte del team di scienziati che hanno annunciato la scoperta.

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