L’impatto di DART contro Dimorphos, avvenuto il 26 settembre 2022 a 11 milioni di chilometri dalla Terra, non è stata solo la prima missione di difesa del pianeta dalla minaccia di possibili “rocce killer” mai tentata, ma ha anche offerto agli scienziati la preziosa opportunità di studiare i detriti causati dallo scontro e imparare di più sugli asteroidi, relitti del processo di formazione del sistema solare.

La collisione è stata seguita anche dal Very Large Telescope (VLY) dello European Southern Observatory (ESO) in Cile, i cui dati hanno permesso ora la pubblicazione di due studi rispettivamente sulle riviste Astronomy & Astrophysics e Astrophysical Journal Letters.

Il primo studio, guidato da Cyrielle Opitom dell’Università di Edimburgo, descrive l’evoluzione della nuvola di detriti per un mese a partire dal momento della collisione. La nuvola espulsa inizialmente era più blu dell’asteroide. Ciò vuol dire che era formata da particelle molto fini, mentre le strutture che si sono sviluppate nelle ore e nei giorni seguenti (ciuffi, spirali e una lunga coda) erano più rosse, quindi erano costituite da materiale di maggiori dimensioni.

Il secondo studio, guidato da guidato da Stefano Bagnulo dell’osservatorio di Armagh in Irlanda del Nord, ha visto la partecipazione anche di Alberto Cellino dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e ha analizzato come l’impatto con DART abbia modificato la superficie dell’asteroide. Secondo i dati raccolti, l’oggetto celeste è diventato più luminoso subito dopo lo scontro, con due possibili spiegazioni: la collisione potrebbe aver esposto materiale incontaminato e più luminoso rispetto alla superficie, oppure la nuvola di minuscoli detriti che si è prodotta è più efficiente nel riflettere la luce. 

Scomponendo la luce della nube, gli scienziati hanno cercato di analizzarne la composizione chimica, ma non ci sono riusciti. “Sulla Terra succede la stessa cosa quando c’è l’impatto di una meteora, che emette un bel po’ di polvere”, spiega Zuri Gray, ricercatrice dell’Osservatorio di Armagh, “ma a differenza della Terra, non c’è tutta la gravità che tira tutta questa polvere verso il suolo”,  per questo vediamo una grande nuvola di polvere che viene espulsa nello spazio e che avvolge l’asteroide per alcune ore subito dopo l’impatto e “sembra quasi una cometa”.

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