Nel pieno della campagna per le presidenziali Usa colpisce il tempismo della lettera inviata da Mark Zuckerberg, ceo di Meta, al presidente della Commissione Giustizia della Camera dei rappresentanti, il Repubblicano Jim Jordan, in cui si sostiene che, nel 2021, Facebook abbia ricevuto forti pressioni dall’amministrazione Biden per eliminare alcuni contenuti sul Covid-19. Zuckerberg dice di rimpiangere di non aver parlato apertamente prima d’ora di queste azioni del governo nei confronti di quanto pubblicato sui social del suo gruppo.
Un pentimento che arriva a tre anni di distanza, quando ormai il Covid appare lontano, ma suonano sempre più squillanti le sirene degli esperti che avvertono dei rischi di disinformazione e manipolazione dei contenuti online in questo rush finale di campagna elettorale per la presidenza Usa.
“Censura” su Facebook? Zuckerberg si pente (col senno di poi)
Zuckerberg ha scritto di aver ricevuto pressioni che lo hanno portato a eliminare anche altri tipi di post. Per esempio, ha deciso di oscurare un articolo del New York Post in merito ad accuse di corruzione rivolte alla famiglia Biden prima di verificare la veridicità dei contenuti.
Sono stati “errori”, si pente ora l’imprenditore, perché, “col senno di poi, e le nuove informazioni che oggi possediamo, non faremmo le stesse scelte”.
“Ritengo che le pressioni governative siano state sbagliate, e rimpiango di non averle denunciate apertamente”, ha detto Zuck.
Zuckerberg fa un passo indietro o mette le mani avanti?
La Commissione Giustizia ha pubblicato la lettera sulla sua pagina Facebook e sul suo profilo X, definendola un grande passo in avanti per la libertà di espressione e affermando che Zuckerberg ha ammesso che “Facebook ha censurato gli americani”.
La mossa dell’imprenditore miliardario appare come un passo indietro rispetto agli sforzi compiuti per colpire la disinformazione sul Covid durante le presidenziali del 2020, perché, col senno di poi, sarebbe emerso che la rimozione era ingiustificata.
Al tempo stesso, Zuck mette le mani avanti mentre si moltiplicano i moniti degli esperti sul rischio fake news in questi ultimi mesi di campagna elettorale, con i social media che potrebbero essere inondati di contenuti falsi e fuorvianti, soprattutto ora che a crearli c’è anche l’intelligenza artificiale.
Ma l’intervento del ceo di Meta sembra dettato da considerazioni ancora più rilevanti e di natura politica. I bollini verdi all’informazione certificata sul Covid e gli avvisi sotto le notizie non verificate sono stati giudicati dai Repubblicani come un velato appoggio all’amministrazione Democratica. La destra conservatrice tende a considerare le aziende tecnologiche come alleate dei liberali pronte a censurare il dissenso. Ora Zuckerberg sembra volersi riequilibrare verso una sorta di centro neutrale, forse con qualche piccola strizzata d’occhio verso destra – per esempio, ha elogiato la reazione “tosta” di Donald Trump al tentativo di ucciderlo. E il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Jordan, a cui ha inviato la lettera col “mea culpa”, è un alleato storico dell’ex presidente.
Le velate intenzioni politiche del “mea culpa”
Che la lettera di Zuckerberg abbia a che fare con la politica è dimostrato da un altro particolare: il top manager ha affermato…