Il rapporto con la GenAI si evolve e si fa più maturo: pare sia giunto il tempo di un approccio meno emotivo e più strategico. A confermarlo sono almeno tre studi: il primo, di Sda Bocconi School of Management per Assosoftware, rivela fra le altre cose che oltre il 60% delle aziende che fa capo all’associazione di Confindustria dichiara di investire solo tra lo 0 e il 5% del proprio fatturato in intelligenza artificiale, frenata dal bisogno di competenze adeguate e da un atteggiamento di cautela verso la nuova frontiera tecnologica, mentre un’analisi di Capgemini fa emergere la necessità di “rivolgere l’attenzione a ciò che genera realmente valore”. Un report Lucidworks, infine, evidenzia che le stime di spesa per il 2024 sono scese al 63% dal 93% di un anno fa: a preoccupare sono soprattutto i costi di implementazione e i rischi di “allucinazioni” che minerebbero l’attendibilità delle risposte.
Sda Bocconi per Assosoftware: regna la prudenza
Secondo la ricerca “L’Intelligenza Artificiale nei software gestionali” condotta da Sda Bocconi School of Management sulla base di una survey tra le imprese che fanno parte di AssoSoftware, l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende dell’IT che realizzano software gestionali, oltre il 60% delle aziende dichiara di investire solo tra lo 0 e il 5% del proprio fatturato in Intelligenza Artificiale, e appena l’1% destina più del 30% ad applicazioni legate all’AI.
Questa prudenza può essere letta in due modi: da un lato evidenzia la necessità di competenze adeguate, dato che l’adozione dell’AI implica la formazione del personale, l’adattamento dei processi esistenti e la ridefinizione delle strategie di business; allo stesso tempo c’è un tema di incertezza e di complessità nell’applicare le nuove tecnologie che impone di muoversi con cautela per tener conto delle nuove normative e regolamenti, oltre che di inedite questioni di etica, privacy e di sicurezza, mai affrontate prima.
“Lo studio mette anche in luce che, per riuscire a sfruttare appieno le potenzialità dell’AI, non basta accompagnare le aziende e sostenere i lavoratori, soprattutto quelli più giovani, ad affrontare con formazione e strumenti adeguati le sfide della trasformazione digitale – dichiara il Presidente di AssoSoftware Pierfrancesco Angeleri -. Bisogna infatti promuovere lo sviluppo di applicazioni software nazionali che trasferiscano i benefici delle tecnologie AI nelle attività quotidiane, in modo quasi trasparente all’utente. Solo sostenendo le pmi e le startup nazionali attive nel software e nelle nuove tecnologie l’Italia riuscirà a diventare un paese all’avanguardia nel campo dell’AI”.
“La principale preoccupazione delle aziende legata all’impatto dell’AI non è la perdita di lavoro, indicata solo nel 15% dei casi, bensì la dipendenza da strumenti informatici sviluppati in altri Paesi e non trasparenti, che è segnalata da oltre il 60% delle imprese intervistate – aggiunge Severino Meregalli, Associate Professor of Practice di Sda Bocconi School of Management -. Dallo studio emerge in modo chiaro che la complessità dell’AI non può essere governata direttamente dall’utente finale ma deve essere necessariamente intermediata da esperti del settore, quali le software house, che…