All’allarme lanciato da tempo dagli scienziati sui super-batteri, microrganismi resistenti ai farmaci che già oggi provocano circa un milione di morti l’anno, oggi se ne aggiunge un altro legato a un nuovo rischio, altrettanto inquietante: quello per i batteri specchio.
L’appello degli scienziati
Nel loro appello, pubblicato sulla rivista Science e supportato da un rapporto tecnico di 300 pagine, gli esperti osservano che simili microrganismi non sono ancora realtà, ma in futuro potrebbero rappresentare una seria minaccia per la salute globale, perché la loro struttura molecolare a specchio potrebbe non essere riconosciuta dalle difese immunitarie di umani e animali.
Cosa sono i batteri specchio
Stavolta, a chiedere di fermare le ricerche sui batteri specchio sono biologi, genetisti, immunologi, esperti di vita sintetica e biosicurezza. Ci sono perfino ricercatori che hanno lavorato per anni sui batteri specchio: il loro obiettivo era infatti utilizzarli come bio-fabbriche per produrre su larga scala farmaci innovativi che, in virtù della loro struttura molecolare speculare, non vengono eliminati velocemente dall’organismo e dunque possono avere un’azione più efficace contro malattie croniche e difficili da trattare.
“Una potenziale minaccia per la salute globale”
Ora, però, dagli studi emergono nuovi dubbi in merito alla sicurezza di simili microrganismi sintetici perché, se sfuggissero di mano, potrebbero interagire con il resto del mondo in modi imprevedibili e incerti. Le difese immunitarie di esseri umani, animali e piante si basano infatti sul riconoscimento di specifiche forme molecolari presenti nei batteri invasori. Se queste forme fossero speculari, come nei batteri specchio, il riconoscimento sarebbe compromesso e molte difese potrebbero venir meno, lasciando gli organismi vulnerabili alle infezioni.
Inoltre i batteri specchio potrebbero eludere anche i loro predatori naturali, come fagi e protisti: la loro diffusione incontrollata negli ecosistemi finirebbe quindi per esporre esseri umani, animali e piante a un rischio continuo di infezione.
I batteri specchio potrebbero curare le malattie croniche
La ricerca sui batteri specchio mira a sviluppare nuove terapie per malattie croniche e difficili da curare. Finora, gli scienziati hanno creato grandi molecole speculari per studiarle più da vicino. Tuttavia, la realizzazione di un intero organismo specchio va oltre le conoscenze attuali. Un problema centrale è rappresentato dalla sicurezza. Come contenere organismi di questo tipo per evitare disastri ambientali e sanitari? Gli autori del rapporto sono chiari: “A meno che non emergano prove convincenti che la vita “specchio” non rappresenti un pericolo straordinario, crediamo che i batteri specchio non debbano essere creati, nemmeno con misure di biocontenimento ingegnerizzate.” Inoltre, i 38 scienziati chiedono che i finanziatori della ricerca dovrebbero chiarire che non sosterranno tali lavori.
Come prevenire il rischio
Per prevenire una simile minaccia per la salute globale, gli scienziati chiedono di fermare le ricerche sui batteri specchio e di avviare un dibattito pubblico che coinvolga la comunità scientifica globale, i finanziatori delle ricerche e i decisori politici. Nel 2025 si prevede di organizzare vari eventi, anche all’Istituto Pasteur di Parigi, per esaminare i risultati del documento e discutere le misure che possono essere adottate per prevenire i potenziali rischi.
“Sebbene i batteri specchio siano ancora un concetto teorico e qualcosa che probabilmente non vedremo per qualche decennio, abbiamo qui l’opportunità di considerare e prevenire i rischi prima che si presentino”, afferma Patrick Cai dell’Università di Manchester, tra i firmatari dell’appello nonché esperto nel campo della genomica sintetica e della biosicurezza. “Questi batteri potrebbero potenzialmente eludere le difese immunitarie, resistere ai predatori naturali e sconvolgere gli ecosistemi. Aumentando la consapevolezza ora, speriamo di guidare la ricerca in un modo che dia priorità alla sicurezza per le persone, gli animali e l’ambiente”.
Sparkle e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) hanno siglato un protocollo d’intesa per un progetto di ricerca finalizzato all’utilizzo dei cavi sottomarini in fibra ottica per rilevare eventi sismici e altri fenomeni naturali nel Mediterraneo. A siglare l’intesa Carlo Doglioni, Presidente Ingv, ed Enrico Bagnasco, amministratore delegato di Sparkle.
Il protocollo d’intesa suggella una collaborazione già in corso da oltre due anni fra il Gruppo Tim, Sparkle e Ingv. Tra i temi dell’intesa è prevista anche la collaborazione con altri enti che condividono l’attenzione per l’innovazione tecnologica subacquea, primo fra tutti il Polo nazionale della dimensione subacquea (Pns), che ha sede in Liguria a La Spezia, e che riunisce le eccellenze nazionali pubbliche e private operanti nel settore.
Il ruolo del Fiber sensing
Attraverso l’utilizzo di tecniche di fiber sensing è possibile rilevare le vibrazioni meccaniche indotte sulle fibre ottiche dei cavi sottomarini da terremoti, eruzioni vulcaniche e onde anomale in tempo reale e in un ambiente di difficile accesso come il fondale marino.
Le attività condotte finora hanno impiegato il sistema cavo di Sparkle “Mednautilus” che si estende dalla Sicilia lungo il Mediterraneo orientale per una lunghezza totale di 11.000 km, su un fondale che raggiunge i 4.000 m di profondità. Grazie alla sua configurazione ad anello, Mednautilus potrà in futuro offrire anche la possibilità di mappare i movimenti sottomarini in più punti del bacino e quindi localizzare con maggior precisione l’epicentro dei terremoti marini.
Le prime attività sperimentali sono state basate sulla misurazione delle variazioni dello stato di polarizzazione (Sop) dei segnali ottici coerenti che viaggiano sulle fibre ottiche del cavo e che trasportano il traffico digitale. Le nuove sperimentazioni utilizzeranno dati relativi alla fase del segnale e al Sop specifici dei tratti di cavo tra i ripetitori di un cavo sottomarino: questo consentirà di identificare le parti del cavo interessate dalla perturbazione meccanica e di indagarne la propagazione.
Verso una sempre migliore comprensione dei fenomeni naturali
“In quanto ente di ricerca incaricato della sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale in tempo reale, l’Ingv rivolge da sempre una particolare attenzione all’innovazione tecnologica per il progresso della ricerca scientifica”, riferisce Carlo Doglioni, Presidente Ingv. “È per questo motivo che oggi accogliamo con soddisfazione la sigla dell’accordo con Sparkle che potrà contribuire, con le sue tecnologie, a implementare i nostri strumenti per l’osservazione e la sempre migliore comprensione dei fenomeni naturali”.
La leva tlc per migliorare la vita delle persone
“Siamo orgogliosi di collaborare con un’istituzione prestigiosa come Ingv e di mettere i nostri cavi sottomarini al servizio della ricerca in un ambito di indagine così prezioso per la salvaguardia dell’ambiente e delle persone”, ha dichiarato Enrico Bagnasco, amministratore delegato di Sparkle. “Più di cento anni fa come Italcable posavamo il primo cavo transoceanico tra Anzio e Buenos Aires per permettere agli italiani di comunicare con i connazionali emigrati in Argentina. Oggi rinnoviamo questa eredità portando Internet e i servizi digitali in tutto il mondo e spingendo le frontiere delle telecomunicazioni globali oltre la pura connettività per migliorare la qualità della vita…
Incentivo per l’acquisto di prodotti più efficienti ed ecosostenibili
È istituito il Bonus Elettrodomestici, incentivo dedicato all’acquisto di grandi elettrodomestici di elevata efficienza energetica, prodotti in Europa, con la sostituzione contestuale di apparecchi meno performanti.
È quanto prevede una riformulazione alla manovra economica, che prevede un fondo con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro, istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
“La misura mira a tutelare la produzione nazionale sostenendo le famiglie nei consumi e incentivando l’acquisto di prodotti più efficienti ed ecosostenibili. Così coniughiamo sviluppo industriale e transizione green” ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
Il contributo, valido per l’anno 2025, sarà concesso fino al 30% del costo di acquisto, per un massimo di 100 euro per elettrodomestico, elevato a 200 euro per le famiglie con un ISEE inferiore a 25.000 euro. Ogni nucleo familiare potrà richiederlo per un solo elettrodomestico.
Un decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, definirà entro sessanta giorni i criteri e le modalità di erogazione del contributo.
Potrebbe spiegare cos’è la “guerra cognitiva” e in che modo si differenzia dalle forme tradizionali di conflitto? Non si differenzia, ma è complementare all’attività militare cinetica, da sempre. Il generale prussiano Carl von Clausewitz diceva che nel conflitto i mezzi sono inseparabili dalla volontà, perché la guerra è uno scontro di volontà. Dunque, interferire sulla volontà dell’avversario costituisce una chiave fondamentale per il successo. La guerra cognitiva è l’uso dell’inganno per condizionare la volontà del nemico. Oggi la chiamiamo “guerra ibrida”, perché è come se venissero incrociate specie o razze diverse per ottenerne una nuova, ma in realtà l’idea di manipolare in guerra la volontà del nemico è vecchia quanto la guerra stessa. Omero narra di come gli Achei costruirono un cavallo di legno per ingannare le difese dei Troiani ed entrare nella loro città fortificata. Allo stesso modo gli Alleati vinsero la Seconda Guerra Mondiale grazie agli inganni dell’operazione “fortitude”, con cui depistarono Hitler, facendogli credere che lo sbarco in Europa avrebbe avuto luogo in Norvegia e sul passo di Calais, in Francia, anziché sulle spiagge della Normandia, dove avvenne realmente.
La vittoria nella Seconda Guerra è stata conquistata con la guerra cognitiva? Non solo, perché poi sono morti sul campo milioni di soldati, ma le operazioni di depistaggio furono determinanti per il successo degli Alleati, che misero in scena un teatro straordinario di false notizie e dissimulazioni su larga scala. Per ingannare il servizio segreto tedesco i media britannici trasmettevano falsi risultati di calcio e annunci di nozze da parte di truppe dell’inesistente 4° armata britannica, simularono la presenza di armate fittizie, con tanto hangar di aeroplani di legno e carri armati gonfiabili, predisposti per le foto degli aerei spia tedeschi sulle coste meridionali britanniche, gli aerei della RAF lanciarono paracadutisti fantoccio a est ed a ovest della Normandia e l’agente doppio Joan Pujol Garcìa, nome in codice Garbo, trasmise i dettagli del piano d’invasione alleato, facendo credere ai tedeschi che l’invasione in Normandia fosse solo un diversivo. Ingannarono persino i partigiani della resistenza francese, con false informazioni, che gli stessi rivelarono ai tedeschi sotto tortura, quando vennero catturati. Lo sbarco, e quindi la liberazione dell’Europa dal nazismo, riuscì perché i tedeschi credettero nell’inganno.
Quali sono gli obiettivi principali della Cina nella conduzione della guerra cognitiva? “L’inganno è il Tao della guerra”, scrisse ben 2.500 anni fa il generale cinese Sun Tzu nel celebre trattato “sull’Arte della Guerra”. Il pensiero strategico cinese si basa da sempre sull’astuzia e sull’uso dell’inganno perché, secondo Sun Tzu, “il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento, ma sottomettere il nemico senza combattere”. “I 36 stratagemmi” è un antico trattato di strategia militare cinese, che risale presumibilmente alla Dinastia Ming, e che descrive tutta una serie di astuzie da utilizzare in guerra, in politica e nella vita sociale. Il numero 36 non è casuale, perché è sei volte sei. Nell’I Ching, l’oracolo cinese che probabilmente è il libro più antico dell’umanità, il 6 è il numero dello Yin, associato all’oscurità. Gli stratagemmi per ingannare il nemico sono i metodi oscuri della strategia militare. Nel 1996 due colonelli dell’aeronautica militare cinese, Qiao Liang e Wang Xiangsui, pubblicarono un trattato militare sull’arte della guerra asimmetrica, tra terrorismo e globalizzazione, che intitolarono “Guerra senza limiti”, e che ridefinisce in chiave contemporanea questa antichissima tradizione culturale.
In che cosa si differenziano la guerra cognitiva cinese e quella russa? La guerra cognitiva cinese non si differenzia da quella russa nel metodo, nella tattica e nella tecnica, ma nelle fondamenta culturali su cui poggia. Dal punto di vista pratico le operazioni psicologiche russe forse son un po’ più dirette ed aggressive di quelle cinesi, ma nella sostanza non vedo grandi differenze operative. La differenza principale sta nel pensiero strategico alla base della guerra cognitiva, perché quello Russo è più europeo che asiatico, e quindi più lineare, euclideo, come il gioco degli scacchi, mentre quello orientale è circolare, aggira gli ostacoli e riempie gli spazi vuoti come l’acqua, si basa sull’accerchiamento, come il gioco strategico da tavolo WeiQi, che è vecchio quanto l’Arte della guerra di Sun Tzu.
Quali sono le strategie e le tecnologie principali utilizzate dalla Cina nella guerra cognitiva? Pensare al WeiQi aiuta a comprendere proprio questo aspetto, perché si tratta di un gioco complesso e sfiancante, tanto che, ad oggi, nessun sistema computerizzato è in grado di giocarlo in modo soddisfacente, a differenza degli scacchi. La finalità strategica di questi ultimi è l’annientamento dell’esercito avversario e la conquista del campo centrale, determinato dalla paralisi del re nella mossa dello “scacco matto”, con una dinamica medioevale che evoca soldati, alfieri, cavalieri, torri, regine e re. È una rappresentazione vestfaliana di eserciti e di stati che reclamano il loro spazio territoriale, per cui la vittoria dev’essere totale, come la sconfitta. Nel Wei-Qi si tende invece a minimizzare strategicamente le mosse, e non si punta all’annientamento o alla conquista esibita, ma all’accerchiamento dell’avversario. Il goban è una tavola da gioco a griglia, articolata in 19 linee orizzontali e verticali, che può sembrare una scacchiera, ma offre molte più possibilità di movimento; la vittoria finale non è determinata dalla capitolazione dell’avversario, ma dalla colonizzazione dello spazio complessivo, calcolandone il punteggio, senza necessariamente puntare alla consunzione totale dello sfidante. Rappresenta bene il pensiero strategico cinese, perché persegue il potere adottando tattiche meno assolute e più sfumate rispetto agli scacchi, più lunghe nella durata ed ambigue negli esiti.
Quali sono i principali obiettivi della guerra cognitiva cinese? L’obiettivo è sempre il potere politico, ma invece di colpirlo direttamente può essere più efficace aggirarlo ed attaccarlo indirettamente, colpendo l’opinione pubblica, da cui il potere politico dipende, nelle democrazie occidentali. In Occidente se l’opinione pubblica si convince di qualcosa, la classe politica ne deve tenere necessariamente conto. Dal punto di vista cinese la democrazia liberale è il punto debole dell’Occidente, perché la sovranità appartiene al popolo, come recita la nostra Costituzione, ed il popolo è incapace di pensieri strategici di grande respiro. La sovranità popolare, che per noi è la forza della democrazia, di cui siamo orgogliosi, per i cinesi è la nostra debolezza. Il fatto che il potere politico non sia controllato da una ristretta élite, esclusiva e ben selezionata, secondo il loro punto di vista, costringe la politica nel recinto della convenienza di breve periodo, rendendola incapace di visione e di prospettive di lungo termine, che richiedono la capacità di programmare obiettivi lontani e differiti nel tempo.
E come manipolano l’opinione pubblica per condizionare il potere politico democratico? In due modi: con i contenuti che formano opinioni e con quelli che disgregano e basta. Paradossalmente il successo massimo della guerra cognitiva non è modificare il pensiero del nemico, ma distruggerlo. Per comprendere questa strategia basta guardare alla differenza tra i contenuti veicolati da TikTok in Occidente e quelli veicolati in Cina. Il social network cinese, che è controllato direttamente dalla società ByteDance,e indirettamente dall’Esercito di liberazione popolare, quindi dal Partito Comunista e dal governo cinese, non funziona come nelle altre parti del mondo. Perché? È ovvio, perché il Partito Comunista non vuole che il popolo cinese sia sottoposto agli stessi stimoli neuronali che hanno pensato per noi occidentali. In Cina l’algoritmo non premia persone che fanno stupidi balletti o giocano con il cane, ma tende a diffondere i contenuti che le autorità cinesi vogliono che i cittadini, specialmente i più giovani, osservino. Il ruolo di TikTok in Cina è formare la coscienza delle giovani generazioni, gli utenti cinesi sono spinti a pensare che studiare ingegneria sia cool, mentre la versione occidentale di TikTok contribuisce ad abbassare il livello culturale degli utenti, viralizzando contenuti ipnotici di pochi secondi, senza alcun valore sociale, utili solamente a rimbecillire chi li guarda di continuo.
Quindi la tattica della guerra cognitiva si basa sulla manipolazione dell’opinione pubblica per mezzo dei social network? In realtà si tratta più che altro di una specie di acceleratore, o di catalizzatore, che sviluppa il lato peggiore di noi. In Oriente il nostro individualismo e il nostro liberalismo sono visti come forme di narcisismo egoista, generatori di vizi, contrari alla coesione sociale. Il confucianesimo imprigiona l’azione dell’uomo all’interno della società, proprio per addomesticare le sue passioni, e correggerne i naturali difetti. Senza la guida ferma dello Stato sulla società, secondo i cinesi prevarrebbe l’egoismo individualistico ed il popolo non avrebbe progetti collettivi, perché ciascuno guarderebbe solamente al proprio interesse immediato. Il popolo, secondo questa visione oligarchica, non ha le conoscenze e le competenze necessarie all’arte del governo, in una prospettiva di lungo periodo. La primazia del potere burocratico risale ai tempi della Cina imperiale, quando il mongolo Kublai Khan, il nipote di Gengis Khan che unificò la Cina, fu messo a sedere sul trono imperiale, come racconta Marco Polo, ma non poteva governare realmente l’impero, perché il potere reale restava nelle mani dei mandarini, che conoscevano e padroneggiavano la complessa macchina burocratica imperiale.
Questo è vero anche nella Cina contemporanea, che si definisce una Repubblica Popolare? Certo! Dopo la Lunga Marcia e la rivoluzione maoista la Cina ha sostituito l’imperatore con il Partito Comunista, ma l’architettura e la grammatica del potere imperiale sono rimaste più e meno le stesse. Nella logica imperialista la guerra cognitiva è un’arma fondamentale per sedurre, indebolire e rendere subalterno e tributario chiunque stia attorno al Celeste Impero. È un mix di soft e sharp power, che attira e sottomette chi viene conquistato dal sistema economico governato da Pechino, con la promessa di grandi opportunità future. Non serve occupare con i carri armati un territorio per conquistarlo, basta accerchiarlo economicamente e convincerlo che è nel suo interesse sottomettersi: questo è il punto di forza della strategia cinese, che integra infowarfare, cyberwarfare e guerra economica in una visione olistica, totale, senza limiti.
Quali sono i rischi e le implicazioni della guerra cognitiva cinese per le democrazie occidentali? La situazione a me pare molto chiara: la guerra psicologica è finalizzata ad indebolire l’Occidente e conquistare spazio nella competizione geopolitica globale, scalzando la potenza dominante, che oggi sono gli Stati Uniti d’America. Dobbiamo ammettere che si tratta di un’ambizione legittima, per una grande potenza economica che rappresenta un miliardo e duecento milioni di persone, anche se a noi non piace, perché confligge con i nostri interessi, e quindi dobbiamo difenderci. Numericamente i cinesi sono più degli Europei e Nordamericani messi insieme, ma sanno che per aumentare il loro peso politico nel nuovo Ordine Mondiale hanno bisogno di molti alleati subalterni. Come nel gioco WeiQi, la Cina occupa gli spazi vuoti e costruisce una strategia di accerchiamento, investe per produrre convenienze e dipendenze di Paesi più poveri, costruisce infrastrutture in Asia, in Africa e in America Latina e manipola l’opinione pubblica con la guerra psicologica. Questa è la minaccia, i rischi dipendono dalle misure che vengono adottate per limitarla. Se non si comprende la minaccia, o non si fa nulla per limitarla, i rischi sono molto elevati. Se invece la si affronta con lucidità e consapevolezza, credo che il rischio di cadere nella trappola non sia molto alto.
Tra gli studiosi di strategia e d’intelligence si parla di un “salto di qualità” della guerra cognitiva, cinese: la guerra cognitiva algoritmica. Cos’è? È l’introduzione nella guerra cognitiva di tecnologie nuove: del supercalcolo e degli algoritmi analitici di nuova generazione per analizzare i big data, dell’intelligenza artificiale generativa per produrre contenuti in modo mirato e massivo. Si tratta di un cambiamento dirompente: più che un salto di qualità, direi che è una nuova frontiera, che affida alle macchine il compito di produrre disinformazione in maniera più efficace e potente che mai. Oggi è possibile generare automaticamente contenuti digitali falsi, ma verosimili e convincenti, introdurli in rete a sciami, ed indirizzarli in modo mirato su target analizzati sulla base dei loro dati. I feedback sui like e le condivisioni dei contenuti postati insegnano all’AI come migliorare quelli che produce, migliorando il potere di convinzione delle macchine. Nel cyberspazio, che è un mondo dominato dagli algoritmi, il contenuto più convincente vince.
Come sfrutta la Cina i social media e le piattaforme online per diffondere propaganda e disinformazione? In Romania le elezioni sono state annullate dalla Corte Costituzionale perché, secondo i documenti dei servizi segreti, a sostegno del candidato sovranista filorusso Georgescu ci sarebbe stato un “attore statale”, cioè la Russia, che avrebbe condizionato le elezioni con brogli ed irregolarità. I documenti declassificati rivelano una vasta operazione d’influenza elettorale orchestrata attraverso i social media, in particolare da TikTok. L’alleanza tra Russia e Cina si concretizza in questo, i dati raccolti da milioni di account permettono di profilare gli utenti e d’indirizzare contenuti manipolativi personalizzati. Non si tratta di qualcosa che si potrebbe fare in teoria, ma della guerra cognitiva che avviene nella realtà. Prima ce ne rendiamo conto e meglio possiamo proteggerci, perché molto presto anche noi dovremo fare i conti con questa nuova arma. Non esiste, nella storia dell’umanità, un’arma che sia stata inventata e non sia stata impiegata. Non vedo la ragione per cui non dovrebbe accadere anche questa volta.
In Italia quanto siamo consapevoli, a livello di opinione pubblica, di questa guerra ibrida? Quali potrebbero essere le contromisure? Non so rispondere, ma temo che lo siamo pochissimo. Gli unici che non sanno proprio nulla dell’acqua sono i pesci, che vi sono immersi. Noi siamo immersi nella società della disinformazione, ed ogni giorno siamo bersagliati da stimoli emotivi ingannevoli, per produrre in noi sentimenti di sfiducia, di rabbia, di rancore sociale, di odio. Senza dubbio questi sentimenti sono in aumento, e la disinformazione ne è una causa. Ma non ce ne rendiamo conto. Mark Twain diceva che è più facile ingannare la gente che convincerla che è stata ingannata. La manipolazione funziona bene quando la vittima che viene manipolata non crede di esserlo, ma pensa di aver maturato autonomamente e liberamente le proprie idee e convinzioni. Rendere consapevoli le persone del fatto che ci sono paesi stranieri che investono tante risorse per condizionare quello che pensiamo, rendere quindi palese e manifesta la minaccia, significa ridurre il rischio. Per questo la mia opinione è che l’educazione sia la miglior contromisura. Insegnare alle persone come funzionano le cose, come possiamo essere facilmente manipolati e portati a credere ciò che serve ad altri, produce già degli anticorpi.
*Professore a contratto all’Università di Bologna dal 2022, svolge le sue ricerche nell’ambito degli studi strategici relativi alla sicurezza nazionale. Gli interessi di ricerca sono rivolti in particolare alle metodologie e tecniche di intelligence, alla prevenzione ed al contrasto del terrorismo, alle Psy Ops nell’ambito della guerra dell’informazione ed alla sicurezza nel dominio cyber.
Formazione
Laureato in scienze politiche presso l’Università di Bologna 110/110, ha conseguito poi il titolo al Corso IASD (alta formazione e professionalizzazione della dirigenza militare e civile della Difesa e del Corpo della Guardia di Finanza, di Ufficiali di Paesi Alleati), presso il Centro di Alti Studi della Difesa; Corso Civilian Aspects of Crisis Management , certificato presso l’European Security and Defence College; il Master II livello in Strategia globale e sicurezza, Suiss Torino (SUISS – Struttura Didattica Speciale interdipartimentale in Scienze strategiche – Scuola di Applicazione d’Esercito italiano – università di Torino), 110/110 e lode; il Corso di perfezionamento in intelligence e sicurezza nazionale, CSSII, Università di Firenze.
Attività didattica
Dal 2006 al 2015 ha svolto con continuità attività di docenza come titolare di vari insegnamenti presso la facoltà di sociologia, dipartimento di scienze della comunicazione, studi umanistici e internazionali: storia, cultura, lingua, letterature, arti, media, Università Carlo Bo di Urbino.
2015- 2022 ha tenuto lezioni in materia di intelligence e sicurezza nazionale presso, UNICAL, Link Campus University, SIOI, Lumsa, Unifi, Scuala Analisti di intelligence delle FF.AA).
Premi e riconoscimenti
2021 – Premio letterario Francesco Cossiga, per il manuale di intelligence, nell’ambito del convegno promossa da Federsicurezza “Il disordine internazionale a 20 anni dall’11 settembre”. I edizione, Sorrento
Ricerca rivoluzionaria nel campo della tecnologia delle comunicazioni ottiche da parte di Ibm. I ricercatori hanno sperimentato un nuovo processo per l’ottica co-packaged (Cpo), la tecnologia ottica di prossima generazione, che permetterà di connettere i data center alla velocità della luce tramite componenti ottici a complemento degli attuali cavi elettrici a corto raggio. In pratica, la nuova tecnologia potrebbe migliorare drasticamente il modo in cui i data center addestrano ed eseguono i modelli di AI generativa.
Avendo progettato e assemblato il primo esempio funzionante di guida d’onda ottica in polimero (Pwg), i ricercatori Ibm hanno dimostrato come la tecnologia Cpo ridefinirà il modo in cui l’industria informatica trasmetterà dati tra chip, schede di circuiti e server con un’elevata larghezza di banda.
La tecnologia attuale
Oggi, la tecnologia in fibra ottica trasporta i dati ad alta velocità su lunghe distanze, gestendo quasi tutto il traffico commerciale e delle comunicazioni del mondo tramite luce anziché elettricità. Sebbene i data center utilizzino la fibra ottica per le loro reti di comunicazione esterne, i rack continuano ad utilizzare principalmente cavi elettrici in rame per le comunicazioni interne. Questi cavi collegano gli acceleratori di Gpu, i quali possono rimanere inattivi per più della metà del loro ciclo di vita in attesa di ricevere i dati durante l’addestramento dei modelli distribuito su larga scala, comportando spese e consumi di energia significativi.
La nuova frontiera: connettività ottica nei data center
I ricercatori Ibm hanno dimostrato un modo per portare la velocità e la capacità dell’ottica all’interno dei data center. In un articolo scientifico, appena pubblicato in versione preliminare su arXiv, Ibm presenta un nuovo prototipo di un modulo Cpo in grado di abilitare la connettività ottica ad alta velocità. Questa tecnologia potrebbe aumentare in modo significativo la larghezza di banda delle comunicazioni dei data center, riducendo al minimo i tempi di inattività delle Gpu e accelerando drasticamente i processi di AI. Questa innovazione nel campo della ricerca, come descritto nell’articolo, consentirebbe di ridurre i costi per scalare l’AI generativa grazie a una diminuzione del consumo energetico di oltre 5 volte rispetto alle interconnessioni elettriche di fascia media, estendendo al contempo la lunghezza dei cavi di interconnessione dei data center da un metro a centinaia di metri; addestrare più rapidamente i modelli di AI, consentendo agli sviluppatori di creare un Large Language Model (Llm) fino a cinque volte più velocemente con la Cpo rispetto a quanto sarebbe possibile con il cablaggio elettrico convenzionale. La Cpo potrebbe ridurre il tempo necessario per addestrare un Llm standard da tre mesi a tre settimane, con un aumento delle prestazioni grazie all’utilizzo di modelli più grandi e di un maggior numero di Gpu; aumentare drasticamente l’efficienza energetica dei data center, con un risparmio energetico equivalente al consumo annuo di 5.000 abitazioni statunitensi per ogni modello di AI addestrato.
Verso una nuova era di comunicazioni
“Poiché l’AI generativa richiede più energia e potenza di elaborazione, il data center deve evolversi e l’ottica co-packaged può rendere questi data center adatti alle esigenze future”, ha…
Progetto strategico e con significativi impatti occupazionali
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, attraverso l’ente gestore Invitalia, ha accolto la richiesta di proroga presentata dalla società SoliTek Industry per l’attuazione del Contratto di Sviluppo sottoscritto a maggio 2023, in considerazione della strategicità del progetto e dei significativi impatti occupazionali che ne deriveranno, con l’assunzione a regime di oltre 300 nuovi dipendenti. L’annuncio giunge a seguito dei confronti avuti nei giorni scorsi dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, e alcuni parlamentari campani, durante i quali il tema era stato al centro del dibattito.
L’investimento presentato da SoliTek prevede la realizzazione di un nuovo impianto a Benevento destinato alla produzione di pannelli fotovoltaici, nonché alla produzione, al trattamento e al riciclo di batterie. Il differimento dei termini, richiesto dalla proprietà a fine novembre, si è reso necessario a causa di difficoltà impreviste nel reperimento dell’immobile destinato all’investimento e nella finalizzazione dei finanziamenti bancari.
L’azienda lituana ha rassicurato i tecnici di Invitalia e gli uffici del Mimit, comunicando di essere impegnata nella risoluzione delle problematiche emerse. Ha inoltre annunciato l’intenzione di presentare variazioni progettuali, che saranno esaminate da Invitalia, in qualità di soggetto gestore della misura, per verificarne la coerenza con il progetto originale.
Una “telecamera oculare” installata nella regione di Ballymaconnell a Bangor, Irlanda del Nord, ha mostrato meteore che attraversavano il cielo notturno come parte della stagione delle piogge di meteore Geminidi.
Le Geminidi, note per le loro “meteore lente”, si verificano ogni anno a dicembre e in genere raggiungono il picco tra il 4 e il 16 dicembre. La pioggia ha raggiunto la sua massima intensità nel fine settimana del 14 dicembre, secondo il Royal Observatory Greenwich.
La web tax estesa anche alle Pmi, senza limiti di fatturato, non farà parte della manovra finanziaria per il 2025, in esame in queste ore alla commissione Bilancio della Camera. L’emendamento per l’allargamento della platea delle aziende interessate dalla misura, infatti, è stato accantonato durante la seduta della Commissione Bilancio della Camera, proprio come era stato richiesto dai rappresentanti, all’interno della maggioranza, di Forza Italia.
La soddisfazione di Confimprenditori
“Accogliamo con grande soddisfazione la decisione della maggioranza di governo di non estendere la webtax alle piccole e medie imprese. Questa scelta rappresenta un importante segnale di attenzione verso le Pmi, le startup e la libera editoria”, afferma Stefano Ruvolo, presidente di Confimprenditori.
“Grazie all’intervento di Forza Italia, e in particolare del presidente Maurizio Gasparri -prosegue Ruvolo – è stato possibile evitare un provvedimento che avrebbe gravemente penalizzato le piccole imprese italiane, riducendo la loro capacità di innovare e competere in un mercato già estremamente complesso. Siamo anche certi che una tassa del genere non sarebbe mai stata pensata dalla Lega di Umberto Bossi, che una volta era il partito delle Pi. Adesso vigileremo affinché alle parole facciano seguito i fatti”.
L’idea degli uffici del ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, era quella di eliminare le soglie di fatturato sotto alle quali la web tax non è dovuta. Oggi, ad essere soggetti al pagamento della web tax con aliquota al 3% sono le imprese che realizzano ovunque nel mondo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare complessivo di ricavi di almeno 750 milioni di euro a livello globale e che percepiscono un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiore 5,5 milioni in Italia. Eliminando entrambi questi tetti, l’imposta sarebbe di fatto stata estesa a tutti gli operatori del settore.
Gli allarmi e le preoccupazioni
Contro la proposta del Mef si era subito registrato un forte movimento di protesta nel mondo delle aziende. È il caso ad esempio di Netcomm, che ha parlato di una “Misura che rischia di impoverire l’Italia”, e di diversi player anche nel mondo dell’informazione, con Fieg ed Fnsi che hanno paventato i rischi per l’occupazione anche nell’editoria.
“Con l’estensione della platea dei contribuenti l’epilogo della web-tax è paradossale – denunciava l’associazione degli editori – si colpiscono tutte le imprese digitali italiane, sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web”.
Proseguono i confronti in vista del tavolo convocato al Mimit il 17 dicembre
Il contesto attuale del settore automobilistico a livello nazionale ed europeo, la situazione e il futuro degli stabilimenti italiani del gruppo Stellantis e dell’indotto, lo stato della trattativa in Europa sulle proposte di revisione contenute nel “non paper” promosso dal Governo italiano: questi i temi al centro dei colloqui telefonici avuti nelle scorse ore dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con i segretari generali delle organizzazioni sindacali Maurizio Landini (CGIL), Luigi Sbarra (CISL), Pier Paolo Bombardieri (UIL) e Paolo Capone (UGL).
Il confronto con le forze sindacali, in preparazione del tavolo Stellantis convocato al Mimit per il prossimo 17 dicembre, fa seguito ai recenti colloqui sul tema avuti nei giorni scorsi dal ministro Urso con l’ANFIA, la Confindustria e con i presidenti delle Regioni in cui hanno sede gli stabilimenti italiani del gruppo.
Futuro24: nuovi progetti ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN
Entriamo nelle strutture alle porte di Roma dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, dove si sviluppano nuovi acceleratori e si dà a caccia alla materia oscura
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