di Irene Soave
Andrey Melnichenko, re dei fertilizzanti e del carbone, classe 1972, è tra i più giovani miliardari russi. Secondo la Ue, che lo ha incluso nelle nuove sanzioni, «è membro della cerchia più ristretta di Vladimir Putin»
Quando nel 1992 Boris Eltsin distribuiva a tutti i cittadini russi i «voucher» con cui il patrimonio pubblico russo sarebbe stato privatizzato — un’invenzione da cui poi nacquero quelli che oggi chiamiamo «oligarchi», che presto li avevano comprati a man bassa — Andrej Igorevic Melnichenko aveva appena vent’anni. Non partecipò direttamente alla razzia dei voucher: eppure oggi è uno degli oligarchi più ricchi, e dei più giovani. È lui il proprietario dell’imbarcazione a vela più grande al mondo, lo Sy/A progettato da Philippe Stark e sequestrato nelle scorse ore al porto di Trieste in applicazione delle sanzioni per la guerra di Ucraina (leggi qui gli ultimi aggiornamenti). Tra i suoi beni, che condivide con la moglie ex modella Aleksandra, serba, sposata con una cerimonia da 35 milioni di dollari in cui avevano cantato Whitney Houston e Christina Aguilera, ci sono anche due Ninfee di Monet e una collezione «inestimabile» di mobili settecenteschi da tutta Europa. Oltre a uno yacht a motore gemello di quello sequestrato, sempre disegnato da Philippe Stark: il My/A. Secondo un vecchio articolo di Bloomberg, queste barche hi-tech «riflettono l’occhio per l’innovazione che ha reso Melnichenko uno dei miliardari più giovani del suo Paese».
Ecco come. All’epoca delle privatizzazioni, Melnichenko lasciò l’università: era stato ammesso appena l’anno prima alla prestigiosissima facoltà di Fisica dell’Università statale di Mosca; figlio di due insegnanti, aveva avuto una borsa di studio completa, per merito. Fiutando il vento, però, aveva subito mollato gli studi di Fisica, per aprire una catena di cambiavalute e di negozi di informatica insieme a due compagni di corso. Dopo i primi 50 mila dollari di utile, i tre chiedono e ricevono una licenza per l’esercizio dell’attività bancaria, e fondano la banca Mdm, che presto diventa tra le maggiori banche commerciali e d’investimenti in Russia. Mdm si espande acquisendo una banca regionale dopo l’altra, fino ai primi anni Duemila; nemmeno in questa fase partecipa alle privatizzazioni dell’epoca post-Sovietica e Melnichenko, che nel frattempo ne è il solo azionista ed è rientrato all’università, laureandosi in Finanza nel 1997, la guida attraverso la feroce crisi finanziaria russa del 1998 mantenendola lontana dai bond governativi e dalle politiche creditizie espansive che avevano rovinato altri istituti.
La svolta avviene nel 2000, quando Melnichenko trasforma una parte di Mdm in Mdm Group, un colosso degli investimenti industriali in tre settori: produzione di gasdotti, carbone e fertilizzanti. Lo fa acquisendo una cinquantina di aziende in disgrazia, soprattutto nel settore energetico e minerario, non toccato ancora — e ancora in questa distanza dai beni ex statali è la chiave del successo di Melnichenko — dall’influenza politica che dominava già altri settori. Quasi nulla, degli asset comprati da Melnichenko, era di provenienza statale.
Ora l’Unione Europea lo ha incluso in una nuova bordata di sanzioni. «Industriale russo, proprietario del colosso EuroChem Group e della compagnia carbonifera Suek», recita la gazzetta ufficiale dell’Unione. «Melnichenko fa parte del circolo di uomini d’affari più influenti in Russia, con strette relazioni con il governo. Pertanto è coinvolto in settori economici che procurano una cospicua fonte di reddito al governo russo, responsabile della destabilizzazione dell’Ucraina». Melnichenko, si legge ancora, «ha incontrato il presidente Putin e altri membri del governo russo per discutere l’impatto delle sanzioni occidentali: il fatto che, insieme a soli altri 35 uomini d’affari, sia stato invitato a questa riunione, mostra che è un membro della cerchia più ristretta di Vladimir Putin, e che sostiene le azioni (…) contro l’Ucraina».
12 marzo 2022 (modifica il 12 marzo 2022 | 15:31)
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