Più risorse per il mercato italiano del venture capital: prende il via FoF VenturItaly II di Cdp Venture Capital Sgr, il nuovo fondo di fondi che investe in gestori di Vc nazionali. Con target di raccolta di 500 milioni di euro e dimensione massima fissata a 700 milioni, FoF VenturItaly II concentrerà la propria azione su fondi dedicati all’investimento in imprese a elevato tasso di innovazione in tutti i settori tecnologici, inclusi quelli di interesse strategico nazionale tra cui, ma non solo, transizione energetica, aerospazio, salute e agritech.
Il primo closing vale già 475 milioni ed è stato sottoscritto dagli anchor investor Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) per un importo di 375 milioni (attraverso il fondo istituito tramite decreto interministeriale del 26 luglio 2022 che disciplina le modalità di investimento delle risorse stanziate del decreto-legge 121 del 2021 in materia di sostegno al venture capital), e da Cdp Equity (Gruppo Cdp) per ulteriori 100 milioni.
Grazie a queste risorse FoF VenturItaly II è già operativo.
FoF VenturItaly II: più risorse per l’innovazione
Il nuovo fondo dei fondi è promosso da Cdp Venture Capital in continuità con il predecessore FoF VenturItaly, prima iniziativa di fondo di fondi lanciata nel 2020 che ha completato con successo l’attività di allocazione su 19 fondi di venture capital italiani, di cui oltre la metà gestiti da team di nuova generazione. Significativo è l’effetto leva generato sul mercato, pari a 3 volte le risorse sottoscritte da Cdp Venture Capital nei fondi sottoscritti, essendo tali fondi target riusciti ad attrarre un’ampia base di investitori.
Il nuovo FoF VenturItaly II sarà gestito dai due Responsabili Simona Corno e Roberto Parrella, all’interno team di investimento che si occupa di attività di fondi di fondi in Cdp Venture Capital guidato dalla Senior partner Cristina Bini.
“La solidità dell’infrastruttura finanziaria del venture capital passa soprattutto attraverso la presenza di una pluralità di gestori che possano garantire visione di lungo periodo alle nuove imprese innovative e dalla creazione dei campioni nazionali a livello internazionale. In questo settore, l’intervento di Cdp Venture Capital ha generato finora un processo virtuoso sul mercato, con FoF VenturItaly, creando addizionalità tra risorse pubbliche e private a disposizione dei gestori nazionali e allo stesso modo stimolando anche l’intervento di operatori esteri al fianco degli italiani nel finanziamento di aziende tech, attraverso l’azione del FoF Internazionale”, commenta Agostino Scornajenchi, Amministratore delegato e direttore generale di Cdp Venture Capital.
Il nuovo piano industriale di Cdp Venture Capital
In continuità con questa strategia, Cdp Venture Capital ha orientato parte degli obiettivi del Piano industriale 2024-2028, allocando 3,3 miliardi di euro su investimenti di tipo “indiretto”, ha indicato ancora l’Ad Scornajenchi, a supporto di fondi di venture capital di terzi generati dalla nascita di nuovi operatori del venture capital e di sostegno agli esistenti.
Cdp Venture Capital è una Sgr partecipata al 70% di Cdp Equity e al 30% da Invitalia. Investe sulla nuova generazione di imprenditori, per riconquistare il ruolo propulsivo in tutti i campi creativi dell’economia italiana, della scienza e della…
Composto da membri del consiglio e dirigenti, fra cui il Ceo Sam Altman, il Safety and Security Committee avrà 90 giorni per valutare i processi e le misure di salvaguardia relative allo sviluppo avanzato dell’AI e consulterà anche esperti esterni. Svilupperà inoltre raccomandazioni per potenziali miglioramenti e i risultati saranno presentati all’intero consiglio di OpenAI prima di essere resi pubblici. “Accogliamo con favore un forte dibattito in questo momento importante”, scrive OpenAI in un post ufficiale.
Al via l’addestramento di Gpt-5
OpenAI ha intanto iniziato l’addestramento del nuovo modello di AI generativa che dovrebbe essere chiamato Gpt-5 e che avvicinerebbe la tecnologia all’Agi, un’intelligenza artificiale generale in grado di raggiungere un livello di comprensione e ragionamento simile a quello umano o addirittura superiore.
La formazione del nuovo comitato di sicurezza arriva sulla scia delle recenti fuoriuscite di dirigenti che hanno alimentato preoccupazioni sulle priorità di sicurezza di OpenAI. E’ andato via Jan Leike che è stato subito cooptato dalla rivale Anthropic ma anche Ilya Sutskever, uno dei dirigenti che a novembre scorso mise in discussione il ruolo di Sam Altman. Nei giorni in cui i manager hanno lasciato, è anche scoppiata la polemica tra Scarlett Johansson e OpenAI: l’attrice, diventata un simbolo dell’IA dopo il film Her, ha acusato la società di aver clonato la sua voce per la nuova versione di ChatGpt.
Anche Altman fra gli aderenti al Giving Pledge
Sam Altman e il marito Oliver Mulherin, intanto, hanno aderito al Giving Pledge, l’appello lanciato da Warren Buffett e Bill Gates ai Paperoni d’America a destinare almeno il 50% dei propri averi a iniziative filantropiche. In una lettera aperta Altman e Mulherin rendono omaggio al “duro lavoro, la genialità, generosità e dedizione per migliorare il mondo di molte persone che hanno costruito l’impalcatura della società che ci ha permesso di arrivare fin qui”.
Buffett e Gates avevano avuto l’idea del Giving Pledge nel 2009 durante una cena top secret a New York con il sindaco della Grande Mela Michael Bloomberg e la star della tv Oprah Winfrey. Valutato all’epoca 47 miliardi di dollari, Buffett aveva dato l’esempio impegnandosi a liquidare prima della morte il 99% del suo capitale donandolo in opere di beneficenza. Il tutto si era poi concretizzato l’anno dopo in un vertice newyorchese della filantropia complice anche il finanziere David Rockefeller. Da allora le adesioni si erano moltiplicate: tra i tanti avevano sottoscritto l’impegno George Lucas, Ted Turner e, una decina di anni fa, il ceo di Apple Tim Cook, quest’ultimo pronto a donare i suoi averi in beneficenza, dopo aver provveduto a tutte le spese per l’educazione di un nipotino.
Altman sarebbe valutato almeno due miliardi di dollari grazie a investimenti in startup e nella piattaforma Reddit. Il Giving Pledge non è un contratto legalmente vincolante: è piuttosto un impegno morale da parte dei…
Nasce a Milano la prima Public Cloud Local Zone di OvhCloud. Grazie all’acquisizione di Gridscale, detentore di una tecnologia innovativa, il Gruppo è ora in grado di garantire la disponibilità di servizi cloud in poche settimane, al servizio di nuove sedi internazionali. Oltre alle Local Zone precedentemente aperte a Bruxelles e Madrid, la nuova Local Zone di Milano offre ai clienti italiani nuove opzioni di accesso ai servizi di Public Cloud del Gruppo, con una latenza ridotta e una residenza locale dei dati. Nel pieno rispetto delle normative europee in materia di sovranità digitale e sicurezza, la nuova Local Zone si adatta alle rigorose politiche di sicurezza di settori critici come quello finanziario, bancario e governativo.
“La disponibilità odierna della Local Zone di Milano segna una data fondamentale negli investimenti di OVHcloud in Italia. D’ora in poi i clienti italiani potranno usufruire della Local Zone per contare su servizi ancora più sicuri, veloci ed efficienti per supportare il business a livello locale e la trasformazione digitale nell’ecosistema tecnologico italiano”, ha dichiarato John Gazal, Vice Presidente Sud Europa e Brasile di OvhCloud.
I benefici dell’Open & Trusted Cloud
La nuova Local Zone di Milano di OVHcloud offre ai clienti italiani il vantaggio dell’Open & Trusted Cloud del Gruppo e i benefici della residenza dei dati. Con una maggiore vicinanza al luogo in cui sono generati, richiesti e accessibili attraverso il Cloud, i clienti sono sicuri che i loro dati rimarranno entro i confini geografici regolamentati dalle normative locali o dalle politiche di sicurezza. Questo aspetto è particolarmente importante in settori quali la consulenza, i servizi finanziari e la sanità.
Le Local Zone assicurano anche una migliore latenza: ciò significa che i workload con servizi sensibili alla latenza, come l’analisi in tempo reale, i siti web di e-commerce, le Content Delivery Network (Cdn) per il replay e lo streaming di video, nonché il Cloud gaming, beneficeranno di tempi di risposta più rapidi, offrendo una migliore esperienza all’utente. Per la maggior parte dei clienti, le Local Zone di OvhCloud offrono latenze al millisecondo, consentendo casi d’uso come il Cloud gaming ad alte prestazioni con ritardi minimi.
Fino a 150 Local Zone entro il 2026
Le organizzazioni possono ora beneficiare delle funzionalità di Local Zone Public Cloud, tra cui Compute, Block Storage e Networking, compreso l’IP pubblico locale. Ulteriori servizi saranno rilasciati nei prossimi mesi grazie a un modello di sviluppo iterativo. I clienti potranno accedere in futuro a funzionalità quali Object Storage e Managed Rancher Service per la gestione Kubernetes multi-cloud.
Nel contesto di un mercato Cloud in crescita a livello globale, OVHcloud ha definito un piano di implementazione ambizioso per soddisfare la domanda di servizi Cloud nelle aree geografiche esistenti e in quelle nuove. Con l’obiettivo di aprire fino a 150 Local Zone entro il 2026, il Gruppo ha già inaugurato le region di Milano, Madrid, Bruxelles, Marsiglia e Dallas a cui seguiranno presto anche Amsterdam e Praga.
Disponibile da subito, la Local Zone di Milano è aperta e i clienti possono eseguire ed esporre…
I progetti 5G in Italia sono bloccati per i troppi veti dei Comuni: la Corte dei Conti, nella sua “Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)” (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO), ha inserito il Piano Italia 5G tra i programmi in difficoltà. Infatti, il Dipartimento per la trasformazione digitale (DTT) e il sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti stanno studiando con Inwit, Tim e Vodafone la copertura di aree alternative a quelle dove i permessi sono fermi.
Il quadro della situazione è ben descritto dall’ultimo aggiornamento di Infratel: solo il 13,85% dei progetti sono completati su un totale di 1.385 aree da raggiungere.
Piano Italia 5G: permessi bloccati in molti Comuni
Come si legge a pagina 68 della Relazione della Corte dei Conti in riferimento alla misura “Piano Italia 5G”, “Per quanto concerne lo stato di avanzamento di questo intervento l’Amministrazione ha precisato che sono state coperte 160 aree su un totale di 1.385 (ossia, l’11,5 per cento), mentre le aree coperte sarebbero 38,43 kmq, corrispondenti al 7,7 per cento dei 500 kmq della quota già coperta prevista dal target M1C2-20; la stima è ancora in corso per quanto concerne i km di strade che sono stati già coperti”.
In relazione alle criticità, “l’Amministrazione ha segnalato difficoltà riconducibili ai rapporti con alcune Amministrazioni comunali, che hanno ritardato o negato il rilascio dei permessi necessari all’operatore aggiudicatario dell’intervento. In considerazione di ciò il Dipartimento ha avviato una cooperazione sinergica con le Amministrazioni meno collaborative; al contempo, ha commissionato al soggetto attuatore la predisposizione di una relazione riepilogativa delle criticità riscontrate, anche al fine di avviare le attività propedeutiche all’individuazione – meritoriamente – di aree alternative a quelle oggetto di criticità e alla definizione preventiva di un piano di recupero, da poter attuare qualora necessario”.
Il DTT chiama le telco per rivedere il raggio d’azione
La Relazione della Corte dei Conti puntualizza anche che “Le criticità evidenziate dall’Amministrazione riguardano la linea di intervento che mira alla creazione di nuove infrastrutture 5G in aree popolate, in cui non sono presenti investimenti privati volti alla copertura 5G (densificazione). L’obiettivo della linea di intervento, rimodulata in sede di revisione del Piano, è quella di estendere la copertura 5G a 1.400 km di aree a fallimento del mercato, di cui 500 kmq già provviste di copertura. La decisione della rimodulazione dell’obiettivo è emersa a valle del processo di mappatura delle aree a fallimento di mercato, che ha permesso di constatare che la popolazione residente è concentrata in punti specifici, spesso piccoli e vicini ad aree già servite. Questa constatazione ha reso necessaria una ridefinizione del perimetro dell’intervento ad almeno 1.400 km aggiuntivi di zone abitate abilitati alla copertura 5G, non più limitato esclusivamente alle aree a fallimento di mercato. A tale rimodulazione si è aggiunta una riduzione delle risorse complessive allocate al Piano, con un definanziamento di circa 900 milioni derivanti da economie delle procedure di gara”.
Di qui la decisione del Dipartimento per la trasformazione digitale di riunire il…
In linea con la Strategia Cloud Italia e il graduale rinnovo dei servizi offerti a cittadini ed imprese in un’ottica cloud native, l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) avvia la collaborazione con il Polo Strategico Nazionale. La partnership nasce con l’obiettivo di realizzare un modello architetturale per applicazioni Cloud con le più alte garanzie di affidabilità, resilienza, sicurezza, elevata capacità di gestione delle risorse elaborative, in ottemperanza al principio Cloud First e a garanzia della sovranità digitale.
L’adesione a Polo Strategico Nazionale, finanziata anche grazie ai fondi Pnrr della Misura 1.1, tramite gli avvisi emessi dal Dipartimento per la trasformazione digitale, prevede la migrazione a pari funzionalità e architettura dall’ambiente attuale. L’infrastruttura prevista per Agid sul Psn prevede l’adozione di servizi evoluti, atti a garantire le prestazioni richieste, secondo i più alti standard di riferimento. Il percorso verso il Cloud qualificato del Polo Strategico Nazionale, iniziato con gli assesment pre-migrazione prosegue in un percorso di miglioramento continuo.
Si parte con i Digital Trust Services
La piattaforma per il monitoraggio dei servizi digitali qualificati o accreditati, che abilita le transazioni in sicurezza tra PA, imprese e cittadini (Digital Trust Services), sarà il primo servizio applicativo progettato secondo il nuovo modello e reso operativo sul Cloud di Polo Strategico Nazionale.
Servizi pubblici di alta qualità e affidabili
“L’adesione a Polo Strategico Nazionale – afferma il Direttore Generale di AgID, Mario Nobile – riflette il nostro impegno nel promuovere un’infrastruttura cloud avanzata e sicura, essenziale per offrire servizi pubblici di alta qualità e affidabili per cittadini e imprese. Garantire che i dati siano protetti e che i servizi siano sempre disponibili è una priorità assoluta per l’Agenzia”.
“Siamo orgogliosi che Agid, tra i principali attori della Strategia Cloud Italia, abbia scelto l’infrastruttura cloud di Polo Strategico Nazionale – afferma l’AD del Polo Strategico Nazionale, Emanuele Iannetti – la soluzione prevista per Agid consentirà di offrire servizi digitali al servizio di imprese e cittadini, nel rispetto dei più alti standard di sicurezza, resilienza e sostenibilità”.
L’Italia ha imposto alle big tech dell’e-commerce obblighi contrari al diritto dell’Ue. È questa la sentenza con cui si espressa la Corte di Giustizia dell’Ue relativamente alle norme adottate nel 2020 e 2021 dal nostro Paese nei confronti di aziende come Airbnb, Expedia, Google, Amazon e Vacation Rentals.
La Corte ha affermato che un Paese dell’Ue non può imporre a fornitori di servizi online stabiliti in altri Stati membri obblighi supplementari che, pur essendo richiesti per l’esercizio dei servizi nel Paese (come l’iscrizione al registro Agcom), non sono previsti nello Stato membro in cui hanno sede.
La sentenza della Corte è relativa alle cause intentate da Airbnb Ireland, Amazon Services Europe, Expedia, Google Ireland e Vacation Rentals Ireland.
Obblighi amministrativi, la causa delle big tech
“In Italia, i fornitori di servizi di intermediazione e di motori di ricerca online, quali Airbnb, Expedia, Google, Amazon e Vacation Rentals, in forza di disposizioni nazionali sono soggetti a determinati obblighi. Tali disposizioni sono state adottate nel 2020 e nel 2021, al fine dichiarato di garantire l’adeguata ed efficace applicazione del regolamento che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online”, si legge nella sentenza. “I fornitori di tali servizi devono, in particolare, iscriversi in un registro tenuto da un’autorità amministrativa (Agcom), trasmetterle periodicamente un documento sulla loro situazione economica, comunicarle una serie di informazioni dettagliate e versarle un contributo economico. Sono previste sanzioni in caso di mancato rispetto di tali obblighi”.
Le società in questione hanno contestato gli obblighi imposti dall’Italia dinanzi a un giudice del nostro Paese, sostenendo un aggravamento degli oneri amministrativi che in contrasto con il diritto dell’Unione. In particolare, Airbnb, Google, Amazon e Vacation Rental hanno invocato il principio della libera prestazione dei servizi e hanno evidenziato di essere soggette principalmente alla normativa dello Stato membro in cui sono stabilite (per queste quattro società, l’Irlanda o il Lussemburgo). Pertanto, hanno ritenuto che il diritto italiano non possa imporre loro altri requisiti per l’accesso ad un’attività di servizi della società dell’informazione e, in tale contesto, il giudice italiano ha deciso di rivolgersi alla Corte di giustizia.
La sentenza della Corte di giustizia Ue sull’Italia
Nella sentenza emanata, la Corte “dichiara che il diritto dell’Unione osta a misure come quelle adottate dall’Italia. Secondo la direttiva sul commercio elettronico, spetta allo Stato membro di origine della società che fornisce servizi della società dell’informazione disciplinare la prestazione di questi ultimi. Gli Stati membri di destinazione, tenuti al rispetto del principio di reciproco riconoscimento, non devono, salvo eccezioni, limitare la libera prestazione di tali servizi. Pertanto, l’Italia non può imporre a fornitori di tali servizi stabiliti in altri Stati membri obblighi supplementari che, pur essendo richiesti per l’esercizio di detti servizi in tale paese, non sono previsti nello Stato membro in cui sono stabiliti”.
Secondo la Corte, gli obblighi imposti dall’Italia non rientrano tra le eccezioni consentite dalla direttiva sul commercio elettronico; infatti hanno una “portata generale e astratta” e “non sono necessari al fine di tutelare uno degli…
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