Appuntamento il 12 novembre, dalle 9 alle 17, con “E-procurement e nuovi modelli di business digitali” (clicca qui per la registrazione). A organizzare l’evento annuale, che sarà focalizzato sulle nuove frontiere, tra opportunità e sfide, dell’innovazione tecnologica nel settore degli acquisti pubblici, sono le quattro società del Cerchio Ict: Informatica Alto Adige, Lepida, Pasubio Tecnologia e Trentino Digitale.
Rivedere modelli di gestione e processi
“Per la Pubblica Amministrazione e le società in house – spiegano gli organizzatori – affrontare questi cambiamenti significa rivedere modelli di gestione e processi per garantire efficienza e qualità nei servizi erogati”.
L’evento è organizzato in un’unica conferenza che conterà su una piattaforma dedicata per lo streaming e si svolgerà in contemporanea in quattro sedi fisiche diverse, a Bologna, Bolzano, Schio e Trento.
L’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue propende per l’Antitrust italiana, che ha comminato a Google una maximulta da 100 milioni di euro: il comportamento della controllata di Alphabet, sanzionata dall’authority per il rifiuto a Enel X di rendere compatibile con Android Auto l’applicazione dell’azienda italiana Juice Pass, infatti, “potrebbe violare il diritto della concorrenza”.
Le conclusioni dell’avvocato generale
Il parere dell’avvocato generale è propedeutico all’ultimo passaggio di un caso che da nazionale è diventato comunitario. Al ricorso di Alphabet alla decisione dell’autorità italiana, confermata dal Tar, il Consiglio di Stato si è infatti rivolto alla Corte di Lussemburgo, chiedendo se la condotta di Google costituisca effettivamente un abuso di posizione dominante. In questo senso, il parere dell’avvocato generale non è vincolante per la sentenza della Corte, ma è spesso un orientamento significativo di quanto verrà deciso.
Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Laila Medina esamina se la causa ricada nella tradizionale giurisprudenza applicabile al rifiuto da parte di un’impresa dominante di concedere l’accesso. Medina valuta poi se gli obblighi di accesso, in termini di interoperabilità, impongano alle imprese dominanti di tenere un comportamento attivo, come la creazione del software necessario.
“Il rifiuto da parte dell’impresa dominante di concedere a un operatore terzo l’accesso a una piattaforma come quella in causa può essere oggettivamente giustificato” se “tecnicamente impossibile” o può incidere sulle prestazioni della piattaforma o “porsi in contrasto con il suo modello economico o con la sua finalità economica”.
Ma il semplice fatto che per dar accesso alla piattaforma l’impresa debba sviluppare un template del software che tenga conto delle esigenze specifiche dell’operatore che chiede l’accesso “non può di per sé giustificare un diniego di accesso, a condizione che sia concesso un lasso di tempo adeguato per lo sviluppo in parola e che quest’ultimo sia oggetto di un adeguato compenso a favore dell’impresa dominante”. E “il diritto della concorrenza dell’Unione non impone un obbligo di definire ex ante criteri oggettivi per l’esame delle richieste di accesso” alla piattaforma.
Come si è sviluppato il caso
Nel 2015 Google ha lanciato Android Auto, un’applicazione per dispositivi mobili con sistema operativo Android, che consente agli utenti di accedere ad alcuni applicazioni presenti sul loro smartphone tramite lo schermo integrato di un’automobile. Sviluppatori terzi possono creare le loro versioni delle proprie applicazioni compatibili con Android Auto usando modelli di software (template) forniti da Google.
Enel X appartiene al gruppo Enel e fornisce servizi per la ricarica di autovetture elettriche. Nel maggio 2018 ha lanciato JuicePass, un’applicazione che offre una serie di funzionalità per la ricarica dei veicoli elettrici. Nel settembre 2018 Enel X ha chiesto a Google di rendere JuicePass compatibile con Android Auto. Google ha rifiutato, affermando che, in assenza di un template specifico, le applicazioni di media e di messaggistica erano le uniche applicazioni di terzi compatibili con Android Auto.
Google ha giustificato il suo rifiuto sulla base di preoccupazioni relative alla sicurezza e alla necessità di allocare in modo razionale le risorse necessarie per la creazione di un nuovo template.
L’Autorità italiana garante della Concorrenza ha concluso che il…
Si tratta di circa 347 milioni di euro dal 2023 al 2026, che andranno alle PA che hanno presentato progetti per migliorare la propria sicurezza informatica, e che rientrano nel raggio d’azione del Fondo per l’attuazione della strategia nazionale di cybersicurezza e del Fondo per la gestione della cybersicurezza.
Il decreto stabilisce inoltre che sia proprio l’Agenzia per la cyber sicurezza nazionale – che è anche il soggetto che ha ricevuto la quota più alta di finanziamenti, per un ammontare complessivo di circa 130 milioni di euro – ad assumere il compito di monitorare gli interventi destinatari dei finanziamenti e a rilevare eventuali criticità o irregolarità, .
Il fondo per l’attuazione della strategia
Il primo filone di finanziamenti è quello che riguarda il Fondo per l’attuazione della Strategia di Cyber sicurezza nazionale. Si tratta complessivamente di circa 213 milioni di euro: 44,5 provengono dall’esercizio finanziario 2023 e 168,4 vengono ripartiti tra 2024,2025 e 2026.
Tra i destinatari dei fondi la fetta più importante va proprio all’Agenzia per la cyber sicurezza nazionale, a cui il decreto assegna poco più di 97 milioni di euro. Poi il ministero della Difesa con quasi 23 milioni di euro, il ministero dell’Università e della ricerca con poco più di 16 milioni di euro, il dipartimento del Tesoro del Mef con 10 milioni di euro, mentre poco più di sei milioni vanno al Dipartimento dell’Amministrazione generale, del Personale e dei Servizi.
A seguire la presidenza del consiglio del ministri con oltre tre milioni di euro e una serie di altri interventi di portata più contenuta, molti dei quali a vantaggio delle Regioni.
Il fondo per la gestione della cyber sicurezza
Le risorse di questo secondo fondo ammontano a poco meno di 135 milioni di euro (21 per il 2024, 54 per il 2025 e 58 per il 2026), dei quali più di 32 destinati all’Agenzia per la Cyber sicurezza nazionale.
10 milioni di euro vanno alla Regione Campania, seguita dalla Regione Veneto con i suoi 5,5 milioni. Poi Sardegna, Emilia-Romagna e Lombardia rispettivamente con 5,2, 4,2 e 3,7 milioni. Tra i ministeri quasi 10 milioni vanno all dipartimento del Tesoro del Mef, 4,5 milioni vanno al ministero dell’Università e della ricerca e 3,7 a quello delle Infrastrutture e dei trasporti.
L’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale generativa potrebbe impattare fino a 312 miliardi di euro all’anno sul Pil italiano nei prossimi 15 anni pari a una potenziale crescita del Pil fino al 18,2%, Questa la stima messa nero su bianco nel report “AI 4 Italy: from theory to practice – Verso una politica industriale dell’IA Generativa per l’Italia”, a cura di Teha Group in collaborazione con Microsoft Italia presentato al Forum di Cernobbio.
Dallo studio emerge che le pmi, in particolare, potrebbero beneficiare di un incremento di 122 miliardi di euro in valore aggiunto, E il brand “Made in Italy” è individuato come uno dei principali beneficiari della nuova rivoluzione tecnologica. Si prevede che la GenAI avrà un impatto profondo sui margini di export: le proiezioni indicano potenziali aumenti dei fino 121 miliardi, pari al 19,5% dei ricavi totali dell’export manifatturiero italiano. Ingegneria meccanica e farmaceutica fra i settori che potrebbero registrare una crescita molto elevata, con incrementi rispettivamente di 20 e 13 miliardi.
Gli investimenti delle aziende italiane nella GenAI
Dalla survey è emerso che la totalità delle aziende intervistate che prevede di adottare soluzioni di GenAI nel prossimo futuro dal 78% dello scorso anno. E le aziende italiane stanno già registrando guadagni tangibili in termini di produttività: il 47% delle imprese riferisce aumenti della produttività superiori al 5% e il 74% ha registrato incrementi di produttività superiori all’1%. Un’azienda su due prevede nei prossimi due anni un aumento di produttività di oltre il 10%.
“L’AI Generativa, che solo un anno fa sembrava un hype dalle facili promesse di crescita, ha convinto la maggior parte delle imprese che, con toni e velocità differenti, hanno iniziato a sperimentare, comprendere i benefici di queste nuove tecnologie, tanto semplici da utilizzare quanto potenti e dai veloci riscontri positivi. Siamo passati, nel giro di pochi mesi, dalle potenzialità all’operatività”, sottolinea Vincenzo Esposito, amministratore delegato di Microsoft Italia. “Il nostro Paese è da sempre un simbolo di innovazione, dall’arte alla scienza, dal design alla manifattura e oggi possiamo applicare questa eredità culturale al futuro digitale, mettendo l’ingegno umano al centro”.
La criticità delle competenze e della fuga di cervelli
Ma non mancano gli ostacoli sul cammino nazionale. L’Italia è in ritardo sul know-how relativo all’AI, con il 63% degli imprenditori che riconosce che le competenze in tema di GenAI non sono ancora diffuse.
“L’AI generativa sta trasformando i modelli di business e migliorando produttività, collaborazione e interazione con il digitale. Questo rende necessario investire per adeguare le competenze sul mercato del lavoro a questo nuovo paradigma tecnologico – evidenzia Donatella Sciuto, Rettrice del Politecnico di Milano e Advisor Scientifico della ricerca -. Diventa quindi cruciale rafforzare l’offerta formativa e creare un ecosistema di innovazione capace di trattenere i nostri talenti e attrarre quelli internazionali”.
Il nostro Paese è al settimo posto in Europa e al sedicesimo posto tra i Paesi Ocse per programmi di studio dedicati all’AI e diffusione di adeguate competenze, e va evidenziato il ritardo complessivo dell’Europa sugli Stati Uniti. L’Italia inoltre continua a perdere talenti AI a favore di…
Qualcomm starebbe esplorando la possibilità di acquisire alcune divisioni di Intel dedicate alla progettazione. Lo scopo, secondo persone che hanno familiarità con la questione citate da Reuters, sarebbe quello di incrementare il portafoglio prodotti sul fronte del personal computing.
I piani di Qualcomm
Uno dei dirigenti di Qualcomm starebbe valutando tutte le unità di progettazione dell’azienda, ma sarebbe in particolare interessato all’attività di progettazione di pc client di Intel. L’acquisizione di altre unità, come quelle che si occupano di server, risulterebbe del resto molto meno in linea con il posizionamento di Qualcomm.
Bisogna rimarcare che si tratta solo di rumors: Qualcomm non ha contattato Intel per una potenziale acquisizione, ed entrambe le aziende hanno rifiutato di commentare l’indiscrezione.
D’altra parte Qualcomm, società da 184 miliardi di dollari specializzata nella produzione di chip dedicati agli smartphone (con Apple tra i suoi clienti di maggior pregio), sta lavorando da mesi ai fianchi di Intel. Secondo le fonti, l’interesse e i piani di Qualcomm però non sono stati finalizzati e potrebbero cambiare.
La strategia di Intel per generare cassa
Il produttore di chip potrebbe adesso sfruttare un momento “favorevole”: Intel infatti è alle prese con problemi di liquidità e sta cercando da una parte di ridurre le unità, dall’altra di vendere attività considerate non strategiche, sempre secondo le fonti.
Il mese scorso Intel ha registrato un secondo quarter con risultati molto negativi, che ha comportato una riduzione del 15% del personale e uno stop al pagamento dei dividendi. L’anno scorso il fatturato del settore pc client è sceso dell’8% a 29,3 miliardi di dollari, in un contesto di generale debolezza del mercato dei personal computer. Il top management dell’azienda guidata da Pat Gelsinger è comunque convinto che le cose siano destinate a cambiare: l’introduzione di pc dotati di intelligenza artificiale spingerà i consumatori ad aggiornare i loro computer e genererà maggiori vendite.
All’inizio di questa settimana Intel ha in effetti lanciato un nuovo chip per pc chiamato Lunar Lake, che secondo l’azienda offre prestazioni superiori per le applicazioni di intelligenza artificiale. Il processore vanta la collaborazione di Tsmc, il che rappresenta una sostanziale novità per Intel, che ha sempre gestito i propri prodotti internamente.
Per fare cassa, nel frattempo, Intel ha venduto la sua partecipazione di 1,18 milioni di azioni nella società britannica Arm, operazione che dovrebbe valere circa 147 milioni di dollari. La società sta anche considerando la possibilità di suddividere la sua attività di fonderia e persino abbandonare alcuni progetti di fabbrica. Tra i consulenti che stanno fornendo assistenza ci sono Morgan Stanley e Goldman Sachs, storici banchieri dell’azienda.
Il consiglio di amministrazione di Intel si riunirà la prossima settimana per valutare una proposta dell’amministratore delegato Pat Gelsinger e di altri dirigenti su come ridurre le operazioni nel tentativo di risparmiare denaro. Tra le possibili opzioni, sempre secondo Reuters, c’è la vendita della sua unità di chip programmabili, Altera.
Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, nel suo primo messaggio dopo l’arresto in Francia, definisce sul suo stesso canale Telegram “sorprendente” che qualcuno sia ritenuto responsabile per crimini commessi da altri, negando anche che la sua piattaforma di messaggistica sia un “paradiso anarchico” e definendo tali affermazioni “assolutamente false”. Per l’imprenditore russo, accusare un amministratore delegato “di crimini commessi da terzi” è un “approccio sbagliato”.
Obiettivo: rendere Telegram “più sicura e forte”
In un lungo messaggio, il primo dall’arresto in Francia, Durov ammette che i numeri crescenti di utenti – circa 950 milioni in tutto il mondo – “causa disagi crescenti che rendono più facile per i criminali abusare della nostra piattaforma. Per questo – prosegue – mi sono posto come obiettivo personale di assicurare che le cose da questo punto di vista migliorino”, aggiungendo che ci si sta occupando del problema “dall’interno” e che maggiori dettagli saranno resi pubblici in futuro, nella speranza di rendere Telegram, e l’industria dei social nel suo insieme, “più sicura e più forte”.
Snapchat sotto accura nel New Mexico
Intanto il procuratore generale del New Mexico ha intentato una causa contro la società che sta dietro a Snapchat, sostenendo che il design e le politiche del sito favoriscono la condivisione di materiale pedopornografico e facilitano lo sfruttamento sessuale dei minori. Il procuratore generale Raúl Torrez ha presentato la causa contro Snap Inc. giovedì presso il tribunale statale di Santa Fe. Oltre agli abusi sessuali, la causa sostiene che la società promuove apertamente il traffico di bambini, la droga e le armi.
Le “dannose caratteristiche progettuali di Snap creano un ambiente in cui i predatori possono facilmente prendere di mira i bambini attraverso schemi di sextortion e altre forme di abuso sessuale”, ha dichiarato Torrez in un comunicato. L’estorsione sessuale, o sextortion, consiste nel convincere una persona a inviare foto esplicite online e poi minacciare di rendere pubbliche le immagini a meno che la vittima non paghi del denaro o si impegni in favori sessuali. “Snap ha ingannato gli utenti facendo loro credere che le foto e i video inviati sulla sua piattaforma scompariranno, ma i predatori possono catturare in modo permanente questi contenuti e hanno creato un annuario virtuale di immagini sessuali di minori che vengono scambiate, vendute e conservate a tempo indeterminato”, ha dichiarato Torres.
L’impianto accusatorio
Secondo la denuncia, i minori riferiscono di aver avuto più interazioni sessuali online su Snapchat che su qualsiasi altra piattaforma, e le vittime del traffico sessuale vengono reclutate su Snapchat più che su qualsiasi altra piattaforma. Prima della causa, il Nuovo Messico ha condotto un’indagine sotto copertura durata mesi sulle immagini di abusi sessuali su minori su Snapchat. Secondo la dichiarazione di Torrez, l’indagine ha rivelato una “vasta rete di siti web oscuri dedicati alla condivisione di immagini sessuali rubate e non consensuali da Snap”, trovando più di 10.000 registrazioni relative a Snap e a materiale pedopornografico nell’ultimo anno. Tra questi, anche informazioni relative a minori di età inferiore ai 13 anni vittime di abusi sessuali….
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci consentirà di elaborare dati quali il comportamento di navigazione o gli ID univoci su questo sito. Il mancato consenso o la revoca del consenso possono influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
La memorizzazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari per il fine legittimo di consentire l'utilizzo di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
The technical storage or access that is used exclusively for statistical purposes.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
La memorizzazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per l'invio di pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su più siti web per scopi di marketing simili.
Commenti recenti