La coscienza, che cos’è e come funziona. Ma soprattutto cosa vuol dire essere coscienti.
Anil Seth è uno dei massimi ricercatori nel campo della scienza della coscienza, di questi e tanti altri interrogativi sull’esistenza, la vita e la sua fine, ovvero la morte, se li pone da giovanissimo. Oggi è professore di Neuroscienze cognitive e computazionali presso l’Università del Sussex e condirettore del Programma di ricerca Cervello, mente e coscienza del Canadian Institute for Advanced Research. Ha scritto anche per The Guardian, New Scientist, Scientific American e Granta, e il suo TED talk del 2017 è stato visualizzato 13 milioni di volte. In Italia ha pubblicato “Come il cervello crea la nostra coscienza” con Raffaello Cortina Editore.
Il suo innamoramento giovanile per la fisica e la filosofia, da studente all’Università di Cambridge, all’inizio degli anni Novanta, sfocia “in una fascinazione per la psicologia e le neuroscienze, sebbene al tempo tali campi sembrassero evitare, se non addirittura proibire, la menzione della coscienza”. Oggi la coscienza è sempre un mistero, ma forse un po’ meno.
Anil Seth è stato in Italia ospite del festival di filosofia di Modena che si è tenuto a settembre tra Modena, Carpi e Sassuolo. Il tema di quest’anno è stato la psiche, la condizione del Sé in un’epoca di estrema individualizzazione, nella quale i singoli cercano da soli le vie di salvezza nel mondo. Si tratta di una parola dalla lunga storia, che a lungo si è tradotta come “anima”. La questione psichica evidenzia l’intensificarsi di un disagio che determina emergenze collettive e chiama a interventi nelle istituzioni della società, sul confine che connette salute, benessere e cittadinanza.
Abbiamo intervistato Anil Seth su temi che riguardano la vita di tutti, tutti i giorni. Uno sguardo scientifico sull’esistenza, che poco sembra abbia a che fare con modelli e schemi.
L’infelicità esiste nella sua visione della coscienza? E se sì, riguarda solo noi essere umani o esistono zebre, leoni, polpi infelici?
Nel suo libro “Come il cervello crea la nostra coscienza” sostiene che lo stato di coscienza è legato a quello che si prova a essere me, diverso da quello che si prova a essere te. Potrebbe sembrare l’anticamera dell’empatia. In questo senso mettersi nei panni dell’altro, comunicare, è impossibile?
Dentro di noi agiscono anche molte forze interiori, alcune di queste ci portano anche a fare del male. Lo studio della coscienza le intercetta e scoprendole può aiutarci a vivere meglio?
Che cosa assilla un neuroscienziato?