“L’estensione della Web Tax alle piccole e medie imprese significherà la chiusura di migliaia di aziende e startup italiane impegnate nel settore tecnologico. L’approccio proposto dal ministro Giancarlo Giorgetti ci appare frettoloso e potenzialmente dannoso. Non possiamo permetterci di trasformare un’opportunità di equità fiscale in un freno allo sviluppo economico del Paese gravando le imprese che già pagano le tasse in Italia di un’ulteriore imposta inizialmente pensata per le big tech”.
A parlare è il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo, che ha presentato in conferenza stampa al Senato il report del Centro Studi di Confimprenditori, intitolato “L’impatto della Web Tax sulle pmi”. Il documento supporta la tesi dell’associazione che la tassa prevista dalla Legge di Bilancio costituisca di fatto un danno per le organizzazioni che rappresentano l’ossatura del Made in Italy.
Lo squilibrio fiscale tra pmi e multinazionali digitali
“In Italia circa il 35% delle pmi ha dichiarato che una tassa sui ricavi digitali potrebbe compromettere la loro capacità di competere con le grandi multinazionali, e il 60% ha sottolineato che una tassazione più elevata sulle piattaforme online sarebbe dannosa per il settore e-commerce”, ha continuato Ruvolo, sottolineando che le piccole imprese italiane pagano 24,6 miliardi di euro di tasse all’anno, mentre le 25 multinazionali del web presenti in Italia versano solo 206 milioni di euro.
“Questo nonostante le pmi generino un fatturato complessivo 90 volte superiore rispetto alle big tech, che però pagano imposte 120 volte inferiori. La pressione fiscale effettiva sui piccoli imprenditori italiani sfiora il 50%, mentre per le big tech è del 36%. Affinché le pmi possano continuare a prosperare, è fondamentale adottare politiche fiscali che favoriscano la loro crescita, anziché ostacolarla”.
Perché la Web Tax rischia di penalizzare le pmi
D’altra parte, secondo il report di Confimprenditori, la Web Tax rischia di penalizzare le pmi più di quanto non faccia con le grandi aziende, che hanno risorse sufficienti per adattarsi ai cambiamenti fiscali. Le multinazionali e le grandi piattaforme digitali, infatti, possono facilmente spostare parte delle loro operazioni in giurisdizioni con tassazione più favorevole, minimizzando l’impatto della Web Tax. Al contrario, le pmi, che spesso non hanno la capacità di trasferire le loro attività in Paesi con regimi fiscali più favorevoli, si troverebbero a dover far fronte a costi aggiuntivi difficilmente sostenibili.
L’incertezza fiscale causata dalla Web Tax potrebbe inoltre minare la capacità delle pmi di pianificare i propri investimenti a lungo termine. Le imprese, già in difficoltà nell’affrontare la concorrenza internazionale e le sfide economiche interne, potrebbero trovarsi nell’impossibilità di investire in innovazione, tecnologia e sviluppo di nuovi prodotti o servizi. Gli aumenti dei costi associati alla Web Tax potrebbero anche ridurre la liquidità disponibile per le pmi, limitando così le opportunità di crescita.
La proposta di Confimprenditori
Il rischio è quindi che le piccole imprese vengano costrette a ridurre la propria offerta di prodotti e servizi, con un conseguente impatto sulle vendite e sui ricavi. Le grandi aziende digitali, nota il Centro Studio, pagano in media una tassa sul reddito inferiore al 10%, mentre le pmi europee, che non godono…