di Federico Fubini e Fiorenza Sarzanini
Dopo il decreto di Putin che cosa cambia per gli affari italiani. La ritorsione contro le sanzioni dell’occidente
Il divieto di import export decretato da Vladimir Putin riguarderà certamente anche l’Italia. Secondo la diplomazia e l’intelligence occidentale l’inserimento del nostro Paese nella lista degli Stati a cui sarà vietato importare materie prime e altri prodotti dalla Russia e soprattutto venderli appare scontato visto che siamo già stati ritenuti Paesi “ostili”. L’elenco sarà stilato nelle prossime due settimane e rappresenta una ritorsione evidente alle sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, ma anche alla minaccia di decretarne altre se la Russia non fermerà la guerra contro l’Ucraina.
La tattica contro Biden e la Ue
L’obiettivo tattico è creare incertezza nei governi che lui stesso ha definito “ostili” e sui mercati, che potrebbero reagire rendendo ancora più costose le materie prime di cui la Russia è grande produttrice. Si tratta chiaramente della risposta del dittatore del Cremlino alla decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di fermare gli acquisti di greggio, prodotti derivati e carbone dalla Russia stessa. Ma senz’altro è anche un altro passo verso l’allargamento di uno stato di conflitto economico fra Mosca e i governi democratici.
Alluminio e altri metalli
Alluminio, metalli, ma anche argilla, caolino: sono queste le principali materie che l’Italia compra in Russia. Tutte le aziende che attingono a questi approvvigionamenti saranno penalizzate. E non solo perché siamo la quinta destinazione più importante per le vendite di prodotti russi, con acquisti per 12,6 miliardi di euro nei primi undici mesi del 2021; e la Russia è per il made in Italy il quattordicesimo mercato più importante (dopo la Turchia e davanti alla Romania) con vendite per 7 miliardi di euro fra gennaio e novembre del 2021. Per il resto, Putin potrebbe decidere di negare all’Italia quantitativi importanti ma non insostituibili di ferro e acciaio (per circa 800 milioni di euro) e alluminio (per circa 300 milioni di euro). A livello internazionale la Russia è anche un esportatore relativamente importante di oro, nickel (la cui quotazione è letteralmente esplosa), mentre il grano tenero rappresenta appena il 2% delle sue vendite all’estero.
Moda, farmaci, chimici
Naturalmente l’Italia potrebbe subire anche misure protezioniste da parte di Putin nei settori dove siamo più forti: moda e abbigliamento (vendite per quasi un miliardo l’anno scorso), nei prodotti chimici, farmaceutici e soprattutto nei macchinari industriali (anche per l’estrazione dai giacimenti), dove l’Italia fatturava in Russia per oltre due miliardi. Ma gran parte di queste esportazioni erano di fatto già sospese per il momento. I gruppi della moda si sono ritirati dalle città russe per evitare che i loro brand fossero associati a uno Stato-canaglia, alcuni dei macchinari sono già bloccati dalle sanzioni europee e comunque in gran parte le imprese russe non sono più in grado di pagare in euro o in dollari, dopo le ultime sanzioni. Nessuno in Italia oggi vuole essere pagato in rubli, che possono svalutarsi a doppia cifra nel giro di pochi giorni (anche se alcuni russi cercano già di pagare in criptovalute).
Gas e petrolio
Il decreto firmato da Putin è abbastanza vago e ambiguo da non escludere niente, ma da minacciare implicitamente di negare potenzialmente anche all’Italia persino le vendite di gas e petrolio. Al momento appare però improbabile, perché Mosca si priverebbe così di entrate in valuta forte per ben più di dieci miliardi di euro all’anno. Di certo l’incertezza che è stata iniettata sui mercati farà sì che questi beni essenziali nei prossimi giorni divengano ancora più cari, spostando la bilancia commerciale ancora di più a favore della Russia e a svantaggio dei Paesi che consumano gli idrocarburi estratti in Siberia.
8 marzo 2022 (modifica il 8 marzo 2022 | 21:22)
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