di Ferruccio Pinotti
Per la prima volta in video le testimonianze di giovani sieropositivi in Italia. Coraggio e commozione a viso aperto. La presentazione il 24 novembre in anteprima a Milano e in streaming nazionale. Le parole di Oliviero Toscani, Jonathan Bazzi, Loredana Bertè
Sono passati 40 anni da quando per la prima volta il virus dell’Hiv è stato individuato. Molta acqua è passata sotto i ponti, tantissime le vittime a livello mondiale, 38 i milioni di persone che sul pianeta vivono con l’infezione da Hiv (dati Unaids) mentre le cure progrediscono in maniera incredibile e nel 2020 in Italia le nuove infezioni da Hiv si sono dimezzate rispetto all’anno precedente. Stando ai dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità infatti sono state segnalate nel 2020 1.303 nuove diagnosi di infezione, un numero che conferma il trend già in progressiva diminuzione osservato negli ultimi dieci anni. Quello che meno si sa è che con l’Hiv si convive, al punto da poter vivere bene, essere sani, concepire figli non sieropositivi ed al punto di ridurre la carica virale ad essere così bassa da far sì che l’Hiv sia non trasmissibile anche in rapporti non protetti. Per combattere lo stigma e la paura che affliggono ancora tanti sieropositivi italiani è stato realizzato un documentario di grande importanza civile, Positivɘ, che sarà proiettato in anteprima il 24 Novembre alle 19 al cinema Anteo di Milano e in streaming su Nexo+ (nexoplus.it ) mercoledì 1 dicembre, giornata mondiale contro l’Aids.
Storie vere
«Positivɘ è un documentario che entra nelle vite di 4 giovani hiv-positivi, per la prima volta a volto scoperto, che non vogliono più nascondersi e in cui si ricostruisce la storia di questi 40 anni di virus», spiega Francesco Maddaloni, autore e produttore del documentario. «Il film, che dura 90 minuti, racconta di un viaggio in macchina verso il mare tra quattro sconosciuti, tutti under 40, tutti Hiv+, per scoprire le loro vite e raccontare a volto e cuore scoperti cosa significhi avere l’Hiv oggi, in un’epoca che vede possibile convivere con il virus e condurre vite normali ma che vede ancora le persone infette vittime di un enorme stigma sociale. È un documentario indipendente che, in chiave pop, accende i riflettori su una nuova generazione di persone Hiv+ che non vuole più nascondersi».
Una produzione indipendente
Il lungometraggio, realizzato con la regia del giovane talento Alessandro Redaelli, racconta Maddaloni, «si immerge, per la prima volta in Italia senza censure, su volti e voci, nelle vite di una mamma milanese e di un papà pistoiese, entrambi eterosessuali, di una ragazza transgender e di un ragazzo omosessuale per far emergere, con linguaggi freschi e leggeri, il gap di comunicazione che si è generato negli ultimi decenni, portando un’intera generazione di giovani a conoscere poco o nulla di un virus che oggi colpisce oltre 130.000 italiani. Così come delle moderne terapie in grado di azzerarne gli effetti e impedirne il contagio». Positivɘ, realizzato dalle case di produzione Peekaboo e UAU e scritto da Elena Comoglio, Francesco Maddaloni e Ruggero Melis, conserva nel suo immaginario il ricordo della narrazione sul virus negli anni ’90 come appannaggio di omosessuali e tossicodipendenti, ma si rivolge anche ad un pubblico di giovanissimi, che dell’Hiv non ha alcuna memoria.
La tripla dimensione narrativa
Ad intervallare l’osservazione della quotidianità dei protagonisti e i loro scambi durante il viaggio, compaiono materiali inediti tratti dagli archivi delle associazioni che hanno combattuto il diffondersi dell’iv tra gli anni ’80 e ’90 in prima linea, come Anlaids e Asa, e le testimonianze di personaggi e attivisti che hanno fatto la storia di questa malattia, quali Oliviero Toscani, Jo Squillo e Loredana Berté, oltre al finalista del Premio Strega Jonathan Bazzi, dichiaratamente Hiv+, Rosaria Iardino, la ragazza baciata sulla bocca dall’immunologo Fernando Aiuti in una storica fotografia del ‘91 che ha cambiato la percezione dell’Aids, e l’infettivologo Massimo Cernuschi del San Raffaele di Milano, impegnato nello studio della malattia fin dai primi anni di diffusione sul territorio nazionale. «Tutti hanno affrontato paure, pregiudizi e si mostrano senza vergogna. Altri, invece — ancora troppi — non possono farlo, perché oppressi da uno stigma che ancora tormenta chi è in questa condizione»
Testimonianze commoventi
Uno dei testimoni del lungometraggio, Gabriele Vannucchi, 31 anni, eterosessuale, sposato e papà di un bellissimo bimbo 2 anni, accetta — rivelando la propria identità — di raccontare al Corriere la sua storia, così bella e toccante e positiva da commuovere profondamente: «Attorno alla fine del 2014 ho notato un notevole calo delle mie prestazione sportive, ero molto stanco. Dagli esami sono risultato sieropositivo. All’inizio per un anno ho faticato ad accettare questa cosa, poi mi sono messo in cura e dopo i primi sei mesi di terapia, con 3 pillole al giorno, ho azzerato la viremia, ovvero la carica virale. Dal gennaio 2016 ho preso e prendo una sola pasticca al giorno dopo pranzo, ovviamente faccio 3-4 esami l’anno, per tenere sotto controllo la situazione; ma sto bene e non sono contagioso». La cosa più dura per Gabriele è stata vincere lo stigma, dirlo a parenti e amici. «Qualcuno si è allontanato, molti altri no. Tanti per la paura di perdere il lavoro o i rapporti sociali non lo dicono. Io ho avuto la fortuna di incontrare una ragazza meravigliosa alla quale ho detto la mia condizione: lei la ha accettata e siamo stati dal medico che — essendo la mia viremia azzerata — ha detto potevamo avere rapporti non protetti e fare figli. Dopo un mese ci siamo sposati e ora abbiamo un bellissimo bambino, nato sanissimo e non sieropositivo. Voglio dire a tutti che con l’essere sieropositivi si può convivere, stare bene, amare e avere figli. Lo Stato italiano purtroppo non investe in educazione sessuale e in prevenzione. E non fa nemmeno sapere che esiste una pillola (PrEP, una profilassi di pre-sposizione al virus, nda) e che costa 60-70 euro al mese e che protegge dall’ingresso del virus chi ha rapporti non protetti, mentre la mia terapia costa allo Stato circa 1.000 euro al mese».
21 novembre 2021 (modifica il 21 novembre 2021 | 19:24)
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