Approvata la «tagliola» di Lega e Fratelli d’Italia sulla legge sull’omotransfobia, che adesso non potrà più essere messa in calendario per sei mesi. Ecco dove sarebbero i senatori «infedeli»: sono mancati infatti 16 voti decisivi

Per la legge, con l’approvazione della «tagliola» che ha impedito di passare all’analisi dei singoli articoli del ddl, di fatto suona uno stop definitivo, almeno in questa legislatura. Perché a questo punto, sono i tempi a renderne impossibile l’approvazione. Grazie ai 154 voti favorevoli, dopo mesi di scontri serrati tra centrodestra e centrosinistra, il ddl non potrà essere più messo in calendario per sei mesi nei lavori di Palazzo Madama. E contando i tempi necessari per l’approvazione della legge di Bilancio e quelli per altre questioni che diventeranno contingibili e urgenti, a meno di clamorosi colpi di scena il Senato non avrà i tempi minimi necessari per tornare a occuparsi della legge contro l’omotransfobia. Anche perché, qualora la legislatura arrivasse a scadenza naturale nel 2023, a ruota si entrerà poi di fatto in campagna elettorale.

Sull’esito del voto ha giocato un fattore decisivo il voto segreto, a cui la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati ha dato parere positivo , confortato secondo le sue parole, in quanto aderente al regolamento dell’Aula e a precedenti simili.

Ma dove si sono annidati gli «infedeli» che alla vigilia avevano dato parere contrario alla «tagliola»? I 262 voti di fiducia ottenuti dal governo Draghi per il suo insediamento sono la base da cui partire. Nel pallottoliere tenuto dai senatori più esperti del Pd non si puntava di certo a una soglia così alta. Ma davanti al risultato di oggi mancano, sempre secondo i calcoli dem, un minimo di 16 voti. E per gli uomini dei numeri del Nazareno «gli “infedeli” vanno cercati tra i gruppi di Italia viva, dei Cinque Stelle e del Misto, che grazie al voto segreto hanno fatto il contrario di quanto affermato in pubblico».

27 ottobre 2021 (modifica il 28 ottobre 2021 | 08:39)

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