di Alessandro Sala e Redazione Online

Il candidato del centrosinistra nella Capitale parla dei possibili apparentamenti in vista della seconda tornata elettorale

Si sono concluse lunedì 4 ottobre le elezioni amministrative in quasi 1200 comuni, le regionali in Calabria, le suppletive in due collegi per la Camera. Il centrosinistra può già festeggiare i suoi tre sindaci eletti al primo turno: Beppe Sala a Milano, Matteo Lepore a Bologna e Gaetano Manfredi a Napoli. Restano in bilico Roma e Torino, che andranno al ballottaggio. La Calabria, unica Regione al voto a questo giro di consultazioni, è andata al centrodestra. L’affluenza è stata ovunque bassissima.

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Il giorno dopo è, come sempre, il giorno delle analisi, delle polemiche e delle recriminazioni. Ma con i ballottaggi in vista per la Capitale e per Torino, entrambe città che cinque anni fa andarono al M5S anticipando il risultato elettorale che nel 2018 avrebbe fatto dei pentastellati la maggiore forza politica del Parlamento, il giorno dopo è già anche il giorno delle strategie. Che fine faranno i voti di chi ha scelto i candidati esclusi? Che fine faranno i voti dei 5 Stelle e, a Roma, quelli dell’ex ministro Pd, Carlo Calenda, che è fuori dai giochi per la poltrona di sindaco ma la cui lista Azione è oggi la prima forza politica del Campidoglio davanti a FdI e Pd (ha raccolto il 19,07% contro il 17,43 del partito di Giorgia Meloni e il 16,38 dei Dem)?

Già ieri pomeriggio, quando le tendenze erano ormai chiare, sia Raggi sia Calenda si sono detti indisponibili a mettere sul tavolo i loro pacchetti di consensi, evocando tradimenti agli elettori che scegliendo loro non hanno volutamente scelto le due coalizioni principali, le «corazzate» nel metalinguaggio della sindaca uscente. E oggi anche Roberto Gualtieri, candidato del centrosinistra, mette in chiaro che non ci saranno apparentamenti o accordi formali. «Ci rivolgeremo alle romane e ai romani, partendo dalle elettrici e dagli elettori di Raggi e Calenda — spiega ai microfoni Rai l’ex ministro all’Economia — con l’obiettivo di costruire una città che funziona vicina alle persone». Gualtieri, che al secondo turno se la vedrà con il portacolori del centrodestra Enrico Michetti, fa sapere di non avere ancora sentito Calenda ma di aspettarsi che lui, da ex ministro ed esponente del Pd, «sosterrà il candidato progressista e democratico» e che il contrario «sarebbe strano».

A Torino la situazione non è molto diversa. La sindaca uscente e non ricandidata, Chiara Appendino, in un’intervista al Corriere della Sera parla apertamente di «fase espansiva finita» per il M5S e della necessità di aprire un nuovo ciclo. Quanto al secondo turno, dice, «gli elettori non sono pacchi da spostare a piacimento». Ovvero: «Noi stremo all’opposizione, i due candidati rimasti dovranno convincere gli astenuti». Tuttavia da Giuseppe Conte arriva una dichiarazione che fa il paio con qul «mai con le destre» ribadito più volte nei giorni scorsi: «Per il M5S è finita la stagione storica in cui si andava orgogliosamente da soli a tutti i costi, come in passato». In altri termini, non c’è un endorsement ufficiale per alcun candidato, ma andando per esclusione la linea è bene o male tracciata.

Rivendica il risultato positivo nella Capitale e nel resto d’Italia la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che non accetta la lettura data dai media secondo cui la vittoria di questa tornata è tendenzialmente appannaggio del centrosinistra. E fa notare la crescita generalizzata del suo partito, che in molte grandi città ha avuto una crescita a due cifre e in alcuni casi si ritrova ad essere la prima forza politica. Meloni rimanda i conti a dopo il ballottaggio e esorta l’intero centrodestra a «serrare i ranghi», perché «il centrosinistra in battaglia è compatto, noi lo siamo un po’ meno».

Del risultato del voto torna a parlare anche Matteo Salvini. «Se la metà dei cittadini sceglie di non votare non è certo colpa loro, è solo colpa nostra. Dei nostri errori, litigi e ritardi: che mi serva e ci serva di lezione». Gli fa eco il governatore del Veneto, Luca Zaia, che dopo aver smentito l’esistenza di una cospirazione per sostituire il leader («Il segretario faccia il segretario, gli amministratori facciano gli amministratori») riconosce i ritardi nella scelta dei candidati ma attribuisce le responsabilità all’intero centrodestra.

E interviene nel dibattito post voto anche Matteo Renzi: «Salvini – accusa il leader di Italia viva – ha compiuto un errore incredibile nell’inseguire la Meloni anziché seguire Draghi». Nella sua ultima enews, Renzi aggiunge anche di essere soddisfatto per il risultato di Italia Viva: «In tutta la campagna elettorale — scrive Renzi : i Cinque Stelle e Conte dicevano: `non preoccupatevi di Renzi, ha solo l’1%. Che dire: con l’1% abbiamo preso più consiglieri comunali di loro. Italia Viva è viva».

(Notizia in aggiornamento…)

5 ottobre 2021 (modifica il 5 ottobre 2021 | 14:35)

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