Torna la vetrina mondiale del vino italiano. A dieci anni dalla prima edizione, OperaWine presenta i migliori vini italiani ai compratori che arriveranno a Verona per il Vinitaly. La grande fiera torna dal 10 al 13 aprile, dopo due anni di interruzione a causa del Covid, OperaWine la precede di un giorno. È l’evento più internazionale, organizzato da VeronaFiere e da Wine Spectator, la rivista americana di riferimento per il settore, capitanata in Italia da Bruce Sanderson. All’inizio le cantine chiamate a rappresentare il Belpaese enologico erano poco più di cento, il numero è cresciuto di anno in anno.
I vini scelti da Wine Spectator
L’appuntamento è alle Gallerie Mercatali, un pezzo di archeologia industriale veronese, da poco restaurato. L’obiettivo è dimostrare che ogni regione produce almeno una eccellenza. La selezione dei critici statunitensi è anche una radiografia del comparto. Il risultato? Il dominio dei toscani, forti di alcune annate straordinarie dei loro grandi rossi, Brunello di Montalcino in testa: 36 i produttori convocati da Wine Spectator,mentre i piemontesi e i veneti si fermano a 19. Uno scalino sopra ai veneti del Prosecco e dell’Amarone, attestati a 18 presenze. Seguono la Sicilia, il Trentino e l’Alto Adige, e una Campania sempre più felix quanto a vino di qualità. Tra i nomi delle cantine, molti i protagonisti conosciuti nel mondo: da Antinori (con il Guado al Tasso 2018), a Biondi Santi (con la Riserva 2004), da Ca’ del Bosco (con il suo Metodo classico più suadente, l’Annamaria Clementi 2011, dedicato alla madre del fondatore, Maurizio Zanella), a Cantine Ferrari (Perlé 2007). E ancora Frescobaldi (Brunello Riserva 2015 Ripe al Convento) e Allegrini (La Poja 2012). Fino alla Tenuta San Guido con il Sassicaia 2011. Tra le new entry c’è Berlucchi con Palazzo Lana Riserva 2009 (la cantina è anche stata inserita nella prima volta nella top 100 mondiale di Wine Spectator con il ‘61 Brut Rosé) quasi un omaggio a Franco Ziliani, il fondatore da poco scomparso.
Un viaggio per le regioni d’Italia
La lista può essere usata come un viaggio nelle zone d’Italia: tra le Langhe del Barolo, ad esempio, per scoprire le etichette di Conterno, Cavallotto, Elvio Cogno, Giacosa, Mascarello, Vietti e altri ancora. Oppure per cercare perle enologiche, gli autoctoni, campo in cui l’Italia è imbattibile: come il Gattinara Riserva San Francesco 2017 di Antoniolo, vitigno narrato da Mario Soldati. Nell’elenco ci sono vignaioli che hanno trasformato un vino considerato comune in un nuovo caposaldo: come fece Giacomo Bologna (e ora i suoi figli) con la Barbera d’Asti, plasmata nel Bricco dell’Uccellone. I vitigni internazionali sono ugualmente presenti, a dimostrazione che quanto a tecnica enologica e sapienza produttiva l’Italia è al vertice. Lo sancisce, ad esempio, nel Lazio, il Montiano 2015 della Famiglia Cotarella, un Merlot in purezza ideato da Riccardo, presidente mondiale degli enologi.
OperaWine e Vinitaly
OperaWine è una vetrina scintillante per il vino italiano, pronto a conquistare nuovi mercati, anche per compensare la flessione da quelli scossi dai venti della guerra. I numeri del Vinitaly 2022, edizione 54, sono quelli di un settore che non vede l’ora di credere in una ripartenza duratura e veloce, dopo la retromarcia innestata a causa della pandemia. Più di 4.000 aziende espositrici e buyer da 60 Paesi. «Wine Spectator – dice Bruce Sanderson – ha scelto questi produttori in base alla loro,storia, all’importanza nelle loro regioni, nonché all’entusiasmo e all’innovazione. I vini italiani continuano ad essere un segmento importante dei vini importati negli Stati Uniti; i produttori di OperaWine sono una forza trainante di questo successo».
6 marzo 2022 (modifica il 7 marzo 2022 | 14:57)
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