Prima udienza il 7 giugno, battaglia sul verbali di deposito e su una frase del futuro presidente Einaudi. Il valore del tesoro stimato in circa 300 milioni di euro
Prosegue la querelle fra i Savoia e lo Stato italiano per la proprietà dei gioielli storici del casato. L’ex casa regnante ha citato in giudizio in sede civile lo Stato per la restituzione delle «gioie di dotazione della Corona del Regno d’Italia». La prima udienza si terrà il 7 giugno ’22. Davanti al giudice siederanno in rappresentanza dei Savoia gli eredi dell’ultimo re, Umberto II, noto come il Re di maggio: il principe Vittorio Emanuele e le principesse Maria Beatrice, Maria Pia e Maria Gabriella. Le istituzioni citate che invece rappresenteranno l’Italia sono la Presidenza del Consiglio, il ministero Economia Finanze e Banca d’Italia. Il giudice chiamato a stabilire la fondatezza della richiesta dei Savoia, assistiti dall’avvocato Sergio Orlandi, sarà individuato a breve.
I gioielli sono depositati dal 5 giugno 1946 in un caveau della Banca d’Italia: un tesoro da 6.732 brillanti e 2 mila perle. Il loro valore non è mai stato stimato, ma potrebbe aggirarsi sui 300 milioni. Anche se per Gianni Bulgari, che li visionò negli anni ’60, non valgono più di qualche milione. La valutazione, attraverso una perizia, sarà uno dei temi sollevati dall’avvocato Orlandi. Il cuore della rivendicazione dei Savoia si fonda su un presupposto: i gioielli, sostiene l’avvocato Orlandi, non sono mai stati confiscati dallo Stato. Quel 5 giugno 1946 il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, incaricato da Umberto II di consegnare diademi e collane, e l’allora governatore della Banca D’Italia Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica, sottoscrivono alle 17 un verbale di deposito. Che contiene, per il legale dei Savoia, un passaggio chiave: «L’avvocato Lucifero dichiara di aver ricevuto incarico da Sua Maestà di affidare in custodia alla Banca d’Italia le gioie in dotazione della Corona del Regno d’Italia per essere tenute a disposizione di chi ne avrà diritto». Parole che non chiariscono chi un giorno potrà vantare la proprietà dei gioielli. Un’interpretazione di questa frase, rimarca l’avvocato Orlandi nell’atto di citazione, si ricava però dal «Diario 1945-1947» di Einaudi pubblicato sul sito di Bankitalia. L’allora governatore scrive a pag. 657: «Egli (il Re) desidera che le gioie siano depositate presso la Banca d’Italia per essere consegnate poi a chi di diritto. La mia impressione è (…) che potrebbe ritenersi che spettano non al demanio dello Stato, ma alla famiglia reale». Dal prossimo 7 giugno questi frammenti di storia diventeranno materia processuale.
9 febbraio 2022 (modifica il 9 febbraio 2022 | 14:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA