di Elena Meli

Se i vasi si dilatano il ritorno verso il cuore del sangue venoso diventa più difficile e può dare origine a disturbi anche importanti. Se ne parla sul Corriere Salute in edicola gratis con il Corriere della Sera giovedì 10 febbraio

Pubblichiamo in anteprima parte di un articolo del nuovo «Corriere Salute». Potete leggere il testo integrale sul numero in edicola gratis giovedì 10 febbraio oppure in Pdf sulla Digital Edition del «Corriere della Sera».

Un cruccio da donne? Non proprio: l’intrico di capillari ben visibile sulle gambe non è solo un problema estetico che porta tante a eliminare tutte le gonne dall’armadio. Intanto perché non colpisce soltanto il sesso femminile: stando a una revisione degli studi sul tema, condotta qualche tempo fa da ricercatori dell’Università del Michigan da Ann Arbor, la prevalenza delle vene varicose può arrivare fino al 76 per cento nell’arco della vita di una donna, ma il problema non è certo sconosciuto al sesso maschile visto che la prevalenza stimata arriva al 56 per cento. Gli uomini magari ci fanno meno caso e se ne preoccupano solo quando i capillari sono già diventati varici, cioè vene molto dilatate, tortuose, gonfie e in rilievo sulla pelle, ma non ne sono immuni.

E sottovalutare il problema è un bel guaio perché «avere i capillari» o le varici è la spia di un disturbo della circolazione e come tale non andrebbe trascurato. È infatti il primo segno della malattia venosa cronica, una condizione in cui il ritorno al cuore del sangue venoso, ricco di anidride carbonica, è più difficoltoso del dovuto perché capillari, venule e vene delle gambe si dilatano in maniera permanente, diventando perciò pian piano sempre più evidenti sotto la cute. Come spiega Alessia Dossena, chirurgo vascolare e responsabile Vein & Derma Clinic dell’Istituto di Cura Città di Pavia, «I capillari ben visibili possono essere la punta dell’iceberg di un problema circolatorio che poi può portare a disturbi e complicazioni anche gravi (si veda a lato, ndr). Negli arti inferiori la circolazione venosa che riporta il sangue al cuore deve percorrere un tragitto più lungo rispetto a qualsiasi altra parte del corpo, per di più lavorando contro la forza di gravità: tutto questo comporta un maggior sforzo per spingere il sangue dalle gambe verso il tronco. Per riuscirci sfruttiamo l’effetto-pompa del piede e dei muscoli del polpaccio: quando camminiamo, premere sul suolo fa sì che ritmicamente il sangue venga spremuto dai tessuti periferici verso il cuore. Inoltre, nei vasi venosi ci sono valvole a nido di rondine che consentono al sangue di risalire ma ne bloccano la ricaduta verso il basso.

Quando i vasi si dilatano, come accade in caso di vene varicose, queste valvole non sono più in grado di opporsi al reflusso del sangue che quindi ristagna nei vasi periferici. È come un albero al contrario, nel quale il flusso va dai ramoscelli al tronco: quando per qualsiasi motivo il sangue torna indietro, verso il basso, anche i vasi collaterali pian piano si sfiancano, si dilatano». Così i capillari diventano visibili come una ragnatela rosso-bluastra sulla pelle, poi con il tempo possono ingrossarsi anche le venule di calibro maggiore e quindi le vene; quando il ristagno di sangue diventa consistente, i vasi dilatati e nodosi si toccano letteralmente con mano.

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8 febbraio 2022 (modifica il 8 febbraio 2022 | 21:06)

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