Gli Usa e la Gran Bretagna bloccano l’import di petrolio e gas dalla Russia, come ulteriore sanzione contro la guerra in Ucraina scatenata da Vladimir Putin: il presidente americano, Joe Biden, lo ha confermato in un discorso dalla Casa Bianca; pochi minuti dopo, il premier britannico Boris Johnson ha annunciato la medesima stretta da parte di Londra, puntualizzando che lo stop alle importazioni riguarderà solo il petrolio (non il gas) e sarà operativo «entro la fine dell’anno».
C’è da dire che Usa e Gran Bretagna non sono tra i primi clienti di Putin e delle ricchezze energetiche russe: rispetto alle esportazioni totale di petrolio della Russia, gli Stati uniti rappresentano l’1% in termini di valore di interscambio; la Gran Bretagna anche meno. In termini di importazioni energetiche, però, gli Usa ricevono dalla Russia il 7% delle risorse energetiche che arrivano dall’estero. La Gran Bretagna deve invece l’8% del fabbisogno interno di petrolio e derivati a gruppi russi.
Il ministro britannico dell’Economia, Kwasi Kwarteng, ha dichiarato su Twitter che il governo sta riflettendo sul’embargo totale anche del gas russo (che rappresenta comunque soltanto il 4% del fabbisogno interno della Gran Bretagna).
La stretta anglo-americana ha avuto un immediato effetto sui mercati delle materie prime: a New York il petrolio Wti ha raggiunto la quotazione di 132 dollari al barile (+7%).
L’attesa per le mosse della Ue e il peso dell’energia russa
La mossa di Uk e Usa è significativa anche perché l’America ha chiesto da giorni all’Europa di prendere la stessa decisione di «embargo totale» rispetto agli idrocarburi russi, il che taglierebbe in maniera drastica le entrate in valute del regime di Putin.
L’Unione europea dipende molto di più degli Stati Uniti dall’energia russa. L’Ue importa dalla Russia circa il 25% del petrolio che compra all’estero mentre la quota russa del gas importato è ancora più alta, circa il 40 per cento (l’Italia è al 46%). Negli ultimi 6 mesi del 2021 gli Stati Uniti hanno importato dalla Russia circa il 7% del petrolio comprato all’estero.
Il peso delle esportazioni russe di petrolio (in percentuale)
Le mosse di Pechino sullo scacchiere dell’energia
Ma c’è chi guarda avanti: a chi potrebbero fare gola i colossi russi di gas e materie prime, oggi molto svalutate in Borsa per le sanzioni e il possibile stop dei Paesi europei alle importazioni? Alla Cina, naturalmente, cioè all’altro grande acquirente di energia e minerali fondamentali per la crescita dell’economia. Tanto che ci sarebbero già i primi colloqui per compare quote (o incrementare quelle già esistenti) in gruppi russi come Gazprom — il gigante del gas che ha perso oltre il 90% nella sua quotazione a Londra — o il gruppo produttore di alluminio United Co. Rusal International (dimezzato di valore a Hong Kong). Sarebbe un modo per legare ancora di più la Russia alla Cina, un legame che si è intensificato negli ultimi anni, con Pechino che ha raddoppiato gli acquisti di prodotti energetici russi a quasi 60 miliardi di dollari rispetto al 2017. Complessivamente nel 2021 la Cina importa dalla Russia beni per 79 miliardi di dollari. E per Mosca, Pechino rappresenta il 17% di tutte le sue esportazioni, al secondo posto dopo l’Europa.
A farsi avanti in questi giorni sarebbero stati i grandi gruppi statali di Pechino come China National Petroleum, China Petrochemical, Aluminum Corp. of China e China Minmetals, secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg che cita persone a conoscenza del dossier . Anche in questo caso — come già avvenuto con le scorte di derrate alimentari come il grano — i cinesi punterebbero ad aumentare la loro sicurezza energetica e di materie prime. La Cina ha ordinato di ai gruppi statali di fare incetta sui mercati internazionali di petrolio, gas, ferro, orzo e mais senza badare ai prezzi, ma anche di nickel, palladio e alluminio (questi ultimi acquistati in gran parte proprio dalla Russia). Sono stati proprio i due presidenti, Xi Jinping e Vladimin Putin a firmare di recente una serie di accordi per aumentare le forniture russe di petrolio, gas e grano alla Cina.
Le indiscrezioni sui colloqui Cina-Russia per entrare nei grandi gruppi industrialiarrivano nel giorno in cui il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si prepara ad annunciare l’embargo Usa sul petrolio, il gas ed il carbone provenienti dalla Russia, secondo quanto riferito dalla Cnn, come nuove sanzioni nei confronti della Russia per l’invasione dell’Ucraina.
La mossa cinese non sarebbe invece una manifestazione di sostegno alla guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, secondo le fonti citate da Bloomberg. Proprio martedì il presidente cinese Xi Jinping ha detto che la situazione in Ucraina è «preoccupante» e che la Cina «deplora profondamente» la guerra in Europa, nel colloquio con il presidente francese, Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il primo con leader occidentali. Xi ha aggiunto — secondo la tv cinese Cctv — che Pechino sostiene il rispetto di «sovranità e integrità di tutti i Paesi», ma anche le «legittime preoccupazioni in materia di sicurezza. Tutti gli sforzi per la soluzione pacifica dovrebbero essere supportati».
I colloqui per gli investimenti cinesi nei colossi russi sono appena iniziati e non è detto che portino a un accordo, hanno specificato le fonti. Le relazioni commerciali di Pechino con le società energetiche russe in questo contesto sostituirebbero quelle dei gruppi occidentali che invece le stanno interrompendo, come ha fatto per esempio la britannica BP che ha venduto le quote dentro Rosneft. La Cina è comunque già azionista di rilievo delle società russe: CNPC ha una partecipazione del 20% nell’impianto di liquefazione del gas di Yamal LNG e il 10% nell’impianto Arctic LNG 2. Cnooc possiede anche il 10% di Arctic.