di Giuseppe Sarcina

Nelle retrovie diplomatiche si discute di una formula per provare ad ottenere un accordo con Putin: Vienna è comunque nell’Ue e tra i «Paesi associati» alla Nato

DAL CORRISPONDENTE WASHINGTON Il modello non è la Finlandia, ma l’Austria. Nelle retrovie diplomatiche, mentre la guerra non si ferma, si comincia a discutere su una formula per avviare una trattativa concreta tra Ucraina e Russia. Vladimir Putin potrebbe fermarsi e consentire al governo di Volodymyr Zelenksy di sopravvivere. In cambio l’Ucraina si impegnerebbe ad adottare la «neutralità perpetua», modificando la Costituzione che dal 2019, invece, prevede un percorso di avvicinamento alla Nato. Per Kiev, naturalmente, tutto ciò significherebbe una svolta drastica nel processo politico, culturale e anche psicologico cominciato nel 2014 con la rivolta di Maidan e la cacciata del presidente filo russo Viktor Yanukovich.

Pochi giorni prima dell’attacco putiniano (24 febbraio), il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva proposto, come tentativo estremo, la «finlandizzazione» dell’Ucraina. Vale a dire il «congelamento» per un lungo periodo della richiesta di aderire alla Nato. In sostanza una decisione politica, reversibile nel tempo. La Finlandia ha scelto l’equidistanza tra i due blocchi all’epoca della Guerra Fredda, ma senza inserire vincoli giuridici che potessero precludere cambiamenti futuri. Tanto è vero che proprio nelle ultime settimane la premier finlandese, Sanna Marin, ha partecipato ai summit dell’Alleanza atlantica. A Helsinki è in corso una profonda riflessione: l’aggressività di Vladimir Putin ha cambiato il quadro storico e quindi potrebbe essere arrivato il momento di abbandonare lo status «politico» di Paese neutrale ed entrare nella Nato. La condizione dell’Austria è diversa: la neutralità è sancita dalla Costituzione fin dal 1955. È parte integrante dell’identità del nuovo Stato emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Stando alle indiscrezioni raccolte tra Washington e altre capitali europee, questo schema potrebbe essere un punto di partenza nel colloquio tra i ministri degli Esteri russo, Sergei Lavrov e quello ucraino, Dmytro Kuleba, fissato per giovedì 10 marzo, ad Antalya, in Turchia.

È chiaro che gli ucraini, ora, si troveranno a negoziare in una posizione più svantaggiosa rispetto a quella di un mese fa. Le parole pronunciate ieri da Zelenksy, «pronto a trattare su Nato, Donbass e Crimea» sembrano prenderne atto. D’altra parte non ci sono tante altre possibilità, almeno sul piano della diplomazia. Gli ucraini puntano allora ad «un’applicazione estensiva» del «modello Austria». Vienna fa comunque parte dei «Paesi associati» alla Nato, cioè invitati ai vertici come osservatori. Ma soprattutto gli austriaci sono membri dell’Unione europea dal 1995. In quell’anno entrarono nella Ue i tre Paesi neutrali del Vecchio Continente: Svezia, Finlandia e appunto Austria (la Svizzera rinunciò nel 1992, dopo l’esito negativo di un referendum). La «neutralità perpetua» non ha impedito, dunque, a Vienna di riprendere la sua naturale collocazione nel Vecchio continente e di acquisire comunque un peso negli equilibri politici. Qualcosa del genere si potrebbe ipotizzare anche per l’Ucraina, ma senza forzare i tempi e le procedure. Questo scenario, però, è collegato a una serie di condizioni. La piena sovranità dell’Ucraina dovrebbe essere garantita a livello internazionale con vincoli accettati anche da Mosca. E l’Ucraina potrà restare uno Stato sovrano se manterrà la sua capitale, il suo territorio e lo sbocco sul mare, con Odessa.

8 marzo 2022 (modifica il 8 marzo 2022 | 21:26)

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