di Irene Soave
Shimon Hayut, israeliano si presentava su Tinder come figlio di un milionario e poi chiedeva migliaia di euro alle sue «fidanzate», è virale sui social grazie al documentario di Netflix
La megalomania doveva capirsi già da come si presentava: nemmeno «principe azzurro», ma «principe dei diamanti». Ora Shimon Hayut, israeliano 31enne, è noto come «the Tinder Swindler», «il truffatore di Tinder», appellativo che è persino diventato il titolo di un documentario uscito su Netflix il 2 febbraio. Hayut era il re delle truffe sentimentali. Si presentava a donne giovani e belle conosciute su Tinder come Shimon Leviev, figlio (inesistente) del magnate dei diamanti (esistente) Lev Leviev. Le seduceva inondandole di lussi: caviale, giri in jet privato, cene al Four Seasons. Poi chiedeva loro ingenti prestiti, accampando complicate storie di «persecuzione» da parte dei cartelli dei diamanti sudafricani, contro cui si era messo «per onestà». Con i soldi che riceveva, creava altri primi appuntamenti da favola per incastrare nuove vittime.
Le tre donne che si raccontano in The Tinder Swindler, Cecilie Fjellhøy, Ayleen Koeleman e Pernilla Sjohol, si sono ora riunite per aprire una sottoscrizione sulla pagina GoFundMe: gli avevano prestato rispettivamente 185 mila, 25 mila e 103 mila sterline. La vicenda risale al 2019, è ritornata a galla ora, con la popolarità del film — che ha spinto Tinder a bandire per sempre l’israeliano e tutti i suoi alias dall’uso dell’app — e l’apertura, forse anche funzionale a lanciare il documentario, della colletta. Le ragazze cercano di recuperare circa 730 mila euro. La stima delle polizie che si sono occupate del caso — quella norvegese, quella britannica e quella greca — è che però lui negli anni si sia intascato 8,5 milioni, da decine di ragazze adescate.
A piede libero, lui nega ogni addebito e non rende nulla: nel 2019 era stato arrestato in Grecia (grazie alla soffiata di una «fidanzata» che aveva dato alla polizia gli estremi di un volo su cui viaggiava) ma poi, estradato in Israele, aveva scontato solo 5 dei 15 mesi a cui era stato condannato. Buona condotta. Ha poi persino partecipato alle riprese del documentario: «Se fossi davvero colpevole lo avrei fatto?», ha scritto ieri su Instagram prima di chiudere di nuovo il suo profilo.
Il documentario mostra gli schemi tipici delle «truffe sentimentali», un tipo di raggiro molto comune nell’epoca degli amori online: emozioni forti, false identità e poi richieste di denaro. Quando Cecilie Fjellhøy se n’è resa conto — chiedendo indietro i suoi soldi veniva prima rabbonita, poi minacciata — ha deciso di contattare le altre vittime.
Denuncia Shimon, nel frattempo sparito (con i suoi soldi). Contatta VG, un giornale del suo Paese d’origine, la Norvegia, che inizia a seguire gli spostamenti di Shimon e contattare altre sue vittime. Una di loro, Ayleen Koeleman, vede l’articolo su VG e chiama la polizia: sa gli estremi di un suo volo che lo porta in Grecia. Così lui viene arrestato. Si difende: «Queste donne mi volevano per i miei soldi».
La sua storia ricorda quella della finta ereditiera Anna «Delvey» Sorokin, che fingendosi molto ricca era riuscita a farsi prestare almeno 200 mila dollari dall’élite newyorchese: anche a lei è dedicato un documentario in arrivo su Netflix (Becoming Anna), e insieme sembrano insegnare una cinica lezione: che il modo più rapido per fare soldi sia (fingere di) averli già.
8 febbraio 2022 (modifica il 9 febbraio 2022 | 11:13)
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