di Laura Martellini
Migliaia di donne e uomini al corteo nazionale indetto dalla rete di associazioni «Non una di meno». Sciarpe, parrucche e mascherine di colore fucsia e viola, decine di bandiere della pace e numerosi cartelli
Uno striscione bianco con la scritta nera e rossa: «Guerra alla guerra. Strike the war». Lo slogan che con la parola inglese «strike» vuole richiamare il doppio significato di «sciopero» e di «colpire» ha aperto il corteo che ha richiamato in piazza della Repubblica oggi migliaia di donne e uomini per la manifestazione nazionale indetta dalla rete di associazioni «Non una di meno».
Sciarpe, parrucche e mascherine di colore fucsia e viola, decine di bandiere della pace e numerosi cartelli per chiedere in primo luogo la fine del conflitto armato tra Russia e Ucraina. «Apriamo i confini alle rifugiate ucraine e a chi scappa da ogni guerra»; «il sistema è fragile, non le donne» le scritte su alcuni manifesti. Tra canti e slogan, simboli del femminismo e uso dello Schwa (a indicare il genere neutro), il corteo è partito alle 17.45 da piazza della Repubblica e si è diretto a piazza Venezia. Ad aprirlo il camionicino bianco della rete, con lo striscione viola «Non una di meno». Sui lati un cartello bianco e il testo in rosso : «Nessun consenso al patriarcato, transfemminismo sia Stato».
«Lo sciopero femminista e transfemminista – hanno sottolineato le organizzatrici – non sarà solo astensione dal lavoro salariato. Consapevole delle difficoltà e dei limiti di uno sciopero sindacale, nel momento in cui il lavoro è sempre più precario, e non pagato, Non Una di Meno vuole fare dello sciopero uno strumento di lotta per tutte le figure del lavoro e del non lavoro, e denunciare il persistere della violenza patriarcale». Parlando dell’invasione russa dell’Ucraina, le promotrici hanno commentato: «Solo un mese fa era inimmaginabile: la terza guerra mondiale, la guerra nucleare come orizzonte distopico non sono mai state prospettive così vicine e concrete». «Fermiamo la guerra in Ucraina, fermiamo l’invio di armi dall’Italia e dai Paesi europei, fermiamo l’escalation bellica sui corpi della gente! Fermiamo le pesanti sanzioni volute dalla Nato e approvate dall’Ue, che non toccheranno Putin e gli oligarchi russi ma che colpiranno in prima istanza la popolazione civile e avranno gravi conseguenze anche in Europa. A pagare saranno i poveri, le donne, i disertori dei ruoli di genere, le persone migranti bloccate ai tanti confini, usate come armi in una guerra vecchia come il mondo eppure sempre nuova».
L’appello conclusivo: «Siamo con le donne ucraine in Italia, lontane da casa per lavorare e spesso per curare i nostri cari, trattate fino a oggi come cittadine di serie B al pari di tutte le altre migranti sul suolo europeo. Siamo con chi resiste all’occupazione in Ucraina e con l’opposizione sociale e femminista russa contro il regime di Putin. Contro la guerra dei potenti, reclamiamo un’Europa senza confini, democratica e solidale».
8 marzo 2022 (modifica il 9 marzo 2022 | 12:14)
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