In Occidente l’acronimo è ormai famoso: GAFAM, ovvero Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft, grandi aziende, Big Tech considerate espressione di un oligopolio, commerciale, tecnologico, informatico assolutamente dominante, difficile da contrastare. La sentenza contro Google è tornata così ad accendere i riflettori sul tema. Il giudice Amit P. Mehta della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto di Columbia ha, infatti, affermato in una sentenza di 277 pagine che Google ha abusato di un monopolio nel settore delle ricerche online
Il Dipartimento di Giustizia e alcuni Stati avevano fatto causa a Google, accusando l’azienda di aver consolidato illegalmente il suo predominio, in parte, pagando ad altre aziende, come Apple e Samsung, miliardi di dollari all’anno per far sì che proprio Google gestisse automaticamente le query di ricerca sui loro smartphone e browser web. “Google è un monopolista e ha agito come tale per mantenere il suo monopolio”, ha affermato il giudice nella sentenza che è un duro verdetto per le grandi aziende tecnologiche che utilizzano la loro pervasività in Internet per influenzare il modo in cui facciamo acquisti, consumiamo informazioni e cerchiamo online. E’ anche il primo indizio di un possibile limite del potere delle Big Tech ed è probabile che influenzi altre cause antitrust del governo contro Apple, Amazon e Meta. La decisione storica, colpisce infatti, i giganti della tecnologia, e secondo gli esperti potrebbe alterare radicalmente il loro modo di fare affari. O almeno questo è l’auspicio.
Meta, Facebook (gettyimages)
“Questa decisione storica rende Google responsabile”, ha detto Jonathan Kanter, il principale funzionario antitrust del Dipartimento di Giustizia, al New York Times. “Apre la strada all’innovazione per le generazioni future e protegge l’accesso alle informazioni per tutti gli americani”.
Da parte sua però Kent Walker, presidente degli affari globali di Google, ha annunciato che la società farà ricorso contro la sentenza. “Questa decisione riconosce che Google offre il miglior motore di ricerca, ma conclude che non dovremmo essere autorizzati a renderlo facilmente disponibile”, ha affermato, difendendo la posizione e le scelte del colosso hitech statunitense.
L’Antitrust condanna Google per monopolio ricerca su Internet (Rainews24)
Durante il processo, l’ amministratore delegato di Microsoft, Satya Nadella, si è detto preoccupato che il predominio del suo concorrente avesse creato un “Google web” e che il suo rapporto con Apple fosse “oligopolistico”. E aveva ammonito che se avesse continuato imperterrito, probabilmente Google sarebbe diventato dominante anche nella corsa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Google dal canto suo si era difesa affermando che stava vincendola sfida “perché era migliore”. Insomma, in alcuni casi accuse reciproche di oligopolio che scuotono comunque il sistema.
sede Microsoft a Redomond, USA (gettyimages)
Secondo il New YorkTimes, la decisione è la vittoria più significativa fino ad oggi per le autorità regolatorie americane che stanno cercando di frenare il potere dei colossi della tecnologia e probabilmente influenzerà altre cause antitrust governative contro Google, Apple, Amazon e Meta (proprietario di Facebook, Instagram e WhatsApp).
Logo Amazon (Ansa)
Nella lunga battaglia, che va avanti da anni (tra indagini, processi e sentenze) tra gli Stati e le Big Tech queste ultime spesso sono state accusate di alterare il mercato e la libera concorrenza, conabusi di posizione dominante, fusioni acquisizioni contro le quali sono state comminate, tanto negli Usa che in Europa, milionarie, talvolta miliardarie, sanzioni che però non hanno impedito il perseverare di certe pratiche che secondo quanto denunciato dall’Antitrust vedono compromesse garanzie democratiche fondamentali come privacy, tassazione equa e diritti dei lavoratori.
Le accuse sono quelle di dettare prezzi e regole su commercio, motori di ricerca, pubblicità, servizi di social network e editoria. Ma soprattutto, le battaglie più complesse, riguardano le condizioni di lavoro, i regimi fiscali e la gestione dei dati personali che, come nel famoso caso di Cambridge Analityca, diventano cruciali in ambito sociale e politico.
Apple (Getty)
BATX, anche la Cina ha il suo oligopolio
Se a dominare lo scenario occidentale e l’oligopolio di GAFAM nella Repubblica Popolare Cinese a dominare è BATX, ovvero i colossi Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi. Pechino ha modificato la legislazione antitrust dal 2008. La legge, che in precedenza non riguardava i giganti cinesi di Internet, è stata estesa a tutte le società digitali del Paese.
Il potere crescente dei BATX, ma anche di ByteDance, proprietario dell’applicazione TikTok ha spinto le autorità asiatiche a incoraggiare lo sviluppo di nuove start-up. E a differenziare il mercato.