Le ossa sono la terza sede più frequente di metastasi, dopo polmoni e fegato. Eventi scheletrici e immobilità peggiorano la vita dei malati. Un’indagine fa luce sulle conoscenze di pazienti e oncologi
Le metastasi ossee, insieme al dolore che le accompagna, peggiorano notevolmente la vita dei malati di tumore, rendendo sempre più difficoltoso svolgere le normali attività quotidiane, riducendo la loro autonomia funzionale, esponendoli a un rischio elevato di fratture e peggiorando il loro stato psicologico ed emotivo. Se prevenirle, ad oggi, non è ancora possibile, è però fondamentale fare tutto il possibile per individuarle il più presto possibile e intervenire con le terapie disponibili per rallentarne l’evoluzione. Con l’intento di sensibilizzare pazienti e medici, nasce l’indagine voluta dalla Rete oncologica pazienti Italia (ROPI), un questionario anonimo da compilare online che punta a fare luce sulle complicanze delle metastasi ossee e sulla loro adeguata conoscenza da parte sia degli specialisti sia dei diretti interessati.
Ogni anno 35mila nuovi casi in Italia
Le ossa sono la terza sede più frequente di metastasi, dopo polmoni e fegato. Le stime per l’Italia riportano circa 35mila nuovi casi ogni anno, collegati a diversi tipi di cancro: più o meno l’80% delle metastasi ossee insorge però in persone che soffrono di neoplasie a seno, prostata, polmone, rene, tiroide. E le cifre sono destinate a crescere perché sempre più malati convivono con una neoplasia a lungo, anche per molti anni, rallentandone la progressione grazie alle nuove terapie. «Circa 7 donne su 10 con tumore metastatico al seno e oltre 8 uomini su 10 con carcinoma metastatico alla prostata sviluppano nel tempo anche metastasi ossee — sottolinea Stefania Gori, presidente ROPI che dirige anche l’oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) —: in un caso su tre sono associate a complicanze scheletriche, tra cui le fratture patologiche. Il progetto Engage (promosso da ROPI con il supporto non condizionante di Amgen Italia) punta a prevenire le complicanze in più casi possibili. “Ascoltare” le ossa per il paziente significa prestare attenzione ai primi sintomi che possono emergere, quali il dolore osseo anche di lieve entità. Per l’oncologo significa dare attenzione alla ossa, ricercando attivamente e in maniera routinaria la presenza di metastasi, in modo da poter tutelare il più precocemente possibile la salute delle ossa anche in assenza di dolore». In un quarto dei malati le metastasi ossee sono asintomatiche, ma nel restante 75% dei casi portano una serie di complicanze che vengono definite «eventi scheletrici correlati», tra i quali appunto le fratture e la compressione midollare, oltre al dolore, che è il sintomo più frequente, molto invalidante per la vita dei pazienti, che sul lungo periodo vengono ridotti all’immobilità.
Monitorare la situazione
È stato ampiamente dimostrato come anche alcune terapie anticancro possono contribuire a determinare questi gravi problemi di salute: in particolare, la terapia ormonale provoca una rapida perdita di massa ossea. D’altro canto è oggi possibile ricorrere alla somministrazione di alcuni particolari farmaci osteoprotettori. «Alle metastasi ossee è collegato un peggioramento della qualità di vita, oltre che un aumento della mortalità — aggiunge Gori —. La consapevolezza del rischio di complicanze scheletriche è ancora piuttosto scarsa, purtroppo. Sono ancora pochi i pazienti informati su questo tipo di conseguenze e si stima che solo il 25% di chi è affetto da metastasi ossee oggi riceva una terapia specifica per le ossa. È comprensibile che il focus sia sulla terapia per contrastare il tumore, ma è necessario aiutare i pazienti e chi sta loro vicino a comprendere che la cura delle ossa è parte integrante del percorso terapeutico». Se concretamente i pazienti non possono fare niente per prevenire la comparsa di metastasi ossee, molto importante per vivere meglio è più a lungo è seguire uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata e un’attività fisica regolare. La migliore prevenzione resta l’identificazione precoce del cancro, quando maggiori sono le probabilità di guarire definitivamente e di non andare incontro a metastasi ossee o in altre sedi. «È decisiva anche l’esecuzione regolare degli esami di controllo — conclude Gori —. E nel momento in cui vengono diagnosticate le metastasi ossee esistono dei trattamenti in grado di rallentare significativamente la comparsa di complicanze scheletriche».
8 febbraio 2022 (modifica il 9 febbraio 2022 | 17:07)
Posto l’errore commesso, avete rischiato ed evitato un tracollo finanziario. Cosa è successo in sintesi? «La valorizzazione dei punti è stata fatta a 0,50 euro invece che 0,05. Un disastro in termini economici considerando i milioni di punti detenuti dagli utenti. Se ne è accorta l’amministrazione vedendo che a gennaio avevamo 480 mila euro di valorizzazioni erogate. A quel punto dovevamo cercare di rimediare anche perché l’iniziativa sarebbe durata fino a maggio 2023».
Come funzionava il concorso? «Il concorso dei punti fagiana prevedeva in origine la distribuzione, in base ai punti accumulati, di gadget di vario tipo. Dagli accappatoi alle tazze. La domanda però era così alta che, tra logistica in panne, importiamo dalla Cina, e magazzini da riempire, abbiamo optato per la valorizzazione economica dei punti. In pratica l’utente poteva convertire i punti in denaro dal suo account e spendere la somma sul sito».
A quel punto per uno zero cambia tutto. Come avete gestito l’emergenza e quali erano i rischi? «Non appena ci siamo accorti del problema siamo intervenuti sulle nuove conversioni (fissando la cifra a 10 centesimi a punto, ndr) e abbiamo informato i clienti tramite newsletter.Era una questione di responsabilità. Da imprenditrice lavoro con tante piccole e medie aziende che non potevano reggere il contraccolpo a cascata. Solo il nostro partner per la logistica, con cui lavoro da anni, dà lavoro a 150 persone. Ben di più dei miei 60 dipendenti».
Avete puntato sulla trasparenza. Qual è stata la reazione della community? «Ho fatto mea culpa e ho cercato di spiegare come erano andate le cose. La risposta è stata incredibile: il 99% delle persone si è dimostrata comprensiva, qualcuno ha perfino detto di voler restituire la somma spesa. Ci sono state lamentele ma devo dire che, dopo settimane in cui tutto il team era provato e quasi in lacrime, le reazioni positive degli utenti sono state di conforto».
Cosa farete per imparare dall’errore ? «Siamo un’azienda giovane cresciuta molto velocemente. Dobbiamo ancora strutturare i processi interni. Abbiamo assunto 40 persone in pandemia e alcune lavorano da mesi in smart working. Il meccanismo va rodato. Certamente per evitare errori simili stiamo predisponendo dei sistemi di double check per controllare ogni passaggio». Virgole e zeri compresi.
Il servizio non richiede hardware aggiuntivi per le transazioni. Ora è attivo negli U.S.A., presto potrebbe essere disponibile anche in Europa
Pagamenti sempre più a portata di smart device. L’apripista è ancora una volta la Apple che, dopo le prime sperimentazioni, ha finalmente dato il by means of e annunciato il debutto del servizio Tap to Pay per i suoi iPhone. Con questa funzionalità anche i commercianti potranno accettare pagamenti effettuati non solo attraverso Apple Pay, ma anche carte di debito e di credito utilizzando un telefono. Di fatto i device elettronici assumono sempre più la funzione di veri e propri Pos portatili, semplificando notevolmente lo svolgersi delle transazioni. Al momento il servizio è già attivo negli Stati Uniti e non è escluso che prossimamente possa estendersi anche ad altre realtà geografiche, come l’Europa.
I pagamenti contactless possono fare così un passo avanti in termini di digitalizzazione, con gli utenti che potranno avvalersi anche dei wallet digitali. Ai commercianti, grandi o piccoli che siano, basterà scaricare e avviare un’applicazione specifica, realizzata direttamente da Apple. Dal modello XS in poi non ci sarà alcun problema di compatibilità, così da permettere ai clienti di un qualsiasi location o negozio di pagare semplicemente avvicinando il proprio strumento di pagamento, che sia un modello differente di mobile phone, uno smartwatch o una carta di pagamento contactless all’iPhone del titolare del servizio. La tecnologia è sicura e garantita, mantenendo anche la totale privacy sull’oggetto della transazione e su chi la effettua. L’azienda statunitense Stripe, infrastruttura software che permette a privati e aziende di inviare e ricevere pagamenti unicamente attraverso il web, ha già annunciato di voler adottare il nuovo servizio, ma è molto probabile sia la prima di molte altre. Il servizio associato alla tecnologia del chip Nfc (Near Field Interaction) può infatti integrare Tap to Pay con altri software application, come per esempio le app di terzi. Oltre a Stripe, anche Shopify avrebbe mostrato interesse per la nuova opportunità offerta ai pagamenti digitali. “Sicurezza e comodità”, con queste qualità il vicepresidente di Apple Pay e Apple Wallet, Jennifer Bailey, ha sintetizzato questa piccola rivoluzione per i pagamenti. “Tap to Pay permetterà advertisement aziende grandi e piccole di velocizzare le transazioni e far crescere la propria attività con un sistema sempre più veloce per ricevere i pagamenti in totale trasparenza. Favorendo ulteriormente i pagamenti digitali, ben individuabili e tracciabili”.
9 febbraio 2022 (modifica il 10 febbraio 2022|09:29)
Cartolina dai primi Giochi nella storia che utilizzano solo neve artificiale. Un’impronta ecologica pari a 1,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica, come le emissioni annuali di un piccolo stato africano come il Gabon o la Guinea
Una pista da sci piantata in mezzo al grigiore di un vecchio sito industriale, poco lontano da Pechino. Gli atleti di freestyle che si cimentano in salti spettacolari circondati dalle ciminiere. Uno scatto impressionante. Big Air Shougan, così si chiama l’impianto, è costruita nei terreni di un’ex acciaieria del gruppo Shougang , chiusa prima delle Olimpiadi estive del 2008 per l’inquinamento atmosferico. E poco importa che l’impianto sia uno dei pochi costruito da zero, senza “riciclare” strutture preesistenti. La foto è la cartolina più adatta per rappresentare il triste primato dei Giochi in corso a Pechino: i primi a utilizzare solo ed esclusivamente neve artificiale.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, i Giochi – estivi o invernali – dal 1992 al 2020 sono diventati sempre meno sostenibili. I più virtuosi: quelli di Salt Lake City 2002. I peggiori: quelli di Sochi 2014 e Rio 2016. Per questi Giochi si parla di un’impronta pari a 1,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica: come un piccolo Stato africano come il Gabon o la Guinea (2017).
E’ la neve il problema principale. A Sochi l’80% della neve era stata artificiale. A Pyeongchang il 90%. Ora: tutta. Richiede acqua, per poter essere prodotta: acqua che viene chiesta a una regione che — già sotto pressione per la mancanza di risorse idriche — deve riservarne milioni di metri cubi per la creazione. Yanqing e Zhangjiakou, dove si tengono le gare sulla neve, hanno poche precipitazioni e quindi si è dovuti ricorrere a pompare acqua da altre regioni per produrre il mano nevoso. Ne serviranno 2,8 milioni di metri cubi: quasi mille piscine olimpioniche. Ma il Comitato ha assicurato che i Giochi limiteranno lo sfruttamento delle risorse idriche (eppure la previsione si aggira intorno al 10%) e che le attività di pompaggio dell’acqua non saranno eccessivamente costose in termini di CO2 prodotta (la stima è pari a 3.000 tonnellate di CO2).
Ci sono poi emissioni non evitabili, come quelle causate dagli spostamenti in aereo, che verranno compensati (secondo il piano cinese) con circa 60 milioni di alberi che sono stati piantati, per mitigare un milione di tonnellate, e con l’aiuto degli sponsor, che hanno studiato compensazioni di carbonio per altre 600 mila tonnellate. Una scelta, quella del rimboschimento, che però viene vista con sospetto: c’è infatti chi, come Daniel Scott, geografo dell’Università di Waterloo, in Canada, teme che le foreste possano essere in seguito bruciate o abbattute.
E il problema diventerà sempre più evidente per i futuri Giochi Invernali. Uno studio elaborato da Scott sostiene che a causa del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature nel futuro la maggior parte delle città che hanno ospitato le Olimpiadi invernali negli anni passati non sarebbero in grado di farne una seconda edizione. Secondo Nature solo una delle 21 località olimpiche invernali del passato sarebbe in grado di ospitarli di nuovo: Albertville, in Francia.
La Cina rassicura: i Giochi in corso sono carbon neutral. Ci sono (a causa del Covid) pochi spettatori, quindi molte meno persone si sono spostate rispetto alle edizioni precedenti. Un gran numero di edifici è stato ristrutturato (e non costruiti da zero, come spesso accade) partendo da quelli del 2008; gli atleti e le persone coinvolte si spostano a bordo di mezzi ecologici, che sono alimentati a idrogeno, gas naturale ed elettricità.
8 febbraio 2022 (modifica il 8 febbraio 2022 | 17:27)
Christoph Heusgen, da marzo al timone della Conferenza di Monaco: «Il gasdotto Nord Stream 2 è stato un errore. La Russia di inizio secolo non c’è più»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — «Ci sono alcuni in Germania che ancora non capiscono ciò che è diventata la Russia e pensano ancora che dovremmo essere sempre con Mosca per ragioni storiche, accettando l’annessione della Crimea, l’intervento in Siria, eccetera. Ma quello che fa Putin nel mondo dimostra che la Russia che abbiamo conosciuto agli inizi del secolo non c’è più». Christoph Heusgen è stato per 12 anni, dal 2005 al 2017, il consigliere diplomatico di Angela Merkel e uno dei più fidati collaboratori della cancelliera. Ambasciatore alle Nazioni Unite fino alla scorsa estate, Heusgen prenderà da marzo la guida della Conferenza di Monaco, il più importante forum mondiale sulla sicurezza.
Qual è la sua valutazione sulla visita di Olaf Scholz a Washington? Il cancelliere ha passato il test? «Penso di sì. Bisogna guardare il quadro generale. Mentre gli Stati Uniti appaiono deboli dopo il ritiro dall’Afghanistan, polarizzati politicamente, concentrati su sé stessi e l’Europa mostra un certo grado di instabilità con un cambio di governo in Germania e elezioni imminenti in Francia, Putin ha pensato di testare l’unità tra americani ed europei. Ma penso che abbia ricevuto una notizia interessante: gli USA, l’Unione europea e la Nato sono una comunità di valori ancora molto unita. Abbiamo mandato un messaggio forte a Mosca. È questo è stato tanto più chiaro a Washington dopo i colloqui tra Scholz e Biden. Entrambi hanno detto che ci sarebbero reazioni massicce se Putin dovesse invadere l’Ucraina».
Eppure, la domanda se la Germania sia un partner affidabile continua a circolare negli USA . «Questo è totalmente esagerato. Dopotutto la Germania è il più forte sostenitore dell’Ucraina in termini di aiuti economici e assistenza per le riforme. Abbiamo mandato nuove truppe in Lituania, partecipiamo al pattugliamento dello spazio aereo baltico, che i russi violano regolarmente»
Scholz però ha evitato con cura di evocare il Nord Stream 2 per nome. «Nord Stream 2 è stato un errore. Alcuni leader socialdemocratici come Gerhard Schroeder e Sigmar Gabriel spinsero in suo favore. Ora è lì. Ma perfino il nuovo presidente della Spd, Lars Klingbeil, ha detto chiaramente che tutto è sul tavolo quando si parla di possibili sanzioni, incluso il gasdotto».
Una ragione in più per chiederle: perché è così difficile per Scholz nominare il Nord Stream 2? «Non so. Forse non ha voluto dire una cosa sgradita alla sinistra del partito, nella speranza di non alienarla. Ma Scholz sa che, se Biden dice in modo così chiaro che in caso di invasione il Nord Stream 2 verrà fermato, ogni compagnia anche lontanamente collegata al gasdotto verrà sanzionata. Certo, Scholz avrebbe potuto citare il Nord Stream 2. Ma insisto che bisogna guardare il quadro generale e da questo punto di vista, l’esito della visita è stato buono per entrambi».
Perché lei è a favore della fornitura di armi difensive all’Ucraina, a cui il governo tedesco si oppone? «Penso che 75 anni dopo la fine della guerra, non possiamo sempre riferirci alla nostra storia. Dobbiamo tenere viva la memoria dell’Olocausto e dei crimini orrendi commessi in nome della Germania. Ma non possiamo continuare a dire che per ragioni storiche non possiamo mandare armi a nessuno, non possiamo nasconderci dietro i principi. Primo, lo facciamo già: forniamo a Israele i nostri migliori sottomarini e ai curdi in Iraq le armi anticarro contro l’Isis. Secondo, proprio in Ucraina dove la Germania nazista uccise centinaia di migliaia di persone, credo che abbiamo l’obbligo morale di mandare armi per consentire agli ucraini di difendersi contro una invasione straniera. Scholz e i suoi alleati verdi sono contrari, ma già si sentono le prime voci dentro la coalizione che invitano a riconsiderare questa posizione».
Nel 2014, quando la Russia annesse la Crimea, Angela Merkel prese subito l’iniziativa diplomatica a tutto campo. Scholz invece è stato cauto per non dire assente. È solo perché è nuovo nell’incarico o è frenato dalle contraddizioni della sua coalizione del “semaforo”? «E’ una nuova coalizione, un nuovo governo e deve ancora mettere a fuoco la sua azione. Nel 2014, Merkel era già da 9 anni cancelliera, conosceva tutti i protagonisti. La Germania in questa fase non svolge il ruolo internazionale che giocava con Angela Merkel, ma è comprensibile».
Gli USA e l’Europa devono dare a Putin alcune garanzie di sicurezza? “No. Putin ha tutto quello di cui ha bisogno. Guardi, l’ultima decisione di allargare la Nato è stata presa nel 2004. Dopo c’è stata la decisione di Bucarest, nel 2008, quando la Germania e altri Paesi hanno posto il veto alla proposta degli USA di lanciare un negoziato per far entrare Ucraina e Georgia nella Nato. Da allora non è accaduto più nulla. E Putin sa benissimo che non ci sarebbe alcuna unanimità per allargare l’Alleanza a Kiev. Ma lui usa il nuovo nazionalismo russo per migliorare la sua popolarità interna in discesa. Ha paura che quanto accade in Ucraina, in Georgia e in Bielorussia possa accadere anche in Russia. Ecco perché reprime gli oppositori interni, facendoli uccidere, avvelenandoli o mandandoli in galera. Ripeto, l’ampliamento della Nato all’Ucraina non è nell’agenda”.
Come si esce allora da questa situazione? “Rimanendo uniti, forti e mandando messaggi chiari. Questa è per un ulteriore sveglia all’Europa perché trovi unità d’azione dentro l’alleanza transatlantica. Sotto la leadership di Francia, Italia e Germania, l’Ue deve diventare più forte, creare una forza militare di rapida reazione, lavorare insieme, parlare con una sola voce. Dobbiamo capire che Biden può essere una parentesi, che potremmo avere un nuovo Trump e per questo dobbiamo assumerci più responsabilità. Ho paura che non sarà facile. La Germania è restia a guidare, l’Italia rischia di tornare all’instabilità dopo Mario Draghi e la Francia si indebolisce in Africa. Eppure, ne abbiamo bisogno, la gente deve capire, noi dobbiamo spingere la politica nella direzione di un’Europa forte. E questa è l’agenda che voglio dare alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza”.
8 febbraio 2022 (modifica il 8 febbraio 2022 | 21:57)
Riallestite nella Galleria del l’Accademia le sale del Duecento e del Trecento con i preziosi fondo oro . E riapre anche la sala con l’imponente gruppo del Ratto delle Sabine. E poi in mostra nove busti del Buonarroti opera di Daniele da Volterra.
La buona abitudine di andar per musei si è rafforzata sulla scia di ampliamenti, ristrutturazione di spazi, rifacimento d’impianti, restauri, aperture di depositi, valorizzazione dell’esistente. Non fa eccezione la Galleria dell’Accademia di Firenze, che ha riallestito e appena riaperto le sale del Duecento e del Trecento, con un nucleo pregiato di fondo oro. Non c’è solo il preziosissimo David di Michelangelo (la cui estatica visione era possibile, solo due anni fa, dopo ore di lunghissime code in strada) alla cui Tribuna si arriva dopo aver percorso la galleria con i quattro Prigioni del Buonarroti. Questa star deve ora “invitare” lo sguardo dell’osservatore a posarsi su quel frammento di affresco di Giotto raffigurante un pastore; sulle tavole di Taddeo Gaddi, Bernardo Daddi, Orcagna, Pacino da Bonaguida. E naturalmente su Lorenzo Monaco, di cui il museo ha il maggior nucleo di opere al mondo.
Nella sezione quattrocentesca troviamo il cassone Adimari, la Madonna del Mare attribuita al Botticelli e la Pala dei Tre santi di Domenico Ghirlandaio, la Tebaide, di Paolo Uccello, opera che racconta scene di vita eremitica di alcuni monaci, poi altri mirabili dipinti di Lorenzo di Credi, Jacopo del Sellaio, Filippino Lippi, Mariotto Albertinelli, Pietro Perugino. Dall’8 febbraio riaprirà anche la Sala del Colosso (così denominata perché un tempo custodiva la monumentale replica in gesso di uno dei Dioscuri di Montecavallo, la coppia di eroi mitologici che abbelliscono la fontana di Piazza del Quirinale a Roma), con lo straordinario modello in gesso del Ratto delle Sabine del Giambologna (nome italianizzato dell’artista fiammingo Jean de Boulogne, 1529/1608) , il cui gruppo marmoreo è collocato nella Loggia dei Lanzi, in piazza della Signoria. Questo gesso riproduce fedelmente il modello originario in scala 1:1 del bozzetto in terra cruda , realizzato dall’artista intorno al 1580 per il granduca Francesco I dei Medici, per aggiudicarsi la committenza dimostrando il suo virtuosismo esecutivo che prelude al Barocco.
Tra i dipinti del 500, le opere del Pontormo e di Andrea del Sarto. In fase di ultimazione la gipsoteca di Bartolini (che ripropone lo studio dello scultore). Michelangelo, nume di questo museo, è poi al centro della mostra che raccoglie per la prima volta i nove busti in bronzo dell’artista, attribuiti a Daniele da Volterra, prestati anche dal Louvre, dal Jacquemart-André e dall’Ashmolean. Dal 15/02 al 19/06.
8 febbraio 2022 (modifica il 8 febbraio 2022 | 18:20)
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