La “vista” del telescopio spaziale Euclid è leggermente calata a causa di un sottilissimo strato di ghiaccio, dello spessore di poche decine di nanometri, che si è formato sulle sue lenti e che proviene dall’umidità atmosferica assorbita durante le fasi di assemblaggio sulla Terra.

È la conclusione a cui è giunto il team di scienziati che nei mesi successivi al lancio, avvenuto nel luglio 2023, ha osservato una piccola ma progressiva diminuzione della luminosità delle stelle misurata dallo strumento di bordo “VIS” (Visible Instrument).

Il problema che sta affrontando Euclid, missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nata per studiare l’espansione dell’universo, la materia oscura e l’energia oscura, è un problema comune nei veicoli spaziali dopo il lancio.

L’acqua assorbita dalle diverse componenti durante l’assemblaggio viene gradualmente rilasciata, favorita dal vuoto dello Spazio. Nel freddo gelido queste molecole tendono ad attaccarsi alla prima superficie che incontrano, e quando atterrano sulle ottiche del telescopio, possono causare problemi.

Mischa Schirmer, scienziato della calibrazione per il consorzio Euclid, spiega: “Alcune stelle nell’Universo variano nella loro luminosità, ma la maggior parte è stabile per molti milioni di anni. Quindi, quando i nostri strumenti hanno rilevato un debole e graduale declino dei fotoni in arrivo, abbiamo capito che non erano loro, ma noi”.

Per ovviare a questo problema, subito dopo il lancio è stata effettuata una “operazione di degassamento”, durante la quale il telescopio è stato riscaldato da appositi dispositivi di bordo e dall’esposizione solare. In questo modo la maggior parte delle molecole d’acqua è sublimata, ma una parte considerevole, assorbita dal materiale multistrato dell’isolamento, è sopravvissuta.

Mentre continuano le operazioni scientifiche di Euclid, gli scienziati hanno elaborato un piano per mitigare l’impatto del ghiaccio sugli strumenti. L’opzione più semplice sarebbe quella di effettuare di nuovo il “degassamento”, portando la temperatura interna dai circa 140 gradi sottozero ai più “miti” -3. L’ottica si pulirebbe ma il riscaldamento provocherebbe l’espansione dei materiali dell’intera struttura che poi, raffreddandosi, potrebbe causare la perdita dell’allineamento ottico con conseguente fase di ricalibrazione che dura settimane.

“Per raggiungere gli obiettivi scientifici di Euclid”, spiega il direttore di volo di Euclid Andreas Rudolph, “inclusa la realizzazione di una mappa 3D dell’Universo osservando miliardi di galassie fino a 10 miliardi di anni luce, in più di un terzo del cielo, la missione deve essere particolarmente stabile, temperatura compresa”.

Per limitare gli sbalzi termici, quindi, il team procederà per gradi, riscaldando uno specchio alla volta e misurando successivamente la percentuale di luminosità recuperata. L’obiettivo è anche quello di individuare quale area del telescopio è stata maggiormente interessata dal fenomeno, in modo da intervenire rapidamente se in futuro il problema dovesse ripresentarsi.

“Sono estremamente curioso di scoprire dove si sta accumulando questo ghiaccio d’acqua e come funzionerà il nostro piano”, conclude Mischa.

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