di Caterina Belloni

Contro l’impoverimento della lingua di Shakespeare, la Ark All Saints Academy ha deciso di mettere «fuori legge» molte espressioni proprie dello slang

Quante volte i professori italiani sono stati tentati di alzare gli occhi al cielo, perché gli allievi infarcivano interrogazioni e compiti in classe di parole come «praticamente» o «cioè»? Non sono i soli. È accaduto spesso anche ai loro colleghi britannici, per i quali però sembra essersi aperto uno spiraglio di speranza. La Ark All Saints Academy, una scuola superiore di Londra, ha infatti deciso di vietare l’uso dello slang in classe. Certi vocaboli o certe espressioni non si possono pronunciare, né tanto meno scrivere in un testo, pena un brutto voto e una ramanzina. La lista diffusa a studenti e allievi inizia proprio con basically, che si potrebbe tradurre con «praticamente» e prosegue con una serie di locuzioni e frasi fatte, che in realtà sono diffuse anche in canzoni, poesie, testi giornalistici.

Qualche esempio? Vengono ritenute inaccettabili frasi come «he cut his eyes at me», che secondo il dizionario Collins significa guardare qualcuno in modo sgarbato e poi spostare lo sguardo improvvisamente con espressione di dissenso, oppure «that’s long», che si usa per definire una cosa o una situazione come noiosa; o ancora «that’s a neck», definizione volgare per connotare un commento o un gesto come stupido. Anche altre formule, come «oh my God» oppure «Oh my days», che in italiano suonerebbero come «O Santo Cielo» vanno evitate nei testi scritti e nelle conversazioni ufficiali, insieme a termini propri dello slang da bare, ovvero estremamente, fino a wow. A questo primo elenco, poi, vanno aggiunte anche espressioni quali ermmm, no, because (perché), like (come), say (dice-dicono), you see (vedi-vedete), you know (sai-sapete), che non possono essere usate all’inizio della frase.

Secondo i professori si tratta di un cambiamento che servirà a far capire ai ragazzi la differenza tra il linguaggio che usano con gli amici al parco o al pub e quello a cui invece ci si deve attenere quando ci si trova in situazioni ufficiali, a scuola come in ufficio o durante un consiglio di amministrazione. Una specie di introduzione al vocabolario della vita adulta e rispettabile, che però non convince i linguisti. La decisione della scuola londinese, infatti, sta scatenando un certo dibattito negli ambienti che si occupano di educazione. Qualche esperto sostiene che il linguaggio cambi attraverso le esperienze della vita e che quindi certe modifiche debbano essere accolte e integrate. Altri, invece, plaudono all’iniziativa e vorrebbero imitarla, convinti che i giovani britannici stiano involontariamente producendo un impoverimento della lingua di Shakespeare e Dickens. Del resto, secondo un sondaggio del 2019 compiuto su oltre duemila docenti un linguaggio troppo condito di slang è stata la ragione più frequente per il fallimento di un esame di inglese ai Gcse, gli esami che si sostengono a 16 anni.

Non ha dubbi la preside dell’istituto londinese, Lucy Frame: accuratezza e chiarezza si dimostrano anche con la scelta dei termini adeguati e lo sviluppo delle competenze di lettura e scrittura, che fa parte del programma delle superiori, si ottiene pretendendo l’ossequio alle regole di un ambiente accademico. Queste parole e frasi, che appartengono al mondo dello slang, si possono usare per interazioni sociali tra i ragazzi e nei momenti di relax a scuola, ma non devono diventare parte del vocabolario di lezioni e soprattutto comparire in temi e compiti in classe. Un richiamo alla pienezza della lingua e anche alle sue diverse sfumature, che di certo sognano anche i professori delle scuole italiane, mortificati dall’ignoranza delle regole grammaticali ma anche dall’uso casuale – anzi si potrebbe dire «casual» – del nostro bell’idioma.

5 ottobre 2021 (modifica il 5 ottobre 2021 | 17:55)

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