di Gian Guido Vecchi

Seconda udienza del procedimento che vede tra gli imputati il cardinale Becciu. Le difese invocano la «nullità»: mancano degli atti. Domani la decisione di Pignatone

CITTÀ DEL VATICANO L’accusa chiede la «restituzione degli atti» e quindi l’azzeramento di fatto del processo, per ricominciare da capo; le difese contestano il procedimento alla radice e insistono sull’istanza di «nullità del decreto di citazione» e quindi del processo stesso per «denegata giustizia», l’impossibilità di esercitare pienamente il diritto di difesa. La seconda udienza del processo sugli investimenti con i fondi della Santa Sede, che vede imputati il cardinale Angelo Becciu e altri nove tra laici ed ecclesiastici, va ben oltre le classiche schermaglie procedurali. Il procedimento incentrato sull’acquisto del palazzo di Londra potrebbe fermarsi prima ancora di essere davvero cominciato. Il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, alla fine ha rinviato l’udienza e scioglierà la riserva sulle richieste domattina, mercoledì: una decisione fondamentale che deciderà le sorti del processo, quasi fosse una sentenza, e potrebbe cambiare ogni cosa.

Degli imputati, in aula, c’erano solo il cardinale Becciu e monsignor Mauro Carlino, come nella prima udienza. La confusione è grande. Le difese, tra le altre cose, contestano sia mancati interrogatori degli imputati sia il mancato deposito degli atti, soprattutto le registrazioni audio e video dell’interrogatorio di monsignor Alberto Perlasca, il grande accusatore, testimone-chiave che all’inizio era indagato ma poi non è stato rinviato a giudizio: è stato interrogato cinque volte, le prime due da indagato e le altre come «persona informata dei fatti». I legali degli imputati hanno potuto leggere un verbale incompleto, che è agli atti, ma non ascoltare le registrazione e vedere il video integrale. Il presidente del Tribunale aveva chiesto all’ufficio del Promotore di giustizia, cioè ai pm vaticani, di «depositare in Cancelleria entro e non oltre il 10 agosto copia dei supporti contenenti le registrazioni audio e video». L’accusa ha detto che non possono essere depositate per ragioni di privacy, ovvero «per non create nocumento ai diritti delle persone che hanno partecipato agli atti». Versione contestata dalle difese: «Abbiamo chiesto fossero depositati in cancelleria, non diffusi da un telegiornale». Diddi ha ha ribattuto che l’accusa non voleva la volontà dell’accusa non era di non dare i video, ma «abbiamo chiesto se era possibile regolamentarne la diffusione». È uno dei misteri del processo: che cosa si vede o sente in quel video che non compare nei verbali? Lo stesso problema riguarda il materiale informatico, alle contestazioni Diddi ha ribattuto:«Abbiamo solo chiesto il rinvio del deposito perché non è facile gestirlo, ci sono oltre 300 dvd, e dobbiamo sapere se è necessario consegnare le copie di tutto – tra l’altro non contemplate dal nostro Codice che risale al 1913 – che costerebbero almeno 271 mila euro».

E poi c’è la faccenda degli interrogatori. All’inizio è stato lo stesso promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, a presentare una richiesta «che potrà sorprendere», cioè la restituzione degli atti del processo all’ufficio del promotore di giustizia per procedere a quanto eccepito da molte delle 10 difese: l’interrogatorio preliminare dei vari imputati non sentiti durante l’istruttoria: «È un dovere venire incontro alle esigenze difensive sul corretto interrogatorio dell’imputato davanti a questo ufficio», ha detto il «pm» vaticano. «Noi interpretiamo le norme del Codice di procedura penale non come un modo di imbrigliare le prerogative della difesa, ma anzi come un momento di tutela di tali diritti, e vogliamo dare testimonianza che non vogliamo calpestarli. La possibilità, ora, di rendere un interrogatorio conoscendo gli atti delle indagini è un aspetto che non si deve negare agli imputati». Una proposta «irricevibile», hanno ribattuto in vati modi tutti i legali degli imputati, che insistono sugli atti non depositati e la «denegata giustizia», ovvero l’impossibilità di esercitare i propri diritti di difesa: di qui la richiesta di «nullità».

Il «pm» Diddi, tra l’altro, si è riferito ad articoli di giornale sul processo dicendo che «sono stati rivolti attacchi molto violenti a questo ufficio e a questo Tribunale: secondo alcuni esiste una sentenza di condanna già scritta; esprimiamo anche nei confronti del Tribunale il nostro disagio: si tratta di forzature per condizionare la terzietà del Tribunale». Il presidente Giuseppe Pignatone ha rassicurato: «Tutto quello che viene citato a livello giornalistico per noi è totalmente irrilevante. Da parte del Tribunale c’è la massima serenità. Conta solo quello che è agli atti del processo, soprattutto quando riusciremo ad averli nella loro completezza».

5 ottobre 2021 (modifica il 5 ottobre 2021 | 17:51)

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