La legge delega sul fisco crea malumori nella maggioranza di governo. Il testo presentato alle forze politiche nella cabina di regia non piace alla Lega che decide di disertare la riunione. Il Consiglio dei ministri l’approva comunque. Draghi, parlando subito dopo con i cronisti a Palazzo Chigi, ostenta serenità e dice di non conoscere i motivi del forfait leghista: «Sarà Salvini a spiegarceli nelle prossime ore o nei prossimi giorni». Ma per la risposta bastano in realtà pochi minuti: «La delega fiscale non è l’oroscopo — commenta l’ex vicepremier dalla Camera a stretto giro di conferenza stampa —, non va bene conoscerla a mezz’ora dal consiglio dei ministri. Nel testo ravvisiamo un possibile aumento delle tasse e su questo la Lega non è e non sarà mai d’accordo».

La legge delega portata all’attenzione dei ministri è legata ad una riforma in 10 punti finalizzata ad una revisione dell’intero impianto fiscale che, come sottolinea il ministro dell’Economia, Daniele Franco, «è rimasto fermo a 50 anni fa» e pertanto necessita di una revisione all’insegna dell’efficienza, della razionalizzazione, della semplificazione e della lotta all’evasione e all’elusine fiscale. Il testo è generico perché — ed è lo stesso Draghi a spiegarlo — è un «contenitore» vuoto che deve essere riempito. Di più: «Una scatola che si ispira a certi principi che ritengo siano condivisi ampiamente anche dalla Lega». E questo avverrà nei prossimi mesi, con nuovi incontri, nuovi confronti e con la partecipazione del Parlamento (QUI le linee guida illustrate da Palazzo Chigi).

Il premier sottolinea più volte che «per il contribuente non cambierà nulla», che non ci saranno variazioni nel prelievo sui cittadini. E anche per la casa «nessuno pagherà di più o di meno» di quanto avviene ora. Sono sì previsti interventi sul Catasto, dice il capo del governo, ma si tratta di «un’operazione di trasparenza che non cambia l’imposizione fiscale su immobili e terreni». Detto in altri termini: «Il governo si impegna ad accatastare tutto quello che non è accatastato, terreni, abitazioni, e procede a una revisione delle rendite catastali adeguandole alle rendite di mercato». Ma per questo, puntualizza, serviranno almeno cinque anni. Nessun pericolo immediato di nuovi prelievi, insomma.

Salvini però non è convinto. Dice che nel testo «non c’era quanto previsto dagli accordi» ed elenca alcuni punti che la Lega ritiene di non potere accettare, come l’ipotetico aumento della mini flat tax o una rimodulazione generica delle aliquote Iva senza alcuna precisazione su chi pagherà di più e chi di meno. «Non c’è neanche nulla sulla rottamazione delle cartelle esattoriali e sulla rateizzazioni di saldi e acconti». E mentre la genericità della formulazione lascia aperta , per il leghista, l’ipotesi di possibili futuri appesantimenti fiscali («Io di Draghi di fido, ma come posso farlo in bianco di chi verrà dopo di lui?»), non c’è alcuna indicazione chiara sul fronte opposto, ovvero sul taglio delle tasse che la Lega ritiene conditio sine qua non per la sua partecipazione all’esecutivo. «La nostra fiducia a questo governo era stata data sul presupposto che non ci sarebbero stati aumenti di tasse — taglia corto Salvini —. Se qualcuno ha cambiato idea lo spieghi agli italiani».

Lo strappo leghista agita anche il resto della maggioranza. Enrico Letta convoca i ministri del Pd al Nazareno per fare il punto sulla situazione dopo la presa di posizione di Salvini. Che nel suo intervento davanti alle telecamere aveva rivelato che anche i rappresentanti di altre forze politiche avrebbero espresso malumori per la comunicazione in extremis del testo, salvo poi farlo passare in consiglio dei ministri senza alcuna rimostranza. Una ricostruzione che stride con la presa di posizione ufficiale dei Dem: «La delega sulla riforma del fisco è tra le più importanti del Pnrr — evidenziano le capogruppo di Camera e Senato, Serracchiani e Malpezzi —. È una riforma che serve al Paese, particolarmente attesa dal mondo economico. Salvini deve spiegare perché i suoi ministri hanno disertato la riunione del Consiglio dei ministri e perché è contrario ad un provvedimento che non aumenta le tasse e che, tra l’altro, avrà un attento esame del Parlamento. Siamo molto preoccupati per questo atteggiamento irresponsabile, che rischia di indebolire il governo e di rallentare il percorso di ripresa e di riforme dell’Italia».

Source

0
Inserisci un commento.x